Yasser Arafat terrorista e uomo di fede dal cuore d'oro
sul mensile paolino un improbabile ritratto del raìs scomparso
Testata: Jesus
Data: 08/12/2004
Pagina: 23
Autore: Ettore Masina
Titolo: Yasser Arafat: la terra di Palestina e la sura
A pagina 23 il mensile Jesus del dicembre 2004 pubblica a pagina 23 un articolo di Ettore Masina, che presenta Yasser Arafat come una sorta di mistico prestato alla politica.
Nessun cenno al terrorismo.
Ecco l'articolo:

Penso che quando seguiva la messa della notte di Natale nella basilica della Natività a Betlemme, come sempre fece fino a quando smise di andarci all’inizio dell’Intifada per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sull’insostenibile situazione dei palestinesi "occupati", Yasser Arafat tornasse col pensiero alla sura (capitolo) del Corano detta "di Maria". Questo testo eminentemente religioso non traeva il leader palestinese dal suo dramma, come talvolta succede a noi cristiani che ci lasciamo sedurre dal candore natalizio di un’infanzia perduta: lo poneva invece, anche in quelle ore, al centro del conflitto in Terrasanta.
Arafat uomo di fede, e, anzi, maestro di fede ai cristiani "tiepidi"
Il libro sacro dell’Islam proclama infatti evento di fondamentale importanza la nascita di Gesù: "un segno per gli uomini, un atto di clemenza" E fa dire al bambino, ancora in fasce, "In verità io sono il Servo di Dio", il quale mi ha dato il Libro e mi ha fatto Profeta".
Nella stessa sura vengono ricordati i grandi patriarchi di Israele. Abramo, (il cui nome è citato nel corano più di qualunque altro) e Isacco e Giacobbe e Mosè e Aronne.
Arafat, nella sua preghiera vedeva allora muoversi davanti a sé gli antichi padri del popolo di Dio, e insieme il Cristo e Maometto, li scorgeva rendere sacra, più di ogni altra, la terra di Palestina;
Masina sta immaginando la preghiera di Arafat, non c'è nessun elemento fattuale che supporti questa oleografia.
e insieme poteva cogliere la sfida fatale che era stata lanciata al popolo di quella terra, nel 1917, e, trent’anni dopo, dal complesso di colpa delle grandi potenze per non essere intervenute contro la Shoah; infine dall’egoismo - un po’ inetto, molto vile – dei governanti e dell’opinione pubblica mondiale, che addossavano agli arabi l’enorme peso di quel risarcimento che sarebbe toccato agli europei.
Non si potevano negare in modo più chiaro il diritto all' esistenza di Israele ("sfida fatale" agli arabi palestinesi é definita la dichiarazione Balfour che proclamava il favore della Gran Bretagna alla creazione di un "focolare nazionale ebraico" in Palestina) e le aspirazioni nazionali del popolo ebraico, nemmeno citate tra le "esigenze belliche della Gran Bretagna", il "complesso di colpa delle grandi potenze" e "l’egoismo dei governanti e dell’opinione pubblica mondiale" che sarebbero le cause della nascita di Israele.
Arafat amava quella terra appassionatamente. Mi ricordo una sera, a Tunisi, la piccola villa in cui egli aveva stabilito uno dei suoi errabondi quartieri generali. La delegazione parlamentare di cui facevo parte era arrivata in anticipo su di lui che tornava da un viaggio nel Mali. Era calatoli tramonto, gli uomini armati continuavano a servirci tè e frutta. Era evidente il loro tentativo di trattarci amichevolmente, ma a un certo punto mi accorsi che cosa mancava a quella cordialità: nessuno dei nostri ospiti sorrideva, quasi che le traversie di una vita travolta da una guerra senza fine avesse per sempre cancellata ogni gioia dai loro volti. Quando giunse, Arafat era chiaramente stravolto dalla stanchezza, tuttavia ci trattenne a lungo. Aveva appena ricevuto da un’organizzazione pacifista americana un calcolo delle migliaia e migliaia di ulivi espiantati dalle truppe e dai coloni israeliani per costruire nuovi insediamenti e strade "riservate".
La propaganda di Arafat è accolta da Masina come "verità rivelata".
Parlò di quelli ulivi come se fossero bambini,
Va detto che nella sua carriera di terrorista, quest'uomo che parlava degli ulivi sradicati come fossero bambini ha anche "sradicato" bambini come fossero ulivi.
amorosamente cresciuti dal suo popolo; poi d’un tratto sollevò il capo e disse: "Ma certo, anche per voi cristiani gli ulivi sono piante benedette".
Credo che la religiosità di Arafat gli abbia dato la possibilità di comprendere cose che la sola politica non riusciva a spiegare: e che per questo egli abbia avuto un’importanza straordinaria nel mondo arabo, perché il conflitto palestinese-israeliano non assumesse mai le caratteristiche di una guerra di religione o di civiltà;
La seconda Intifada é detta "Intifada di Al Aqsa", perché uno dei suoi obiettivi è sancire l'esclusiva sovranità islamica sul Monte del Tempio, Spianata delle Moschee per i musulmani, negando ogni diritto religioso su di esso agli ebrei.
Fa uso dell'arma dei terroristi suicidi, che sono motivati religiosamente. La televisione nazionale palestinese trasmette i sermoni di predicatori islamici, spesso alle dipendenze dell'Anp, che indicano nell'uccisione degli ebrei un dovere religioso (scriviamo tutto al presente, anche se al momento in cui lo facciamo positivi segnali indicano che la nuova, probabile, dirigenza palestinese sia intenzionata a modificare questo stato di cose). Tutto questo, che in alcun modo sarebbe stato possibile se Arafat non lo avesse voluto, è in tutto e per tutto una "guerra di religione" se con questo termine si intende un conflitto che include motivazioni religiose tra le sue cause scatenanti e utilizza la religione per incitare i combattenti a uccidere e anche a uccidersi. E' anche uno scontro di civiltà, se si intende con questo termine un conflitto in cui almeno uno dei contendenti è spinto a combattere più dalla diversità culturale del nemico che da interessi razionali. I palestinesi, infatti, a Camp David avrebbero potuto ottenere uno Stato, la pace e, in prospettiva, la prosperità. Arafat ha scelto di rifiutare le offerte israeliane, di interrompere le trattative e di riprendere la via della violenza perché considerava Israele un corpo estraneo, distruggerla era per lui, come è stato scritto "un istinto prima che un progetto".

e per questo si sia sentito (e abbia sentito il suo popolo) più compreso dai cattolici che da altri. Benché, un po’ alla volta, reso meno monolitico dalla pressione dei fatti compiuti e dalla preponderanza della propaganda israeliana,
La Santa Sede ha riconosciuto Israele: per Masina un fatto compiuto illegittimo. Ha condannato il terrorismo palestinese: che per Masina non esiste; che si creda il contrario è un prodotto della "preponderanza" (sic!) della "propaganda israeliana".
l’atteggiamento della Santa Sede fu spesso inequivocabile; e forse anche per questo Arafat ebbe cari gli incontri Giovanni Paolo II: dodici, nei 26 anni di pontificato di Karol Wojtyla.

"E colà essi non udranno parole vane, ma soltanto:Pace"
Quelle di Masina non sono, però, parole di pace. Di grottesca santificazione di un terrorista e di malevola disinformazione, piuttosto.

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