Intesa strategica tra Israele ed Egitto
l'analisi di Carlo Panella
Testata: Il Foglio
Data: 07/12/2004
Pagina: 4
Autore: Carlo Panella
Titolo: Nel nuovo medio oriente c'è un'intesa strategica tra Sharon e Mubarak
IL FOGLIO di martedì 7-12-04 pubblica un articolo sulla nuova intesa strategica tra Israele ed Egitto, che di seguito riproduciamo:

Roma. Un gesto, un’apertura clamorosa, ha dato origine, la settimana scorsa, a una svolta che si può definire epocale nelle relazioni tra Egitto e Israele. Svolta che è apparsa alla luce con le improvvise ed entusiastiche dichiarazioni del presidente egiziano, Hosni Mubarak, nei confronti di Ariel Sharon – "il premier israeliano è la migliore opportunità di pace per i palestinesi" – che hanno interrotto quattro anni di critiche feroci, cui è seguita la ripresa delle relazioni diplomatiche congelate sempre da quattro anni. Il gesto è costituito in una coraggiosa concessione di piena fiducia di Israele all’esercito egiziano, cui Sharon ha permesso di presidiare la frontiera con Gaza, schieramento esplicitamente proibito dagli accordi di Camp David del 1979 tra Anwar al Sadat e Menachem Begin. Il nuovo dispiegamento militare egiziano, a ridosso della frontiera israeliana, assume così un duplice significato. Da una parte, sancisce la piena fiducia del governo di Gerusalemme nella volontà egiziana di bloccare il traffico d’armi che attraverso quella frontiera è giunto per anni ai terroristi di Gaza. Dall’altra parte esso suggella la ripresa di una logica negoziale e concorsuale che era il senso profondo degli accordi di Camp David, ma che si è arenata più di venti anni fa, dopo la uccisione di Sadat nel 1981, a causa del pieno boicottaggio dell’Olp di Arafat. La trattativa, condotta per settimane a livello tecnico da Avi Dichter, direttore dello Shin Bet israeliano, e da Omar Suleiman, potentissimo capo del Mukhabarat, il servizio segreto egiziano, è stata siglata a livello politico il 1° dicembre. Ieri il ministro della Difesa di Israele, Shaul Mofaz, ha parlato di una vera e propria "iniziativa strategica comune israelo-egiziana", che non si limiterà al dispiegamento di truppe egiziane lungo la Philadelphia road (per ora 750 militari), ma che impegnerà l’esercito egiziano anche nell’addestramento delle forze di sicurezza palestinesi a Gaza e in Cisgiordania. Sul piano politico è quindi evidente che Israele ed Egitto hanno trovato un accordo complesso, a più fasi, che s’impernia su una figura di leader palestinese su cui sia il Cairo sia Gerusalemme sia lo stesso Abu Mazen ripongono da tempo piena fiducia: Mohammed Dahlan. Già responsabile della sicurezza palestinese a Gaza, Dahlan era entrato negli ultimi due anni in rotta
di collisione con Yasser Arafat ed è oggi indicato come nemico politico dalla componente più eversiva delle Brigate dei martiri di al Aqsa, il gruppo terroristico di al Fatah che due giorni dopo il funerale di Arafat l’ha accolto assieme ad Abu Mazen con una sparatoria che ha lasciato sul terreno due morti e una decina di feriti. Dahlan, peraltro, controlla la componente più moderata delle stesse Brigate dei martiri di al Aqsa, che negli ultimi mesi aveva più volte manifestato contro la corruzione e la politica suicida degli estremisti, che fanno oggi capo a un nipote dello stesso Arafat. Grazie a questo accordo, ha proseguito Mofaz, è oggi concretamente possibile avviare una trattativa a tre per concordare il pieno ritiro israeliano da Gaza, trasformando quella che sino a ieri era una decisione unilaterale di Ariel Sharon in un momento di raccordo israelo-palestineseegiziano. L’intesa strategica israelo-egiziana ha subito portato alla liberazione del druso israeliano Azzam Azzam, condannato nel
1997 in Egitto a 15 anni di reclusione per spionaggio, e si articolerà, secondo quanto ha anticipato lo stesso Mofaz, anche sul piano economico. Seguendo un progetto già avviato in Giordania, saranno infatti impiantate in Cisgiordania e a Gaza delle "zone industriali qualificate", in cui aziende con capitali israeliani ed egiziani e con manodopera palestinese potranno produrre merci destinate agli Stati Uniti, in regime di piena esenzione doganale. In questo clima di distensione si colloca un’altra svolta impensabile con Arafat in vita. Ieri infatti Abu Mazen si è recato alla testa di una delegazione qualificata in visita a Damasco per incontrare il presidente Bashar el Assad e organizzare un coordinamento tra i tre paesi arabi il cui territorio è occupato da Israele: Siria, Libano e Palestina. I rapporti tra Olp e Siria erano stati definitivamente distrutti da Arafat (definito dal ministro della Difesa siriano Mustafa Tlas "figlio di 60 mila prostitute"), che aveva tentato venticinque anni fa d’imporsi come elemento centrale della crisi libanese e aveva direttamente combattuto contro l’esercito siriano che l’aveva infine costretto
ad abbandonare Tiro, in cui si era rifugiato dopo l’abbandono di Beirut nell’82.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla redazione de Il Foglio. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.
lettere@ilfoglio.it