Abbandonare i giudizi pregiudizialmente negativi su Sharon: i fatti lo impongono
una lettera sulle scelte "sorprendenti" del premier israeliano e la risposta di Paolo Mieli
Testata: Corriere della Sera
Data: 05/12/2004
Pagina: 31
Autore: un lettore - Paolo Mieli
Titolo: E' venuto il momento di guardare a Sharon con occhi diversi
Il CORRIERE DELLA SERA di domenica 5-12-04 pubblica a pagina 31 la lettera di un lettore che si chieda perchè il giudizio di quanti continuano a considerare Ariel Sharon un "orco assetato di sangue" non sia cambiato dalle più recenti scelte del premier israeliano che lo pongono "sul fronte di chi si batte per trovare una soluzione alla questione palestinese".
Paolo Mieli risponde ricordando che "Sharon è stato il primo a dire che «saranno gli israeliani a dare ai palestinesi ciò che non hanno mai avuto,ovvero uno Stato» e auspicando che qualcuno dia seguito alle coraggiose "povocazioni" di chi, come Peppino Caldarola, ha chiesto da sinistra che si sostenga Sharon quando si ritira da Gaza e fa concreti passi verso la pace.

Di seguito, riportiamo la lettera del lettore e la risposta di Mieli:

In due articoli sul Corriere la giornalista Mara Gergolet ha riferito che il primo ministro israeliano Sharon ha dapprima avviato «prove di dialogo» con il nuovo leader palestinese Abu Mazen e immediatamente dopo ha dovuto affrontare una difficile crisi all'interno della sua stessa maggioranza di governo in margine ad una lite sui fondi destinati ai religiosi. Mi domando, rivolgendomi a tutti coloro che continuano a considerare Sharon come un orco assetato di sangue, come sia possibile non capire che quest'uomo, pur avendo compiuto nella sua lunga vita politica gesti che meritano di essere condannati, oggi sia esposto sul fronte di chi si batte per trovare una soluzione alla questione palestinese e meriti perciò una nostra attenzione non viziata dai pregiudizi...
Mario Moulia Legnano (Mi)

Caro signor Moulia, la vita di Ariel Sharon è stata tormentata fin dall'inizio da una discussione alla quale hanno partecipato personaggi grandi e piccoli che però non erano tutti in partenza a lui pregiudizialmente ostili. A causa della strage di Sabra e Chatila, Gerald Kaufman, deputato laburista inglese, importante esponente della comunità ebraica, ne ha parlato come di «un criminale di guerra». Golda Meir lo definì «un pericolo per la nostra democrazia» e Begin, a chi gli chiedeva di sconfessare Sharon ministro della difesa, rispose: «Stiamo attenti perché quello è capace di circondare la Knesseth con i carri armati». Elie Wiesel invece sostiene da tempo che «contrariamente a quello che pensa molta gente, specie in Europa, un uomo di destra come lui è più adatto a far inghiottire i rospi di un accordo di pace». Siegmund Ginzberg si è pronunciato già molto tempo fa sull'Unità contro la demonizzazione di Sharon: «Lui e Arafat», scrisse quando il leader palestinese era ancora in vita, «si demonizzano reciprocamente. Li demonizza chi si schiera con l'uno o con l'altro. Ma bisogna ficcarselo bene in testa: da loro si passa qui ed ora, non da "leader ideali"». E infatti è stato Sharon il primo a dire che saranno gli israeliani «a dare ai palestinesi ciò che non hanno mai avuto, ovvero uno Stato». Nel maggio 2003 sfidò il Comitato centrale del Likud e fu messo clamorosamente in minoranza per aver annunciato «sofferte concessioni» ai palestinesi. Un anno dopo, maggio 2004, l'elettorato del Likud respinse il suo piano di ritiro da Gaza che prevede lo smantellamento di 21 insediamenti ebraici contenenti 7.500 coloni. Ma Sharon andò avanti e ottenne l'approvazione della Knesseth. E i suoi innumerevoli torti? Le persone che come me da anni si occupano di Medio Oriente, li ricordano tutti, uno per uno. Eppure ha scritto Adam Michnik ex leader della dissidenza polacca direttore oggi della Gazeta Wyborcza: «Non mi piace il primo ministro israeliano Sharon per la sua brutalità e la sua demagogia primitiva, ma in nessun caso lo metterò accanto ai leader di Hamas che esortano a compiere i barbari attentati suicidi». Recentemente sul Riformista il deputato diessino Peppino Caldarola si è domandato se «può una sinistra moderna stare con il ditino alzato a misurare la lunghezza del passo compiuto senza guardare la profondità e i costi del processo intrapreso? Il recente voto della Knesseth (quello, assai sofferto per il ritiro da Gaza, ndr.) è stato un evento senza precedenti. La sinistra deve tendere una mano a chi si è messo in movimento». Ed era chiaro fin dal titolo dell'articolo che si stava parlando di Sharon. Poi Caldarola ironizzava su «cose singolari» accadute all'interno della sua famiglia politica: «dirigenti della sinistra spesso affollano gli aeroporti di Tripoli e di Teheran per cogliere spiragli nuovi... Sono andati in pellegrinaggio dagli ayatollah "riformisti" come fossero la reincarnazione di Otto Bauer». A suo avviso sarebbe giunto il momento di compiere «un gesto semplice, impegnativo e scandaloso» rivolgendosi al primo ministro israeliano per dirgli: «Bene Sharon, se vai avanti siamo con te, se hai bisogno di aiuto ti aiutiamo». Devo però rimarcare che è passato del tempo da quando queste parole furono scritte e nessuno tra i compagni di Caldarola si è mai fatto vivo in merito alla sua «provocazione».
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