La crisi politica in Israele e l'occasione della pace
l'analisi di Angelo Pezzana
Testata: Libero
Data: 04/12/2004
Pagina: 17
Autore: Angelo Pezzana
Titolo: Un vero miracolo sta per salvare Sharon e la pace
LIBERO di sabato 4-12-04 pubblica a pagina 17 un articolo di Angelo Pezzana sulla crisi politica in Israele.
Ecco il testo:

Crisi di governo in Israele. Ariel Sharon non è riuscito a far passare alla Knesset il bilancio 2005. Non l’ha votato, tra gli altri, il partito Shinui (Cambiamento) di Tommy Lapid, il partito laico di centro che finora era stato fedele alleato, controbilanciando la presenza dei religiosi nella compagine governativa. Lapid non ha accettato che Sharon finanziasse le scuole religiose del partito della Torah e, per garantire il suo elettorato che la politica dello Shinui non era cambiata, ha provocato la crisi. Senza maggioranza Sharon non può governare. E a meno di un miracolo (cosa sempre possibile in politica e tutt’altro che infrequente in Israele) all’orizzonte non è facile vedere quale maggioranza possa guidare il primo ministro nella sua strenua lotta per portare Israele fuori dalle sabbie mobili di Gaza e da alcune colonie della Cisgiordania.
E’ paradossale. Sharon ha dalla sua la stragrande maggioranza degli israeliani, che approvano e sostengono il suo progetto, ma l’alchimia dei partiti non gli consente di avere lo stesso appoggio in parlamento. L’estrema destra, contraria dall’uscita da Gaza, l’ha già abbandonato, ora se ne sono andati i laici di lapid. I laburisti, guidati da Shimon Peres, condividono il progetto di Sharon, ma non vogliono avere niente a che fare con il programma economico del suo governo, guidato da Bibi Netanihau, ministro dell’economia.
Ma se non passa il bilancio del 2005 addio fondi per finanziare l’enorme costo che comporterà il disimpegno da Gaza. Come si vede, un gran rompicapo. Eppure qualcosa ci dice che anche questa volta il vecchio leone riuscirà a trovare la strada giusta. "Sharon Boia, Sharon Morte", sarebbe ora che i nostrani suoi denigratori aggiornassero il loro vocabolario. "Sharon è la più la grande occasione che i palestinesi arrivino alla pace", ha dichiarato il presidente egiziano Hosni Mubarak, che non ci sentiremmo di etichettare come un fervente sionista. Invece è questa la statura che Sharon ha saputo conquistarsi anche fra coloro che proprio amici non gli sono mai stati. Molti pensano in questi giorni a Gerusalemme che la soluzione si chiami Shimon Peres, avversario politico ma anche buon amico. E negli ultimi anni anche buon estimatore. Se i laburisti accetteranno di allearsi al Likud la fatidica maggioranza di 61 (metà Knesset più uno) ce la farà a riformarsi. La posta in gioco è troppo alta perché Sharon possa fare marcia in dietro. Cosa che peraltro siamo sicuri che no prenderà mai nemmeno in considerazione.
Certo, il sistema partitocratrico israeliano non facilita i governi stabili. Le maggioranze si formano e si disfano anche solo per la defezione di un solo piccolo partito di governo. Resta l’ipotesi delle elezioni anticipate, ma la situazione di fragilità nella quale si trovano più o meno tutti i partiti israeliani la rende un’ipotesi e nient’altro.
Israele ha davanti a sé una occasione storica. La scomparsa dalla scena politica di Arafat ha riaperto le porte alla speranza. Le imminenti elezioni palestinesi possono dar vita ad una nuova leadership che potrebbe fare quello che Arafat ha avversato per tutta la vita: la pace con lo Stato ebraico. Una crisi prolungata in questo momento sarebbe un grave danno, per gli israeliani ma anche per i palestinesi e il loro futuro. La separazione di Israele dai territori dell’Autorità palestinese, la salvaguardia della democrazia insieme alla conservazione dell’ebraicità dello Stato , sono i valori sui quali Sharon ha puntato tutto se stesso. Quello che è certo è che lotterà fino all’ultimo per difenderli.
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