Onu: Formigoni e Padre Benjamin tra i nomi italiani dello scandalo Oil for Food. E un altro scandalo: la mancata condanna dell'antisemitismo
un' istituzione nel caos
Testata:
Data: 02/12/2004
Pagina: 3
Autore: un giornalista
Titolo: Caos all'Onu tra scandali, inchieste e tentativi di riforme - L'amtisemitismo non si condanna
A pagina 3 IL FOGLIO di giovedì 2-12-04 pubblica un articolo sull'Onu, che si trova sulla via di una incerta riforma ed è travolta dallo scandalo Oil for Food, "Caos all'Onu tra scandali inchieste e tentativi di riforme" . Segnaliamo che tra i nomi italiani coinvolti nello scandalo ci sono quelli di Roberto Formigoni e di Padre Jean Marie Benjamin.
Ecco l'articolo:

Roma. "Kofi Annan se ne deve andare", ha scritto ieri, nero su bianco, Norm Coleman, il presidente della Commissione del Senato americano che indaga sulla gestione Onu degli oltre 20 miliardi di dollari che avrebbero dovuto sfamare i bimbi iracheni e che invece sono serviti a Saddam per arricchirsi, rinsaldare il regime, finanziare i kamikaze, riavviare i programmi di armamento, comprarsi politici di potenze straniere e corrompere funzionari delle Nazioni Unite. Non sono giorni facili per il Segretario generale Kofi Annan, con il figlio Kojo inguiato nello scandalo Oil for Food era a libro paga della società che avrebbe dovuto vigilare sulla corruzione del programma), con gli inquisitori e i giornali americani alle calcagna, con le accuse di stupro e pedofilia da cui si devono difendere i Caschi blu in Africa e, infine, con una rivolta del sindacato dei dipendenti delle Nazioni Unite. In attesa della conclusione dell’inchiesta interna sull’Oil for Food, affidata all’ex presidente della Federal Reserve americana Paul Volcker, e dopo aver perso la scommessa sulla vittoria di Kerry, Annan ha cercato di arginare le polemiche anticipando di un giorno le proposte di riforma delle Nazioni Unite. Una Commissione guidata da un ex primo ministro thailandese ha presentato ieri un documento di quasi cento pagine che contiene i diversi progetti istituzionali. Aumenterebbe di tre o sei unità il numero dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (oggi sono 5), ai quali si affiancherebbero 13 o 11 seggi biennali non rinnovabili. In entrambi i casi è la Germania il paese europeo che gode di una buona maggioranza nell’Assemblea Generale, mentre l’ipotesi che piace al premier italiano Silvio Berlusconi, cioè assegnare uno dei seggi permanenti all’Unione europea, pare poter contare sull’appoggio dell’Amministrazione Bush. Secondo un’indiscrezione del Sole 24 Ore, il prossimo Segretario di Stato, Condoleezza Rice, si muoverà sulla stessa scia di Colin Powell, anzi pare che sosterrà le preoccupazioni italiane "con maggiore convinzione". Il dibattito sulla riforma dell’Onu, però, non riesce a spazzare via le polemiche. Annan, il cui mandato scade nel 2006, è accerchiato. Sui giornali americani si leggono inchieste sul valore commerciale dell’area di New York dove ha sede il Palazzo di Vetro e che fu regalata negli anni Quaranta dalla famiglia Rockfeller, mentre non si sono mai sopite le polemiche della città con i funzionari Onu che non pagano le multe per parcheggio abusivo. Un gruppo di senatori repubblicani, intanto, è pronto a scatenare alla ripresa delle attività parlamentari una campagna invernale contro l’Onu. C’è già un progetto di legge, "UN Oil for Food Accountability Act", che prevede di ridurre del 10 per cento il primo anno e del 20 per cento il secondo anno il contributo finanziario degli Stati Uniti alle Nazioni Unite se Kofi Annan non metterà a disposizione del Congresso i documenti interni sul programma petrolio-in-cambio-di-cibo. Il presidente della Commissione Esteri del Senato, Richard Lugar, ha detto che prima di discutere la proposta bisognerà aspettare il risultato dell’inchiesta della Commissione Onu. Secondo quanto risulta al Foglio, la Commissione guidata da Volcker non sta indagando su tutti i nomi dei presunti beneficiati da Saddam contenuti nella lista trovata a Baghdad e che ora è nelle mani del team di investigatori dell’Onu. In particolare pare che Volcker non si concentrerà su nessuno degli italiani presenti nella lista (Roberto Formigoni, Padre Benjamin e un paio di imprenditori). L’obiettivo primario, invece, è Benon Sevan, il braccio destro di Annan che aveva la gestione diretta del programma. Poi affronterà il ruolo del figlio di Annan e, naturalmente, quello dei politici e degli imprenditori (specie francesi e russi, ma anche americani) che avrebbero più di tutti profittato dei dollari di Saddam. Gli investigatori del Congresso temono che il Segretario generale possa essere risparmiato dalla Commissione Volcker, e sono interessati a capire se c’era un legame tra le tangenti e l’atteggiamento della Francia al Consiglio di Sicurezza in difesa del regime iracheno.
Un editoriale a pagina 2 del RIFORMISTA richiama l'attenzione su un altro scandalo che coinvolge l'Onu, non meno grave di quello dell'"Oil for Food": la decisione vergognosa che: "L'antisemitismo non si condanna".
Ecco l'articolo:

Non c’è solo la crescente e largamente preannunciata vergogna del dilagante scandalo oil for food a gettare ombre di pesante delegittimazione sulle Nazioni Unite, sulla gestione del segretario generale Kofi Annan, e della sua disinvolta prole. Chi si attendeva finalmente una buona notizia sulla storica ferita aperta dell’antisemitismo, mai condannato dall’Onu, che al contrario è sempre stato in prima fila nel condannare il sionismo, è rimasto ancora una volta deluso e a bocca asciutta. Il paragrafo che tanto aveva fatto sperare - in cui si menzionava l’antisemitismo condannandolo, in una risoluzione generale dedicata ai temi dell’intolleranza religiosa - è stato puntualmente respinto. E’ rimasta la mera citazione dell’antisemitismo, senza esplicita condanna, e comunque col voto contrario di 54 paesi. Nella stessa votazione gli stessi paesi, praticamente tutti appartenenti alla Conferenza dei paesi islamici, hanno egualmente respinto un paragrafo in cui si condannavano tutti gli assassinii compiuti per ragioni di discriminazione sessuale. Secondo molti paesi islamici, la discriminazione per ragioni sessuali può giungere sino alla morte inflitta alla donna inadempiente ai propri obblighi o all’omosessuale sorpreso in flagranza. Di conseguenza, nessuna condanna al pregiudizio antiebraico e nessuna condanna a chi uccide gli omosessuali o le adultere.
In tre mesi, è caduta l’idea iniziale di una risoluzione esplicitamente dedicata all’antisemitismo. Poi il piano B, che prevedeva una risoluzione sponsorizzata dall’Unione europea sul modello della dichiarazione adottata a Berlino in aprile dall’Osce, in cui comunque la condanna dell’antisemitismo era esplicita. Ma citava la famigerata parola «Israele», ancora ufficialmente indigeribile per molti paesi arabi. Poi è stata la volta della diplomazia tedesca, a far brevemente sperare Israele che si fosse trovato uno sponsor della causa in cambio del sostegno alle proprie pretese a un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza. Inutile dire che il sogno è durato poco. Si è giunti alla risoluzione generale sui temi dell’intolleranza religiosa, e quando è risultato chiaro che i paesi della Conferenza islamica erano contrari all’esplicita condanna, l’Unione europea ha rapidamente ammainato bandiera accontentandosi della pura menzione senza condanna. Vergogna.
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