Intervista a un uomo di Barghuti: Israele non ha il diritto di difendersi, in compenso ha il dovere di scomparire
nessuna replica da parte di u.d.g.
Testata:
Data: 01/12/2004
Pagina: 13
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Il futuro dei palestinesi passa anche dalla cella di Barghuti
A pagina 13 su L'UNITA' di mercoledì 1-12-04 Umberto De Giovannangeli intervista Ahmed Ghneim, esponente di Al Fatah, sul futuro ruolo politico di Marwan Barghuti.
Segnaliamo le risposte alle tre ultime domande dell'intervista. Ghneim afferma che Barghuti non è un terrorista, ma un "combattente della libertà", che nesssun leader palestinese potrà mai rinunciare al diritto al ritorno dei profughi in Israele, vale a dire alla distruzione di questo stato, e che Barghuti è detenuto "illegalmente" in Israele, per il quale l'autodifesa, in qualsiasi modo venga attuata, è per l'appunto sempre da considerarsi "illegale", secondo un interpretazione del diritto internazionale forgiata ad uso e consumo dei terroristi.
Nessuna obiezione viene mossa da u.d.g a queste affermazioni.

Ecco il testo dell'intervista

«Il futuro della causa palestinese e della nuova dirigenza passano oggi più che mai per quella cella del carcere israeliano dove è prigioniero Marwan Barghuti». Ad affermarlo è Ahmed Ghneim, membro del Consiglio rivoluzionario di Al-Fatah, uno dei leader emergenti della nuova generazione del movimento fondato da Yasser Arafat, tra i più stretti collaboratori dell’uomo-simbolo della seconda Intifada. Con il dirigente del Fatah, l’Unità prosegue la serie di interviste sul dopo-Arafat iniziate con l’ex ministra dell’Anp e portavoce della Lega Araba Hanan Ashrawi.
Con la rinuncia a candidarsi alle elezioni presidenziali del 9 gennaio, Marwan Barghuti ha di fatto lasciato campo libero ad Abu Mazen. Si tratta di un autoridimensionamento?
«Tutt’altro. Marwan ha fatto una mossa che lo conferma un grande leader politico, un punto di riferimento per chiunque abbia a cuore la causa palestinese...».
Una mossa obbligata?
«Chiunque conosca la realtà palestinese sa bene che Barghuti è il personaggio politico più popolare, il più idoneo a diventare presidente, colui che con maggiore decisione si è battuto contro la corruzione dilagante nelle istituzioni palestinesi. Per lui si sarebbero pronunciate tutte le fazioni che hanno sostenuto l’Intifada; tuttavia ha preferito farsi da parte per non spaccare il movimento e mettere in crisi tutto il sistema politico. Sbaglia chi legge in questa scelta un segnale di cedimento. Per conoscenza diretta, posso dirle che mai come in questo momento Marwan è determinato a svolgere un ruolo di primo piano nel dopo-Arafat».
C’è chi sostiene che dopo aver avuto un presidente imprigionato per tre anni nella Muqata, i palestinesi non potevano permettersi un nuovo presidente recluso in un carcere israeliano.
«Marwan è molto più utile e attivo per la causa palestinese anche da una cella israeliana di quanto lo siano personaggi privi di qualunque seguito nei Territori. La sua scarcerazione sarà uno degli impegni prioritari della nuova dirigenza palestinese; un banco di prova per lo stesso Abu Mazen».
Molto si è parlato del compromesso raggiunto tra la vecchia guardia di Fatah e dell’Anp e Barghuti, che ha portato «Mr.Intifada» a rinunciare a candidarsi.
«Marwan si è sempre battuto per un profondo rinnovamento all’interno di Fatah e per un processo di selezione della classe dirigente palestinese fondato sulla partecipazione popolare e non sulle cooptazioni dall’alto. Di questo processo le elezioni presidenziali del 9 gennaio sono un passaggio importante ma non esaustivo. Grazie a Barghuti andremo a rinnovare finalmente le nostre istituzioni e ciò non è poco».
A cosa si riferisce?
«Alle elezioni interne ad Al Fatah (fissate per il 4 agosto 2005, ndr.), le prime dal 1989. Ma penso anche alle elezioni legislative del maggio 2005. Saranno questi i due appuntamenti nei quali si ridefiniranno i veri rapporti di forza interni. E la linea indicata da Barghuti ne uscirà rafforzata».
Con la sua scelta di non candidarsi, Barghuti ha evitato una spaccatura insanabile all’interno di Al-Fatah. Ma basterà per sancire la vittoria alle presidenziali per Abu Mazen?
«Marwan ha esortato all’unità, ha appoggiato la candidatura di Abu Mazen, ma non ha firmato alcun assegno in bianco...Abu Mazen dovrà conquistarsi sul campo il sostegno di Al-Fatah, in particolare delle componenti più attive nella lotta di resistenza all’occupazione israeliana. E le sue ultime prese di posizione, ad esempio sul diritto al ritorno dei rifugiati e su Gerusalemme, vanno nella giusta direzione».
Il premier israeliano Ariel Sharon ha fatto chiramente intendere che mai Israele avrebbe riconosciuto e tanto meno trattato con un «capo terrorista».
«Quello che Sharon definisce un terrorista, per la stragrande maggioranza dei palestinesi è un leader politico, un combattente per la libertà, un eroe nazionale. Di certo, non sarà mai un interlocutore di comodo. Israele dovrà continuare a fare i conti con Marwan Barghuti».
Intanto invoca una dirigenza moderata.
«Abu Mazen non può tradire l’eredità di Yasser Arafat. Nessun dirigente palestinese potrà mai firmare una pace diversa da quella indicata da Abu Ammar (il nome di battaglia del raìs scomparso, ndr.): una pace che contempli uno Stato palestinese indipendente, senza colonie ebraiche sul proprio territorio, con Gerusalemme est come sua capitale. Uno Stato da edificare nei territori occupati da Israele nel 1967. L’Intifada di cui Marwan Barghuti è stato tra gli artefici mirava e mira a questo obiettivo. Un obiettivo che Abu Mazen ha fatto proprio».
Resta il fatto che Barghuti sta scontando una condanna plurima all’ergastolo per reati di terrorismo.
«Barghuti è un parlamentare palestinese detenuto illegalmente da Israele. Marwan si è sempre dichiarato contrario all’uccisione di innocenti, di donne e bambini, ma al tempo stesso rivendicato il diritto alla resistenza armata contro le forze di occupazione; il diritto a battersi contro quel Muro dell’apartheid che ha trasformato ciò che resta della nostra terra in una grande prigione a cielo aperto. Ciò che lui vuole, che noi vogliamo, è la libertà e uno Stato come gli israeliani. Per questo continueremo a batterci contro una occupazione che da decenni nega la vita a milioni di palestinesi. E a guidarci sarà Marwan Barghuti».
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