Ariel Sharon e Abu Mazen pronti a riprendere il dialogo
interviste ai due leaders, da Newsweek
Testata: La Repubblica
Data: 29/11/2004
Pagina: 15
Autore: Lally Weymouth
Titolo: Una possibilità di pace se si ferma il terrore - Ma devono bloccare muro e insediamenti
A pagina 15 LA REPUBBLICA di lunedì 29-11-04 pubblica un'intervista di Lally Weymouth per NEWSWEEK ad Ariel Sharon. "Una possibilità di pace se si ferma il terrore".
Ecco il testo:

Primo ministro, che cosa l´ha spinta a decidere di guidare questo paese in una nuova direzione, e ad avviare il disimpegno da Gaza?
«Credo che sia necessario trovare una soluzione alla situazione attuale. La sinistra non è in grado di farlo. La destra è contraria. Ho sentito che era mia responsabilità dare una risposta al problema. Prima non avevamo nessun partner per la pace, per questo ho proposto il piano di disimpegno unilaterale».
Questa iniziativa le ha procurato avversari che minacciano non solo la sua carriera politica, ma anche la sua vita.
«Non mi preoccupo della mia vita. Gli arabi hanno sempre voluto uccidermi, ora sono degli ebrei a volerlo fare. Per me è una situazione strana. Io, che ho passato la vita intera a difendere gli ebrei, ora devo essere protetto proprio da degli ebrei. Nonostante ciò, sono pienamente deciso a portare avanti il piano».
Dopo la morte di Arafat, pensa di poter avere un partner per la pace, fra i palestinesi?
«Ho incontrato diverse volte Abu Mazen e lui è contrario al terrorismo, perché non ritiene che possa portare a una soluzione per i palestinesi. Ora tutto dipende dalla capacità della nuova leadership palestinese di porre termine al terrorismo e all´incitamento alla violenza. Allora, potrebbe esserci un´opportunità».
Intende coordinare il suo piano di disimpegno con la nuova leadership palestinese?
«Farò ogni sforzo per coordinare il nostro piano di disimpegno con il nuovo governo palestinese, un governo che sia in grado di assumere il controllo sulle aree che evacueremo».
Che cosa farà Israele per agevolare le elezioni palestinesi?
«Prenderemo tutte le misure necessarie per metterli in condizione di realizzare le elezioni con le minori interferenze possibili, aprendo le vie di comunicazione e ritirando le nostre forze dalle loro città».
E´ pronto a incontrarsi con Abu Mazen?
«Quando vorranno incontrarci, ci incontreremo».
Pensa che i coloni opporranno molta resistenza al ritiro da Gaza?
«E´ possibile. Noi faremo ogni sforzo perché avvenga pacificamente».
I palestinesi e gli americani dicono che gli israeliani dovranno cessare gli omicidi mirati in Cisgiordania se il nuovo governo palestinese avrà successo.
«E´ nostra responsabilità proteggere le vite degli israeliani».
Lei ha cominciato a parlare nel 1988 di separazione dai palestinesi.
«Nel 1988, durante il governo di Shamir, dissi che, per non tornare ai confini del 1967, che è qualcosa che Israele non può accettare, sarebbe stata una buona idea dividere l´area, mantenendo sotto il controllo di Israele le zone strategicamente importanti per la sua difesa».
Darete le case dei coloni ai palestinesi?
«Ne discuteremo. Non ci saranno iniziative politiche diverse dalla Roadmap per la pace. E Israele non si ritirerà se ci saranno combattimenti. Preferiamo un´evacuazione coordinata, ma non tollereremo nessun attacco durante il ritiro».
Intende ricandidarsi alla carica di primo ministro?
«Sì, la risposta è sì. Il disimpegno è complicato e si dovrebbe fare tutto il possibile per farlo progredire. Ritengo che nessuno, a parte me, sia in grado di portarlo a termine».
( Newsweek - la Repubblica Traduzione di Fabio Galimberti
Sempre a pagina 15 troviamo l'intervista di Lally Weymouth al leader palestinese Abu Mazen, "Ma devono bloccare muro e insediamenti":
Signor Abu Mazen, molti dicono che la morte di Arafat rappresenta un punto di svolta. La vede così anche lei?
«Arafat è stato un leader simbolico per il popolo palestinese. Io ho fatto i negoziati per gli accordi di pace di Oslo, ma senza Arafat non sarebbero passati».
Come vede le elezioni presidenziali palestinesi del 9 gennaio? Pensa di essere eletto?
«Lo suppongo. Lo spero».
Negli Stati Uniti, Sharon è visto come un uomo che è cambiato e che ora è disposto ad abbandonare Gaza. Lei come lo vede?
«Ho ricevuto molti segnali dal segretario di Stato Usa Colin Powell, e dal ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che indicano che Sharon ci darà una mano per le elezioni».
Permetterà di votare ai palestinesi di Gerusalemme Est?
«Sì, e alleggerirà i posti di blocco qua e là».
Che cosa farà con Hamas?
«Ho avviato un dialogo con Hamas, con la Jihad Islamica e con le Brigate Al-Aqsa. Non posso dire che abbiamo raggiunto un accordo. Il nostro scopo è far raffreddare la situazione, far cessare ogni genere di violenza e terrore. Chiederemo agli israeliani di cessare gli omicidi e le demolizioni di case».
Ci fu grande delusione, dopo Oslo, quando l´Autorità Palestinese non riuscì a combattere Hamas.
«Abbiamo combattuto Hamas nel 1996. Ora le cose sono cambiate. Dobbiamo chiedere loro di permettere che si ristabilisca la legalità».
Che cosa le chiederanno in cambio?
«Vogliono partecipare alle elezioni parlamentari. Io ho detto: sì, perché no? Vogliono partecipare alla direzione del paese. Io ho detto: va bene. Vogliono essere parte della società civile, e anche noi lo vogliamo. Quando saranno diventati dei partiti all´interno della società civile, sarà un cambiamento importante per la nostra vita».
Sharon, a quanto sembra, ha ricevuto minacce di morte per il suo piano di disimpegno.
«Credo che abbia ricevuto degli avvertimenti. Ma lui è un uomo forte. E un governante forte. Io sono ancora agli inizi».
Pensa che Sharon voglia lasciare Gaza per tenersi la Cisgiordania? «Non so come la pensa. Non so se vuole che Gaza sia la prima e l´ultima».
Quando lo incontrerà?
«Dopo le elezioni, sono pronto a incontrarmi con Sharon in qualsiasi momento».
Il capo di stato maggiore israeliano ha detto che Israele si è lasciata sfuggire un´occasione, durante il suo primo mandato come capo del governo palestinese.
«Si sono lasciati sfuggire molte occasioni. Non mi hanno aiutato. Io ho concluso un accordo per un cessate il fuoco di 52 giorni. Loro non mi hanno dato niente: non hanno tolto nessun posto di blocco, non hanno rilasciato nessun prigioniero, niente di niente. Dopo tutto ciò, hanno detto "Che peccato che non abbiamo aiutato Abu Mazen". Gli americani hanno detto lo stesso, ma a che è servito? Il governo è caduto. Se adesso ripetessero gli stessi errori, il risultato sarebbe disastroso».
Questa volta, che cosa vorrebbe che facesse Israele?
«Dovrebbero interrompere la costruzione del muro. Considero un atto di inciviltà costruire questa separazione. Dovrebbero interrompere ogni genere di attività di espansione degli insediamenti, anche quelle che definiscono "crescita naturale", e dovrebbero rimuovere avamposti e rilasciare prigionieri».
(l.w.)
( Newsweek - la Repubblica - Traduzione di Fabio Galimberti)
Peccato che Abu Mazen non abbia rinunciato ad accusare Israele di un fallimento che dipese soprattutto dall'opposizione di Yasser Arafat. Opposizione che giunse, come lo stesso Abu Mazen rivelò proprio in un'intervista a Newsweek, fino alle minacce di morte. E peccato che la giornalista non abbia ricordato al leader palestinese queste circostanze. ( a cura della redazione di Informazione Corretta)

Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla direzione de La Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

rubrica.lettere@repubblica.it