Uno scandalo alimentato dal pregiudizio
l'analisi di Federico Steinhaus
Testata:
Data: 27/11/2004
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: Uno scandalo alimentato dal pregiudizio
Spero che i responsabili di Informazionecorretta ed ancor più i lettori mi
vorranno perdonare se ricorro, per una volta, all'espediente di scrivere una
lettera aperta, anziché firmare come è consuetudine un commento od una
analisi.Ma è di esperienze personali che voglio scrivere, e questo mi pare
giustifichi la scelta.
Ho sentito in vari telegiornali, e letto su vari giornali, la notizia del
musicista palestinese costretto da un soldato israeliano di guardia ad un
checkpoint ad estrarre dalla custodia il suo violino ed a suonare alcune
note per dimostrare che si trattasse di un violino vero, e non di uno
strumento imbottito di esplosivo.
Dobbiamo, a mio parere, inserire questo episodio nel giusto contesto per
comprenderne le ragioni e per giudicarlo.
Dalla fine degli anni 60 alla fine degli anni 90 mi è capitato molto spesso
di partecipare a convegni e congressi ebraici che si svolgevano in Israele,
non di rado in rappresentanza dell' ebraismo italiano e talvolta con
funzioni di capo-delegazione.E spesso ho portato con me la mia macchina
fotografica.
In genere all' ingresso della sede in cui si svolgeva il congresso o
convegno, che era spesso il palazzo dei congressi di Gerusalemme, tutti
coloro che volevano entrare venivano perquisiti: si aprivano borse e
cartelle, e chi come me aveva una macchina fotografica doveva scattare
alcune fotografie per dimostrare che non si trattasse di una bomba o di
un'arma.E non eravamo in epoca di intifada, né tanto meno di terrorismo
suicida.
Negli ultimi anni ogni bar ristorante supermercato ed albergo d'Israele si è
munito di guardie private che verificano con cura quanto ogni avventore o
cliente porta con sé. Ed è addirittura capitato che qualche israeliano, non
venendo perquisito dalla guardia distratta o intenta a fumarsi una sigaretta
la apostrofasse con indignazione e pretendesse la dovuta attenzione: in quel
negozio o ristorante quell' israeliano non si sentiva sicuro, perché non era
stato lui stesso perquisito.
Mi rendo conto che la prassi applicata ad un musicista palestinese da quel
militare possa essere percepita come una gratuita umiliazione, ma
riflettendo su questo episodio con maggiore attenzione (e minore
prevenzione) esso può essere facilmente ricondotto alla sua vera natura.
Non voglio assolutamente ergermi a difensore "ad ogni costo e comunque" di
quanto succede in Israele. Il profondo disgusto che ho provato leggendo di
alcuni eccessi commessi da alcuni militari non viene mitigato in me dalla
consapevolezza che essi sono opera di pochi, e che sono emersi perché
i molti loro colleghi hanno voluto denunciarli alla generale ed
incondizionata riprovazione, oltre che esporli al giusto processo penale.La
forte omertà nostrana che copre i farabutti non ci dovrebbe consentire di
ergerci a giudici di nefandezze che nessuno si assume la responsabilità di
coprire, nascondere o sminuire.
Ma dovremmo anche evitare di puntare il dito accusatore contro un militare
che con zelo, forse pure con un eccesso di zelo ma senza cattiveria, fa il
suo dovere di salvaguardare le vite di innocenti minacciate da civili
mascherati da agnellini.
Ed alla fine quel che in questa vicenda mi ha sconcertato maggiormente è
stata la rapidità con cui le istituzioni militari israeliane si sono sentite
in dovere di scusarsi per quel poco edificante - ma non grave - episodio.