Sventati tre attentati al giorno negli ultimi tre mesi
per questo Israele resta nelle città palestinesi
Testata: La Stampa
Data: 22/11/2004
Pagina: 10
Autore: Aldo Baquis
Titolo: Powel tasta il polso al dopo Arafat
A pagina 10 LA STAMPA di lunedì 22-11-04 pubblica un articolo di Aldo Baquis sulla visita in Israele e nell'Anp del segretario di stato americano uscente Colin Powel.
Scorretto è l'uso del termine "miliziani" per indicare i terroristi della Brigate Al Aqsa, ma l'articolo si segnala positivamente per i dati sugli attentati sventati anche grazie alla presenza dell'esecito israeliano nelle città palestinesi.
Dati indispensabili per comprendere la riluttanza israeliana a ritirarsi dai territori o da parte di essi, e ignorati da altri quotidiani.

Ecco l'articolo:

Il segretario di stato uscente Colin Powell cerca oggi, con una rapida spola fra Gerusalemme e Gerico, di rimettere in moto il dialogo israelo-palestinese sfruttando le opportunità che si dischiudono nel primo dopo-Arafat. Il punto di partenza, hanno già chiarito a Israele i dirigenti statunitensi, deve essere lo svolgimento (il 9 gennaio 2005) di libere elezioni nei Territori per la scelta del nuovo presidente dell'Autorità nazionale palestinese, ossia del successore del Raíss Yasser Arafat.
Da Damasco, dove si trova in visita, il nuovo leader di al-Fatah Faruk Kaddumi ha ribadito ieri che tali elezioni non potranno avere luogo se Israele non si ritirerà dalle città palestinesi in Cisgiordania e se non sarà consentita la partecipazione al voto dei circa 200 mila palestinesi residente a Gerusalemme Est, che pure hanno in tasca carte di identità israeliane (a differenza dei palestinesi residenti in Cisgiordania).
La stampa israeliana rileva che su questi punti il premier Ariel Sharon sembra aver assunto un atteggiamento pragmatico. Nei giorni scorsi aveva detto che la ripresa del dialogo con l'Anp necessita in una prima fase una lotta contro la propaganda anti-israeliana nei mezzi di comunicazione palestinesi e ha convenuto che l’estirpazione del terrorismo «è una cosa molto complessa».
Sul voto dei palestinesi di Gerusalemme Est, è stato fatto notare a Sharon, esiste il precedente delle elezioni del 1996: allora votarono negli uffici postali, e non in seggi elettorali dell'Anp. Il ridispiegamento delle forze armate israeliane in Cisgiordania potrebbe essere più difficile dato il persistere degli allarmi per attentati palestinesi in fase di preparazione, che anche ieri hanno costretto alla mobilitazione la polizia della Galilea. Secondo lo Shin Bet (il servizio di sicurezza interno), trentatré attentati in fase molto avanzata sono stati sventati di misura negli ultimi tre mesi: uno ogni tre giorni.
Per ottenere questi risultati, la presenza costante dell’esercito israeliano in Cisgiordania è considerata obbligatoria. Ancora ieri una unità israeliana di élite è penetrata a Ramallah, nel rione di Bitunya, dove ha ingaggiato un’aspra battaglia con quattro militanti delle Brigate dei martiri di al-Aqsa (al Fatah), che sono rimasti uccisi. Il più noto fra questi era Mohammed Ghassan al-Sheikh che, secondo Israele, per mesi aveva trovato ospitalità nella Muqata, il quartier generale di Arafat. Dove ieri i dirigenti di al-Fatah (ad eccezione del premier Abu Ala, polemicamente assente) erano impegnati a scegliere il proprio candidato alla presidenza dell’Anp. I candidati in lizza sono Abu Mazen (il presidente del Comitato esecutivo dell’Olp) e Marwan Barghuti, un esponente politico molto popolare, che sconta cinque ergastoli in Israele per coinvolgimento nell’organizzazione di attentati terroristici compiuti dalle Brigate dei martiri di al-Aqsa.
Secondo la sinistra israeliana, la liberazione di Barghuti avrebbe l’effetto di rafforzare sul terreno la leadership di Abu Mazen e la linea pragmatica dell’Anp. Ma il governo Sharon è rimasto molto indebolito dalla decisione di realizzare un ritiro unilaterale a Gaza, con lo sgombero di ottomila coloni. E difficilmente Sharon riuscirebbe a far passare la scarcerazione di Barghuti, ammesso che lo voglia per considerazioni di real-politik.
La morte di Arafat viene vista dalla diplomazia internazionale come un’occasione d'oro per riportare israeliani e palestinesi allo stesso tavolo. Ieri il premier palestinese Abu Ala ha ricevuto l’ambasciatore Usa William Burns e il rappresentante dell’Onu nella Regione, Roed Terje Larsen. Oggi Powell vedrà in rapida successione Sharon, il ministro degli Esteri israeliano Silvan Shalom e i palestinesi Abu Mazen e Abu Ala (ma non a Ramallah, bensì nella più tranquilla Gerico). La stampa locale aggiunge che in questo modo Powell non sarà costretto a deporre una corona di fiori sulla tomba di Arafat, che si trova a Ramallah, nel cortile della Muqata.
Altre spole fra israeliani e palestinesi saranno condotte dal ministro degli Esteri russo Lavrov e dal britannico Straw. Grandi speranze vengono riposte nelle elezioni palestinesi, ritenute un corridoio da percorrere per dar vita a Ramallah a una nuova leadership dotata di legittimità e di credito popolare.
Da parte loro i dirigenti palestinesi ribadiscono che non ci saranno progressi finché persiste la stretta morsa militare israeliana in Cisgiordania e ricordano che la loro economia è in condizioni disastrate. I primi interventi, nella valutazione del viceministro palestinese per gli Esteri, richiedono un miliardo e mezzo di dollari.
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