Denunciati abusi da parte di soldati israeliani
le autorità militari promettono che i responsabili verrano puniti
Testata: La Stampa
Data: 20/11/2004
Pagina: 7
Autore: Aldo Baquis
Titolo: Dossier della vergogna per i soldati d’Israele
LA STAMPA di sabato 20-11-04 pubblica un articolo di Aldo Baquis sullo scandalo delle fotografie che mostrano alcuni soldati israeliani in posa trionfale con cadaveri di palestinesi.
Le foto, pubblicate dal quotidiano Yediot Ahronot, hanno suscitato un'ondata di sdegno in Israele e le autorità miitari hanno assicurato che i responsabili verranno puniti.
Al di là degli usi propagandisti che di questo scandalo potranno essere fatti, è importante ricordare che abusi e atti immorali sono purtroppo compiuti da tutti gli eserciti durante le guerre.
Il segno distitintivo delle democrazie è la capacità di denunciarli, fermarli e sanzionarli.
Ecco l'articolo:

Agghiaccianti fotografie che mostrano soldati in posa trionfale con i cadaveri di palestinesi appena uccisi nei Territori sono state pubblicate ieri dal più diffuso quotidiano di Israele, «Yediot Ahronot», provocando un’immediata ondata di sdegno. Di prima mattina il capo di stato maggiore, il generale Moshe Yaalon, ha telefonato alla radio militare per esprimere pubblicamente il proprio orrore e assicurare a tutti che «i responsabili di questi atti orrendi saranno puniti». Ma il giornale sostiene che quelle foto - e i racconti di macabri «giochi» che verrebbero praticati da alcuni soldati con i cadaveri dei militanti dell’Intifada - sono «un segreto di Pulcinella» fra i combattenti israeliani. «E gli ufficiali - si interroga il tabloid - dove erano, in tutto questo tempo?».
Le immagini proposte dal giornale sono davvero raccapriccianti. Una mostra un soldato israeliano in posa con lo scarpone pressato sul torace di un palestinese appena ucciso in un campo di peperoni nel Gush Katif, a Sud di Gaza. Il militare sembra emulare un cacciatore che abbia appena avuto ragione di una belva feroce. Sfogliando il lungo servizio del giornale, ci si imbatte nella testa di un kamikaze palestinese che si è fato saltare nella valle del Giordano, senza fare vittime. In bocca un soldato in vena di scherzi gli ha infilato una sigaretta per poi scattare una foto ricordo.
Il giornale mostra anche il cadavere di un giovane palestinese legato sul cofano di una jeep israeliana, come un trofeo di caccia. Le parti più truculenti delle immagini sono state oscurate dal giornale, per non turbare ulteriormente i lettori.
I racconti che accompagnano le fotografie sono ancora più allucinanti delle foto. Il ragazzo della jeep - si apprende - era stato colpito a morte dalla mitraglia di un carro armato israeliano a Gaza, un anno fa, mentre si trovava in una zona vietata. A posteriori, spiega il giornale, i soldati capirono che vi era entrato per sbaglio, ed era dunque «Haf mi-pesha», ossia innocente. «Come vezzeggiativo lo chiamammo allora "Hafy", innocentino», ha raccontato a «Yediot Ahronot» uno dei soldati.
Peggiore ancora fu la sorte del kamikaze della valle del Giordano. Le sue membra, spiega il giornale, si erano disseminate sul terreno. I soldati le raccolsero e le ricomposero sul terreno in forma astratta: gli misero le gambe sulle spalle, le braccia furono spalancate e la testa conficcata su un ferro che spuntava sul terreno. Infine la sigaretta all'angolo della bocca, e la foto ricordo.
Il generale Yaalon ha preso la vicenda sul serio. L’indagine militare, ha detto, è già scattata, e le punizioni ci saranno. «La forza del nostro esercito - ha spiegato alla radio militare - risiede non tanto nelle armi, quanto nel nostro livello morale. Noi educhiamo i soldati a rispettare il prossimo». In merito, la cronaca recente cita il caso di un soldato che è stato subito punito dai superiori per aver osato esultare in pubblico per la morte del presidente palestinese Yasser Arafat. Il generale Yaalon è certo: le foto pervenute a «Yediot Ahronot» rappresentano solo casi isolati. Dalle conversazioni avute con soldati in congedo, il giornale ha ricavato un’impressione diversa: che il fenomeno sia conosciuto da chi è stato a lungo in prima linea, quotidianamente a tu per tu con la morte. «Dopo il congedo - ha notato uno di questi militari - mi sono detto che, ripensandoci, non siamo molto diversi dai militari americani in Iraq o dai palestinesi che alcuni mesi fa portarono in trionfo a Gaza i resti di soldati israeliani morti nella deflagrazione del loro blindato».
«Rompiamo il silenzio» (Shovrim-shtika’, in ebraico) è il nome di un nuovo sito internet che raccoglie le testimonianze di soldati israeliani che hanno combattuto contro l’Intifada e con le loro macchine fotografiche hanno documentato le prepotenze piccole o grandi compiute da loro stessi nella zona di Hebron. A motivarli è un postumo senso di rimorso. Un responsabile del sito, un ex ufficiale di nome Ziv Maavari, contesta la tesi dei vertici militari, secondo i quali gli eccessi contro i palestinesi sono da imputare alle cosiddette «erbacce»: ossia a «soldati devianti».
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