Attendendo il funerale del rais, quando ufficialmente era ancora vivo
reportage di Fiamma Nirenstein
Testata: La Stampa
Data: 11/11/2004
Pagina: 6
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: Alla Muqata tra la folla che aspetta la bara del Raìss
LA STAMPA di oggi, 11-11-04, pubblica l'articolo di Fiamma Nirenstein "Alla Muqata tra la folla che aspetta la bara del Raìss" che di seguito riproduciamo.
Il titolo è enfatico, il testo, diversamente, è accurato e corretto e non riflette il titolo redazionale.

La tragedia, quando si prolunga, assume toni bizzarri ma rivelatori. Su uno dei siti internet israeliani un titolo con molti punti esclamativi recitava «Arafat è vivo; si prepara il funerale per venerdì». E questa era a ieri sera lo stato dell’informazione, che viveva tutta la propria impotenza davanti al muro della Muqata. Oltre ai soliti corrispondenti ieri vi stazionavano buona parte dei 686 inviati speciali giunti in questi giorni per coprire le reazioni palestinesi e gli sviluppi politici legati alla fine del Raiss, e, come negarlo, il suo funerale.
Per la prima volta il cancello verso il piazzale antistante l’ultima dimora di Abu Ammar è rimasto chiuso e pesantemente guardato, i poliziotti palestinesi chiudevano la strada e tenevano a bada la folla dell’informazione. Noi giornalisti spalla a spalla pensavamo di doverci aspettare l’appuntamento con la storia, il momento delle lacrime liberatorie dei palestinesi dopo tanta attesa, l’annuncio della dipartita del Raiss, e anche informazioni precise sul funerale.
E invece, eventualità alquanto bizzarra, mentre riunioni si succedevano a riunioni, le auto blu andavano e venivano, le notizie sul funerale che si terrà prima al Cairo e poi a Ramallah arrivavano una a una con una certa esattezza da Parigi, dove lo sceicco Taiassir Tamimi diffidava senza sconti chicchessia dall’accorciare in qualsiasi modo la vita del malato, e sottolineava senza ombre: «il Raiss è vivo»; dal Cairo, dove l’aereoporto viene organizzato per diventare una grande sala delle cerimonie perchè tutti i leader arabi porgano l’ultimo saluto al Raiss; dalla Knesset dove una riunione di emergenza sul funerale da Ramallah cercava di stabilire impossibili regole di sicurezza per il fiume di folla che da Ramallah cercherà certamente di arrivare alla Spianata delle Moschee a Gerusalemme.
Insomma, mentre tutti già preparano il dopo, ancora la ridda delle voci contradditorie ci ha accompagnato sotto il sole di Ramallah. Di più: mentre l’unica cosa chiara era che non ci sarebbe per ora stato nessuno annuncio di morte, tre grossi caterpillar accompagnati da decine di camion nel sole eccessivo del primo pomeriggio hanno preso a spianare energicamente il terreno intorno alla Muqata per preparare l’area del funerale e la tomba del Raiss. In defintiva: nessuno avrebbe mai potuto immaginare che avrebbe segnato anche la morte di Arafat la sua famosa «doppiezza», una caratteristica di cui tutti i commentatori e i biografi discutono, la doppiezza fra la pace e la guerra, le doppie versioni della sua storia personale, l’ambivalenza fra la trattativa e il terrorismo per cui Uri Savir il braccio destro di Shimon Peres, che si calcola abbia trascorso con lui mille ore di trattative dice «voleva la pace con Israele, ma la voleva contemporaneamente anche con Hamas».
Così, Arafat non era ancora morto ma era considerato tale, e la folla dei media, sono rimasti ore ed ore immersi in questo dualismo, senza nessuna possibilità di poterlo indagare con le facce lunghe, fino al calare della notte. Solo il Grande Mufti di Gerusalemme Ekrama Sabri con il suo alto cappello e un piccolo seguito aveva rotto la monotonia proclamando che per un mussulmano è del tutto inpensabile staccare le macchine di supporto alla vita umana finchè non si spenge da sola, e che era andato a ripeterlo alla leadeship palestinese, dentro la Muqata. Intanto in quelle stanze si riunivano tutte le organizzazioni, Autonomia, Olp, Fatah si prendevano decisioni minuziose per il funerale, che filtravano attraverso notizie prima date ad personam e poi a qualche telecamera: il corpo sarà portato su un aereo militare francese al Cairo, e dopo la cerimonia per la quale è stata scelta una «piccola delegazione» palestinese, a Amman da dove su un elicottero si leverà l’ultimo viaggio per la Muqata. Qui si terrà il funerale, e l’avvio dell’istituzione di un mausoleo che onori il Raiss nella sua ultima dimora-prigione e che diventerà certo un santuario di pellegrinaggio che preoccupa non poco gli israeliani.
«Questa tomba è provvisoria - dice Saed Erakhat - Se riusciremo a trovare un accordo di pace con Israele, quella definitiva sarà alla Moschea di Al Aqsa a Gerusalemme». Ieri pomeriggio si decideva anche definitivamente per il passaggio immediato dei poteri al Presidente del Consiglio Legislativo, il misterioso Ruhi Fatouh, per i sei mesi in cui si dovranno preparare le elezioni. Sei mesi in cui nessuno può immaginare cosa possa accadere.
La gente di Ramallah verso sera è uscita verso la Muqata con un corteo con grandi immagini di Arafat. Cortei analoghi si sono tenuti in varie parti della Cisgiordania e Gaza, sempre di sera. Il messaggio dei cortei non è di pura eccitazione o lutto: è il messaggio politico che una folla ribollente e fedele alla linea di Abu Ammar non consentirà a nessun nuovo venuto, magari «moderato», di ignorare la volontà di un popolo in armi, e delle sue organizzazioni. All’Università di Bir Zeit il corteo degli studenti, si riporta, gridava slogan contro Abu Mazen. Per ora, i cortei appaiono come un messaggio interno più che come una minaccia a Israele, ma è certa la notizia che le organizzazioni dure, da Hamas ai Tanzim si stiano organizzando per fare del funerale un’esibizione di potere che può tentare di arrivare fino alle porte di pietra delle Moschee sciacciando sia le forze dell’Autorità che sfidando, oltre Ramallah che sarà completamente affidata ai palestinesi, i check point israeliani.
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