Il veleno del Medio Oriente è la calunnia contro Israele, non quello di un inesistente complotto per uccidere Arafat
l' analisi di Magdi Allam
Testata: Corriere della Sera
Data: 09/11/2004
Pagina: 13
Autore: Magdi Allam
Titolo: Veleni e leggende, il primo fu Maometto
Sulle voci di avvelanamento di Yasser Arafat, sulla loro infondatezza e pericolosità, e sugli scopi di chi le diffonde, Magdi Allam ha scritto un articolo molto documentato, pubblicato a pagina 13 del CORRIERE DELLA SERA di oggi, 09-11-04, che di seguito riproduciamo:
Così come la nascita e altre tappe salienti della vita di Yasser Arafat sono avvolte nel mistero, frutto di un'occulta regia mirante a proiettarlo in una dimensione mitologica, anche la sua morte sembra essere congegnata per accreditare l'immagine di un eccezionale protagonista della Storia. Mentre gli strali di Suha, moglie di Arafat, contro i suoi successori designati Abu Ala e Abu Mazen, personalità gradite a Israele, evocano la teoria di una losca cospirazione, i siti integralisti islamici rilanciano come certa l'ipotesi dell'avvelenamento del presidente palestinese, lasciando sottintendere l'esistenza di un complotto ebraico.
Arafat acquisirebbe così l'aureola del «martire».
«Gli avvelenamenti nella storia dell'islam non sono né ben definiti né ben documentati — scrive Penelope Johnstone nell'Encyclopédie de l'islam — tuttavia l'attenzione data agli antidoti e alla identificazione dei veleni porta a pensare che il veleno ha svolto nella vita politica del mondo islamico un ruolo più importante di quanto non si creda». A cominciare dalla teoria secondo cui il profeta Mohammad (Maometto) sarebbe morto nel 632 avvelenato da un'ebrea ben tre anni prima.
In realtà nella Sira nabawiyya, la biografia ufficiale del profeta dell'islam, si racconta che nel 629 l'ebrea Zaynab figlia di Harith offrì a Mohammad dell' agnello. Il profeta ne prese un boccone ma non lo ingoiò. Il suo compagno Bishr invece lo mangiò e morì. Per talune fonti Mohammad la perdonò perché la donna aveva subito la perdita del padre e del marito negli attacchi dei musulmani contro le tribù ebraiche a Khaybar. Per altre fonti la donna fu giustiziata perché responsabile della morte di Bishr. Ma è solo un' unica e incerta fonte, tale Marwan bin Uthman, a sostenere che durante la malattia che lo condusse alla morte, Mohammad abbia detto che la sua condizione era dovuta alle conseguenze di quell'avvelenamento.
Resta il fatto che sono solo gli integralisti e gli estremisti islamici a sostenere la teoria dell'avvelenamento di Mohammad per mano degli ebrei. D'altro canto è un costume diffuso nel mondo musulmano evocare il veleno per insinuare la tesi del complotto dietro alla morte di una celebrità. Il 28 settembre 1970 il presidente egiziano Nasser morì di infarto, stremato da una esasperante maratona negoziale con i leader arabi riuniti al Cairo per imporre la fine del massacro dei palestinesi in Giordania. Subito si diffuse la voce che in realtà Nasser sarebbe morto per le conseguenze di una pomata avvelenata cosparsa sulle sue mani dai medici sovietici durante un ricovero a Mosca.
Il 27 dicembre 1978 il presidente algerino Houari Boumedienne morì ad Algeri, dopo essere caduto in coma per sei settimane. Secondo il ministro della Difesa siriano Mustafa Tallas, fu Saddam Hussein ad assassinare Boumedienne facendogli ingerire un veleno potentissimo, il tallio, durante una visita a Bagdad.
Certamente la vicenda che più di ogni altra ispira la tesi del complotto legato alla morte per avvelenamento, è il mancato assassinio nel settembre 1997 di Khaled Mash'al, il leader di Hamas.
Agenti israeliani inviati ad Amman gli iniettarono del veleno in un orecchio. Ma il governo israeliano fu costretto a salvargli la vita, procurandogli l'antidoto, per scongiurare la minaccia di re Hussein di rompere le relazioni diplomatiche.
Tornando ad Arafat, la verità è che da anni ha seri problemi di salute. Lo scorso novembre la rivista Time aveva annunciato che il leader palestinese aveva un cancro allo stomaco. Alla fine del 2003 Arafat era stato affetto da calcoli alla bile. Nel giugno del 1992, il presidente dell'Olp era stato operato al cervello ad Amman, a causa di un coagulo sanguigno formatosi in seguito a un incidente aereo avvenuto in Libia. Per giorni Arafat fu costretto a bere la propria urina per sopravvivere nel deserto. Una prova impegnativa per il fegato di una persona in buona salute. Immaginiamoci di chi, come Arafat, nato e vissuto per un ventennio in Egitto, soffre fisiologicamente di problemi al fegato così come è il caso di più della metà degli egiziani. Infine negli ultimi anni manifestava apertamente i sintomi del Parkinson.
Comunque sia è probabile che alla fine sulla morte di Arafat graverà la tesi dell'avvelenamento e della teoria del complotto ebraico. Perché ciò serve alla causa di quanti hanno interesse a farne un «martire» e a protrarre la loro «guerra santa» contro Israele.
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