Appello con omissioni
e il quotidiano comunista gli dà un titolo del tutto ingannevole
Testata: Il Manifesto
Data: 03/11/2004
Pagina: 10
Autore: I volontari di Operazione Colomba
Titolo: Hebron, cinque piccoli ostaggi dei coloni israeliani
A pagina 10 IL MANIFESTO di oggi pubblica la lettera si un gruppo di volontari italiani a Hebron, con il titolo "Hebron, cinque piccoli ostaggi dei coloni israeliani".
Non si tratta affato di un seguestro di bambini palestinesi, però, ma delle minacce che i bambini di Tuba, in Cisgiordania, hanno ricevuto sulla strada per andare a scuola. Volontari "internazionali" che li scortavano durante il tragitto sono stati in seguito malmenati da uomini con il volto coperto. Mentre le indagini della polizia israeliana si orientano verso elementi estremisti di un vicino insediamento illegale, militari israeliani sono stati inviati a presidiare la zona, per garantire che le aggressioni non si ripetano.
Quest'ultima notizia, ignorata, come la prima, dall'articolo è presente nella presentazione della petizione on-line, insieme a quella per la quale alcuni militari avrebbero minacciato i volontari.
Quest'ultima circostanza non potrebbe comunque giustificare la conclusione, presente nel testo dell'appello, che i volontari siano stati minacciati "dall'esercito israeliano".
allo stesso modo i coloni non possono essere identificati con gli elementi oltranzisti e violenti che costituisconotra di loro una sparuta minoranza.
Ecco l'articolo:

Saleh, Miriam, Yussef, Tarek e Safieh ogni giorno per andare a scuola fanno almeno cinque chilometri a piedi o a dorso di un asino. Abitano a Tuba (nella parte sudorientale della Cisgiordania occupata), in una zona semidesertica detta South Hebron's Hills. I villaggi sono cositutiti da piccoli nuclei di pastori, sparsi tra le colline, con gli abitanti che vivono in grotte molto antiche. A volte capita di notare segni di malnutrizione nei bambini. Questi cinque bambini in passato andavano a scuola camminando per circa due chilometri. Ma da alcuni mesi non possono più farlo perché alcuni coloni nazional-religiosi provenienti da un outpost (colonia realizzata senza formale autorizzazione governativa, a differenza degli insediamenti) vicino alla strada, li minacciano con cani e bastoni allo scopo di impedire loro l'utilizzo della strada. In un'occasione hanno anche ferito due dei bambini con delle pietre. Questo territorio a sud di Hebron è obiettivo di un progetto del Ministero della Difesa Israeliano di evacuare tutti gli abitanti palestinesi (non le colonie e gli outpost israeliani) al fine di realizzare una vasta area di esercitazioni militari (peraltro già tenute settimanalmente, anche dentro i centri abitati palestinesi). Il progetto di evacuazione del Ministero coincide con la volontà dei coloni di essere gli unici abitanti della zona. Sulla stessa linea è il progetto del Muro, che verrà costruito a nord di quest'area escludendola dalla West Bank e annettendola di fatto allo Stato d'Israele.

Questa «strategia» non è recente. Nel 1985 (prima della prima Intifada) i tre maggiori centri abitati della zona sono stati distrutti da bulldozer dell'esercito con lo scopo di forzare le persone ad andarsene, così come nel 1999 (prima della seconda Intifada) in cui gli abitanti palestinesi sono stati evacuati a forza. La popolazione nel 2000 ha fatto ricorso alla Corte suprema d'Israele ottenendo di continuare a viverci, anche se solo nelle grotte senza poter costruire case o altro. Negli stessi anni sono stati costruite colonie e outpost, e le violenze dei coloni e dell'esercito sulla popolazione civile palestinese sono aumentate. Questa situazione di oppressione continua tuttora. Volontari italiani di Operazione Colomba e del Christian Peacemaker Teams (Cpt), sono presenti nei villaggi per monitorare le violazioni dei diritti umani. Tra le attività che svolgono c'è l'accompagnamento dei bambini di Tuba a scuola.

Durante questo lavoro, svolto insieme ai pacifisti israeliani di Ta'ayush, il 29 settembre sono stati gravemente picchiati due volontari nordamericani del Cpt, e il 9 ottobre un volontario italiano di Operazione Colomba insieme alla responsabile per il Medio Oriente di Amnesty International. Per i volontari picchiati è stato necessario chiamare un'ambulanza, e il ricovero in ospedale. Queste aggressioni sono state compiute da persone mascherate, provenienti dall'outpost, e armate di sassi e mazze da baseball. In tutte le circostanze è in seguito intervenuta la polizia per effettuare delle indagini, nonché l' esercito per «garantire» la sicurezza dell'area. Tutte le volte era presente anche una persona della sicurezza privata dell'insediamento, l'unica ad essere presa in considerazione dalle autorità.

Saleh, Miriam, Yussef, Tarek e Safieh devono poter andare a scuola senza rischiare di subire violenze dagli abitanti dell'outpost, senza dover accelerare il passo quando ci passano vicino. Per tutelare questi bambini e per garantire la presenza permanente dei volontari vi preghiamo di aderire ad una petizione che trovate su www.operazionecolomba.org oppure su www.unimondo.org nella sezione Appelli.

Salam Shalom.

I volontari di Operazione Colomba
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