La "dominazione protratta oltre ogni limite" di Israele sui palestinesi
l'invenzione storica di Alberto Stabile
Testata: La Repubblica
Data: 26/10/2004
Pagina: 11
Autore: Alberto Stabile
Titolo: Israele, oggi il voto storico su Gaza - Arafat operato nella notte nella Moqata sotto assedio
A pagina 11 della REPUBBLICA di oggi, 26-10-04, Alberto Stabile scrive la cronaca del dibattito alla Knesset sul ritiro da Gaza, nell'articolo: "Israele, oggi il voto storico a Gaza"
Stabile riserva ai coloni parole sprezzanti, decisamente fuori lugo, definendo " gentile omaggio della minoranza nazionalista e messianica" il videoclip di tre minuti che i parlamenatri israeliani troveranno oggi sui loro banchi, nel quale si vedono i bambini delle colonie che hanno subito amputazioni o traumi in seguito ad attentati terroristici.
Stabile scrive poi di una "dominazione protratta oltre ogni limite", formula di indubbia efficacia nel conferire a Israele l'aura dello spietato oppressore, ma dal significato oscuro.
A quali limiti allude? A quelli temporali dell'occupazione? Dovrebbe allora spiegare perché l'occupazione non è mai finita, ricordando il sistematico rifiuto, arabo prima, palestinese poi di una soluzione negoziata. Oppure si riferisce ai limiti morali? In tal caso, asserendo che Israele li ha violati, afferma il falso.

(a cura della redazione di Informazione Corretta)
Ecco l'articolo:

GERUSALEMME - Nell´ora «fatale» per Israele, Ariel Sharon ha chiesto a una Knesset ribollente d´umori negativi, assediata dal clamore dei dimostranti, di approvare il suo piano di ritiro da Gaza. In un encomiabile slancio di sincerità, il premier ha paragonato l´importanza che la decisione riveste per il futuro del paese al «dolore e alla scissione» che provoca nella sua anima, l´anima dell´uomo che della colonizzazione dei Territori occupati è stato il condottiero supremo. E tuttavia s´è impegnato «ad andare sino in fondo». Clima da psicodramma, al parlamento israeliano, con una punta di autocompiacimento nello spazio concesso alle grandi reti televisive mondiali, compresa l´araba Al Jazeera, di trasmettere in diretta il dibattito parlamentare sul piano Sharon, che si concluderà stasera con un´approvazione apparentemente scontata.
Guida la discussione uno dei grandi oppositori del ritiro, lo speaker della Knesset, Reuven Rivlin, un avvocato conservatore appartenente ad un grande famiglia ebraica insediata a Gerusalemme assai prima che arrivassero, alla fine dell´800, i primi sionisti. Mai nel corso dell´infuocata discussione Rivlin avrà un cedimento alle sue personali convinzioni a spese delle regole del gioco.
Fuori, invece, i coloni, giocano pesante. Hanno tappezzato le strade che risalgono la collina della Knesset con striscioni dall´unico slogan, diritto e velenoso come una pugnalata alle spalle: «Sharon dilania il popolo». Non bastasse, oggi cercheranno d´impedire ai deputati di raggiungere gli scranni, dove, comunque, per gentile omaggio della minoranza nazionalista e messianica, i rappresentanti del popolo troveranno un videoclip di tre minuti dal contenuto drammatico. I protagonisti del breve filmato sono, infatti, i bambini del Gush Katif, il blocco di 17 insediamenti sorti nella striscia di Gaza, destinati ad essere evacuati insieme a quattro insediamenti della West Bank, che hanno subito amputazioni o traumi gravi a causa dei vari attentati compiuti da terroristi palestinesi. Il messaggio ai parlamentari è riassunto nella testimonianza di Tehila Cohen, 12 anni, che davanti alla telecamera si libera delle due protesi che malamente sostituiscono le sue gambe: «Non capisco che tipo di soldato mi trascinerà via dalla mia casa e rovinerà la mia vita per la seconda volta». Tutto questo, le lacrime e il sangue e i sacrifici dei coloni, ma anche la violenza dell´occupazione e l´insostenibile peso della dominazione protratta oltre ogni limite, tutto ciò che è connesso all´avventura degli insediamenti, Ariel Sharon sembra averlo messo nel conto.
Sharon sa che cosa significa il ritiro per gli ottomila israeliani che «da molti anni abitano nella striscia di Gaza, sono stati mandanti laggiù per conto dei governi e hanno avuto figli che non hanno mai conosciuto altra casa». «Lo so benissimo - ammette onestamente - sono stato io a mandarli e sono stato partecipe, molti di loro sono miei amici personali. Sono perfettamente conscio del loro dolore, della loro rabbia e della loro disperazione». Ed è proprio un ex amico di Sharon, il deputato-settler Zvi Handel, l´unico parlamentare che vive a Gush Katif ad interromperlo urlando. «Tu sta facendo a pezzi la terra d´Israele. Tu hai tradito i coloni».
Ma Sharon è deciso ad andare avanti fino in fondo. E´ convinto, il premier, che ritirarsi è una necessità per potere meglio rafforzare la presenza israeliana «laddove è più importante per noi». Vale a dire in Cisgiordania. Ma anche, per rafforzare la democrazia israeliana, minacciata dalla crescita demografica dei palestinesi. L´equazione è semplice: non si posso mantenere le condizioni di uno stato ebraico democratico e al tempo stesso dominare un popolo di quattro milioni e mezzo di persone. «Ho imparato dalla mia esperienza che non tutto si può ottenere con la spada».
Nonostante i toni, a tratti persino accorati, difficilmente il discorso di Sharon, riuscirà a far cambiare idea agli oppositori e agli scettici. Al di là delle vistose contestazioni dei deputati dell´ultradestra, le telecamere indugiavano sul parlottio, le mani messe in modo da nascondere le labbra, tra i ministri Netanjahu e Shalom, recalcitranti sostenitori del ritiro, ancora speranzosi che Sharon possa dire di sì a un referendum che rinvierebbe tutto alle calende greche.
Non per le loro indecisioni il piano sarà stasera approvato, ma per l´appoggio dell´opposizione laburista che Shimon Peres ha voluto ribadire alla tribuna: «Se il piano sarà approvato sarà un evento importante», ha detto Peres immaginando una ripresa del processo di pace. «Ma se venisse respinto sarebbe una catastrofe».
Ancora a pagina 11 neel'articolo "Arafat operato nella notte nella Moqata sotto assedio" LA REPUBBLICA non riporta, a differenza di quanto fanno gli altri quotidiani, la notizia della concessione di Israele ad Arafat, che ha rifiutato, di curarsi in una città vicina a Ramallah, ma solo la smentita della notizia secondo la quale gli sarebbe stato permesso anche di recarsi all'estero.
Il titolo ripropone l'immagine del "povero Arafat" assediato alla Moqata e privato dei suoi "diritti".

(a cura della redazione di Informazione Corretta)
Ecco l'articolo:

GERUSALEMME - Yasser Arafat è stato sottoposto, ieri sera, a un esame endoscopico per accertare e probabilmente rimuovere i calcoli alla cistifellea che, assieme a una forte influenza ne hanno pregiudicato lo stato di salute. L´esame, considerato alla stregua di un intervento chirurgico minore, è stato compiuto alla Moqata, gli uffici presidenziali dove il leader palestinese, 75 anni compiuti ad agosto, vive prigioniero da quasi tre anni.
Sarà stata l´attesa di decisioni «storiche», che dalla Knesset s´irradia sulle miserie del conflitto. Sarà che, quando c´è di mezzo la salute di Arafat, non si capisce mai dove comincia la realtà e dove finiscono i desideri di chi lo vorrebbe morto. Fatto sta che ieri, per un momento, è sembrato che Israele stesse per spalancare i cancelli della Moqata all´illustre recluso, sia pure per motivi di salute. Niente paura, la correzione non s´è fatta attendere: il ministro della Difesa, Shaul Mofaz, ha soltanto autorizzato Arafat a lasciare il palazzo presidenziale in cui è richiuso da quasi tre anni e recarsi in ospedale, ma sempre a Ramallah, nel caso il leader palestinese avesse bisogno di esami medici.
Nulla, in realtà, lasciava pensare che una qualche attenuazione del conflitto fosse alle viste, come conseguenza del ritiro da Gaza che la Knesset si accinge ad approvare. Le notizie provenienti dalla Striscia e particolarmente dalla campo profughi di Khan Yunis, raccontavano dell´ennesima ecatombe.
In seguito ad un barrage di corpi di mortaio diretto verso gli insediamenti del Gush Katif, gli stessi che dovrebbero essere presto evacuati, l´esercito israeliano è intervenuto con una di quelle sue incursioni in profondità, diventate frequenti tanto nel sud (Rafah) quanto nel nord (Jabalya, Beit Hanun) della Striscia di Gaza. Bilancio dell´operazione, 16 morti, cinque dei quali civili, e tra questi un ragazzino di 11 anni, più una cinquantina di feriti.
Chi sperava in un rilassamento della tensione ha ascoltato con attenzione il discorso di Sharon. Ma, convinto, che «sfortunatamente, dall´altra parte non c´è un interlocutore», il premier israeliano ha voluto riservare ad Arafat un passaggio al vetriolo. «Storicamente Arafat ha scelto la via del sangue, del fuoco e degli Shaid (i martiri) e vuole trasformare un conflitto nazionale in una guerra di religione tra l´Islam e gli ebrei».
Era questo il clima in cui il servizio d´informazione dei coloni, prima, e la tv israeliana poi, hanno rilanciato la notizia-bomba secondo cui il ministro della Difesa Mofaz avrebbe permesso ad Arafat, da alcuni giorni colpito da una grave forma d´influenza che ha fatto accorrere al suo capezzale due gruppi di medici, uno egiziano e l´altro tunisino, di lasciare Ramallah per andarsi a curare all´estero. La notizia è stata poi smentita ma non la diagnosi di entrambe le equipe mediche: calcoli alla cistifellea e infezione virale.
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