Dibattito alla Knesset e operazioni militari a Gaza: le analisi e le cronache di tre quotidiani
che non rinunciano ad attaccare Israele
Testata:
Data: 26/10/2004
Pagina: 1
Autore: la redazione
Titolo: Dibattito alla Knesset e operazioni militari a Gaza: le analisi e le cronache di quattro quotidiani
AVVENIRE di oggi, 26-10-04 dedica al dibattito parlamentare in Israele sul piano di ritiro da Gaza l'editoriale di prima pagina: "Svolta possibile a lui solo", di Fulvio Scaglione.
Un articolo che presenta molti aspetti positivi: il riconoscimento obiettivo del coraggio politico di Sharon, la chiara indicazione del terrorismo palestinese come causa degli scontri a Gaza nelle ore in cui il primo ministro israeliano teneva il suo discorso alla Knesset, le critiche alla fallimentare leadership di Arafat ( che non si spinge, però, fino a indicarne in modo inequivoco le responsabilità nella scelta della violenza e del terrore).
Scrive infatti Scaglione: "Per un leader meno grintoso l'impresa potrebbe essere impossibile. Mentre proponeva il ritiro da Gaza, Sharon intensificava le azioni per la repressione del terrorismo palestinese, cercando di indurre a più miti consigli le frange dell'estremismo armato (politico o islamizzato che sia) e nel contempo provando a rassicurare quella parte dell'opinione pubblica israeliana che potrebbe interpretare il ritiro non come un riassetto strategico ("per rafforzare il controllo sulle terre essenziali alla nostra esistenza", ancora parole di Sharon) ma come un segno di debolezza". E ancora: "L'incapacità di Arafat di garantire un minimo di buon governo all'entità amministrativa palestinese e di farla uscire dalla spirale attentati-repressione è da tempo evidente. In più, il declino del suo carisma si è accompagnato all'ascesa della popolarità di Hamas, in una miscela disastrosa per la causa della pace e soprattutto dei palestinesi. Proprio da Gaza potrebbe partire, se non una rivolta contro Arafat, almeno l'esempio di una diversa gestione del potere e del confronto-scontro con Israele". Non mancano, tuttavia, punti criticabili. Scaglione scrive di un supposto
"potere d'interdizione che l'estrema destra israeliana ha finora esercitato, brandendo la causa dei coloni come una sorta di clava morale con cui indirizzare le decisioni dei governi di volta in volta in carica", delineando l'immagine falsata di una democrazia israeliana egemonizzata da gruppi oltranzisti. Non spiega, inoltre, perché Israele è l'unico paese al mondo che "ha vinto, essendo aggredito (...), tre guerre consecutive senza riuscire a garantirsi la pace". E' stato il fanatismo degli aggressori, non la mancanza di volontà dei precedenti governi israeliani, infatti, ad impedire finora la pace.
A pagina 15 Graziano Motta scrive una cronaca corretta del dibattito alla Knesset, "Ritiro, sharon sfida la Knesset", affiancato, forse per controbilanciare un immagine di Sharon e di Israele troppo lontana dagli stereotipi, dall'articolo di Francesca Fraccaroli "Ottobre di sangue: uccisi più di 150 palestinesi", che è invece, fin dal titolo, un esempio perfetto di scorrettezza.
"Nelle stesse ore in cui ieri migliaia di coloni israeliani e di attivisti di destra contestavano con raduni e manifestazioni davanti alla Knesset il piano di ritiro del premier Sharon da Gaza", esordisce la Fraccaroli "reparti corazzati di Israele hanno lanciato una profonda incursione a Khan Yunis, la seconda città per importanza della Striscia". Un accostamento che suggerisce evidentemente che i coloni israeliani siano i "responsabili" delle sofferenze dei palestinesi.
"In poche ore", prosegue l'articolo, "almeno 16 palestinesi sono stati uccisi, tra cui un bambino di 111 anni, e oltre 50 feriti". Sedici palestinesi uccisi e 50 feriti: a parte il bambino, chi erano gli altri? "Gran parte delle vittime", spiega infine la Fraccaroli erano "militanti armati dell'Intifada".
"Vittime", dunque, di scontri armati, nei quali per altro sono stati "feriti" anche due soldati israeliani, che in quanto tali, per la Fraccaroli non possono in nessun modo essere "vittime".
I terroristi di Hamas che hanno "centrato in pieno" il blindato a bordo del quale si trovavano i due militari sono definiti "mujaheddin".
Porre fine al lancio dei missili Qassam verso Sderot è stato lo scopo "dichiarato" dell'operazione Giorni di Pentimento. Bisogna dunque presumere che sia uno scopo falso e che esista uno scopo "non dichiarato" e reale dell'operazione.
Per chiarire quale la Fraccaroli scrive:"Ottobre passerà alle cronache dell'Intifada come uno dei mesi più insanguinati. I morti palestinesi sono almeno 150". Nessun cenno ai due bambini morti a Sderot per il lancio dei Qassam prima dell'operazione israeliana. Evidentemente sono troppo pochi perché si possa anche soltanto credere che Israele si stia difendendo (non diciamo poi riconoscergliene il diritto).
Anche l'odierna incursione a Khan Younis "ufficialmente è scattata dopo la pioggia di colpi di mortaio caduta negli ultimi tre giorni sulle colonie di Gaza, in risposta all'assassinio da parte di Israele di Adnan Al Ghul, uno dei comandanti del braccio armato di Hamas". Tutto si tiene: Hamas lancia i razzi Qassam "in risposta" a un esecuzione mirata, anche se ha iniziato molto prima, Adnan al Gul, anziché uno spietato terrorista, è "uno dei capi del braccio armato di Hamas" e per naturale conseguenza la sua eliminazione diviene un "assassinio".
Su IL MANIFESTO Michele Giorgio nell'articolo "Il massacro prima del voto" descrive appunto come un "massacro" i combattimenti a Khan Younis e riferisce come dati di fatto, senza citare le sue fonti, particolari assenti nelle cronache degli altri quotidiani: "Hisham Ashur, 11 anni, è stato ucciso quando un carro armato ha aperto il fuoco in direzione di un gruppo di palestinesi, tutti civili", e ancora: "In serata, testimoni hanno riferito che altri due giovani palestinesi sono stati uccisi da cecchini appostati su alcuni edifici che "sparavano su qualsiasi cosa si muovesse". Secondo i palestinesi, ci informa, Sharon con l'operazione a Khan Younis potrebbe mirare a "dare un segnale di fermezza in un momento delicato per le sorti del suo programma politico", mentre le esigenze di sicurezza poste dall'attività terroristica di Hamas scompaiono totalmente.
L'ultima parte dell'articolo è spesa per polemizzare con l'idea di un referendum nazionale sul ritiro da Gaza. Per Giorgio "è lecito domandarsi perché mai gli abitanti di Netanya o Tel aviv dovrebbero decidere il futuro dei palestinesi". Il futuro degli abitanti di Khan Younis o di Netzarim, e il loro voto, non è contemplato. Probabilmente, per Giorgio, non esistono neppure.
Inoltre, continua falsamente il "cronista" del quotidiano comunista "Israele è tenuto in ogni caso a ritirarsi dai territori che ha occupato nel 1967, lo dicono le risoluzioni dell'Onu". Le quali in realtà sanciscono la necessità di un ritiro "da" e non "dai" territori, contestualmente a una pace che garantisca la sicurezza di Israele: condizione che, evidentemente spetta ai palestinesi ottemperare, cessando il terrorismo.
Su Il MATTINO è ancora di Giorgio l'articolo "Ritiro da Gaza, bufera sul piano di Sharon".
L'occhiello recita: "Duro scontro in parlamento: il premier attaccato dagli estremisti del Likud. E Shimon Peres lo difende". Il Mattino usa per l'opposizione di destra in Israele lo stesso termine "estremisti" che riserva ai terroristi di Hamas.
Dell'articolo, una versione edulcorata di quello pubblicato dal MANIFESTO, citiamo una frase sull'operazione a Khan Younis: "Molti dei palestinesi uccisi pare fossero armati". Ovvero: se c'è una battaglia, e i palestinesi hanno delle perdite, la notizia viene data più o meno in questo modo: "C'è stato un massacro di palestinesi. Corrono voci secondo le quali le vittime possedevano delle armi".

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