Disinformazione sull'opposizione al piano di ritiro da Gaza
un titolo scorretto e una grave omissione
Testata: La Repubblica
Data: 21/10/2004
Pagina: 20
Autore: Alberto Stabile
Titolo: I rabbini contro il premier Sharon
LA REPUBBLICA di oggi, 21-10-04, pubblica l'articolo di Alberto Stabile "I rabbini contro il premier Sharon".
Questa volta il titolo non inganna più di quanto inganni il contenuto dell’ articolo. Su cinque colonne il titolo punta il dito contro "i rabbini" che incitano i soldati d’ Israele a disobbedire agli ordini del governo in riferimento allo sgombero di Gaza, e nuovamente nel suo articolo Alberto Stabile sottolinea (con dotte citazioni condite da strafalcioni vari) che esiste una potenziale rivolta di matrice religiosa contro l’ ordine di far sgomberare gli abitanti israeliani dagli insediamenti che si trovano all’interno della striscia di Gaza, alla cui esecuzione dovrà provvedere l’ esercito.

La notizia è vera, e l’ inganno si situa nelle sue pieghe: con molta malizia, dunque.

Nel titolo sta scritto "I rabbini", non "alcuni" rabbini. Non è una differenza di poco conto, evidentemente. E’ la differenza che esiste fra "qualcuno" e "tutti".

Stabile, con piglio non meno deciso, riferisce con nome e cognome chi sia il capofila di un gruppetto di rabbini che hanno assunto questa posizione, e racconta di un altro illustre rabbino che nel 1967 aveva assunto una posizione molto radicale sull’ identità fra l’ intera Palestina e quell’ Erez Israel con cui si identifica il dono che Dio ha fatto al popolo ebraico nei tempi biblici.

Quel che Stabile tace è che la religione ebraica è fondamentalmente anarchica, non riconosce cioè una sua gerarchia e men che meno un "capo" che possa dare ordini al suo "clero". Le istituzioni religiose ebraiche vedono nel rabbino non un sacerdote bensì un saggio, e l’ importanza istituzionale e cultuale dei rabbini dipende dalla loro intrinseca saggezza. In tal modo anche i fedeli sono autonomi ed individualmente responsabili delle loro azioni dinanzi a Dio, senza alcun vincolo od obbligo nei confronti dei loro rabbini.

Dunque, Stabile inganna i lettori per omissione, soprattutto in presenza di un titolo che in sé è fuorviante. Stabile non scrive, cioè, che a fronte di qualche più o meno illustre rabbino che esprime un’ opinione ve ne sono altri, non meno illustri e numerosi, che esprimono un’ opinione diametralmente opposta, ed altri ancora che esprimono opinioni diversificate rispetto a quelle. E che tutte queste opinioni sono liberamente e legittimamente espresse e divulgate, senza anatemi e senza censure.

Quando si afferma che Israele è uno stato fondato sulla religione ebraica si esprime un concetto che nella sua essenza è corretto, ma che deve essere completato da una migliore conoscenza della religione ebraica stessa, che è religione di libertà intellettuale e di accettazione delle responsabilità individuali dell’ uomo dinanzi a Dio. Senza di ciò e senza questa nozione Israele rischierebbe di apparire come uno stato teocratico, il che non è non potrà mai essere.

Ecco l'articolo:

GERUSALEMME - Il rifiuto di ubbidire agli ordini è una minaccia alle fondamenta dello Stato. Con questo chiaro ammonimento, il numero Uno dell´esercito israeliano, il capo di Stato maggiore, Moshè Yaalon, ha voluto richiamare all´ordine quei rabbini che, posti davanti ai dilemmi suscitati dal piano di ritiro da Gaza, hanno stabilito che è dovere dei soldati disubbidire agli ordini di evacuare gli insediamenti. Mancano poco alla fatidica seduta della Knesset che, martedì prossimo, dovrà pronunciarsi sul «Piano di disimpegno» voluto da Sharon, ma mai, da quando il ritiro da Gaza è entrato nel dibattito politico, la società israeliana era apparsa così divisa.
La spaccatura non corre soltanto lungo l´asse tradizionale destra-sinistra, ma si irradia all´interno della destra e dello stesso Likud, isolando il premier dalla sua maggioranza. La novità dell´ultima ora è che la lacerazione minaccia anche uno dei pilastri, se non il principale, della società israeliana: quelle Forze armate cui sarà demandato il compito di sgomberare gli insediamenti.
Personaggio chiave di questo capitolo della lunga battaglia intorno al piano di ritiro è il rabbino Avraham Shapira, capo spirituale del Movimento sionista religioso. Una corrente ideologica che trae la sua forza politica e la sua rilevanza sociale negli «hesder», i collegi talmudici in cui lo studio della Torah si combina con il servizio militare. Non è un caso che da queste scuole religiose escano fior di soldati e di ufficiali, arruolati nelle unità combattenti in percentuale superiore a quella che rappresentano nell´intera società.
Dietro quest´audace congiunzione degli opposti (il sionismo essendo un movimento politico essenzialmente laico) c´è l´opera del mitico rabbino Avraham Yitzhak Ha-Cohen Kook e di suo figlio, ed erede, Zvi Yehuda Ha-Cohen Kook, morto nel 1984. Quest´ultimo è considerato dai suoi seguaci quasi un profeta, perché un mese prima della Guerra dei Sei giorni in un´omelia tenuta ai suoi allievi esclamò in lacrime, rivolgendosi a Dio:... «hanno diviso la mia terra (citazione dal libro di Joel). Ora, dov´è la nostra Hebron? L´abbiamo dimenticata? Dov´è la nostra Shekem (Nablus), la nostra Gerico - dove? Le abbiamo dimenticate? E tutto ciò che sta oltre il Giordano - ogni zolla, ogni regione, collina, valle, ogni pezzo di terra è parte di Eretz Israel - abbiamo forse il diritto di rinunciare anche ad un solo granello della Terra di Dio». Quando, in seguito alla vittoria, Israele conquistò tutta la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, Rav Zvi Yehuda fu il primo ad incoraggiare (e in certi casi a ordinare) ai suoi seguaci di insediarsi nei Territori.
Il rabbino Avraham Shapira, pur non possedendo l´aura di quasi santità dei suoi predecessori, è pur sempre una personalità autorevolissima. Estremista, messianico, assertore della sacralità della terra, secondo lui prevalente sulla sacralità dello Stato, è stato rabbino capo ashkenazita d´Israele nel decennio 83-93. Ecco perché il suo responso sul ritiro ha fatto tremare anche Sharon.
«Espellere gli ebrei dalle loro case è un delitto - ha proclamato il rabbino - E´ proibito e loro (i soldati) devono informare i loro comandanti che è proibito. Come dissacrare il sabato, come mangiare cibo non kosher... Un soldato non deve sradicare gli insediamenti, e non deve aiutare coloro che lo fanno... « Vista l´autorevolezza del personaggio, decine d´altri rabbini si sono affrettati a seguire la dottrina di Shapira, sottoscrivendo un manifesto di piena adesione. Il che è alle orecchie del vertice militare è suonato come un chiaro campanello d´allarme.
Da qui, il monito del Capo di Stato Maggiore: «Il fenomeno del rifiuto è pericoloso per noi, come esercito, come società e come Stato. Il rifiuto è un pericolo per il sionismo». Infine l´avvertimento: «Non metteteci in una situazione impossibile». Ma l´invito al dialogo rivolto ai capi del Movimento non né stato accolto.
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