Da u.d.g un articolo non ostile a Israele: ecco una vera rarità
ma rimangono espressioni che non aiutano a capire
Testata:
Data: 20/10/2004
Pagina: 13
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Peres: temo per la vita di Sharon a 10 anni dall'omicidio Rabin
Segnaliamo una rarità: un articolo di Umberto De Giovannangeli, pubblicato da L'UNITA' di oggi, 20-10-04, non ostile verso Israele.
Ecco l'articolo: "Peres: temo per la vita di Sharon a 10 anni dall'omicidio Rabin"

«Temo per la vita di Sharon...La sobillazione di cui è oggetto ricorda quella che fu montata contro Rabin...Spero che i servizi di sicurezza, che certamente hanno tratto tutte le lezioni dall’assassinio di Rabin, tengano d’occhio seriamente il primo ministro». A lanciare il grido d’allarme, in un’intervista al quotidiano Maariv, è Shimon Peres. Le parole del leader dell’opposizione laburista danno conto del clima di tensione e di paura che si respira in Israele a pochi giorni dal pronunciamento della Knesset sul contestato piano di ritiro da Gaza messo a punto da Sharon. Alla base della denuncia di Peres vi sono i toni della polemica, sempre più drammatici e minacciosi del movimento dei coloni e dei rabbini eversivi. All’allarme del premio Nobel per la pace si è associato anche il ministro degli Esteri Silvan Shalom: «Meno di dieci anni fa c’è stato un disastro», afferma alludendo all’assassinio di Rabin, «e certi discorsi che sento oggi mi ricordano quanto si sentiva allora: non possiamo permettere che questo trauma si ripeta». Shalon rileva anche che «negli ultimi giorni c’è stata una escalation di attacchi contro il premier». Il capo dei servizi segreti interni dello Shin Bet Avi Dichter ha avvertito nelle scorse settimane che in seno ai gruppi eversivi dell’estrema destra pronti a tutto per far fallire il ritiro da Gaza annunciato da Sharon c’è anche chi non esclude un attentato al premier. Tre rabbini fra i più famosi vicini al movimento dei coloni hanno lanciato appelli all’insubordinazione dei soldati, se saranno chiamati a procedere allo sgombero delle colonie. L’autorevole ex-rabbino capo Shapira, oggi novantenne, ha perfino sostenuto pubblicamente che partecipare allo sgombero delle colonie a Gaza per un ebreo è peccato, come mangiare cibo non kosher o lavorare il sabato. Gli appelli a disubbidire agli ordini, avverte il capo di stato maggiore generale Moshe Yaalon, sono «un orrendo pericolo e io chiedo a tutte le correnti politiche di non minare la compattezza delle forze armate». Un gas lacrimogeno che si solidifica, altoparlanti che emettono insopportabili suoni assordanti: sono alcuni dei mezzi non letali che le autorità israeliane stanno sviluppando il preparazione di uno sgombero violento dei coloni dagli insediamenti della Striscia. L’esercito, riferiscono media israeliani, ha pure creato una scuola per addestrare le truppe allo sgombero non violento dei coloni e a questo fine ha anche creato un finto insediamento per permettere alle truppe di addestrarsi a diversi scenari di resistenza violenta dei coloni.
L’atmosfera con il campo dei coloni si fa ogni giorno più incandescente. Altri rabbini ultrà hanno riconvocato, per la prima volta dopo 1600 anni, un sinedrio che dovrebbe sostituirsi al potere politico, altri si sono detti pronti a invocare la terribile maledizione biblica della "pulsa de nura" - come prima dell’assassinio di Rabin - per la morte del premier. Eytan Haber, che fu capo di gabinetto di Rabin, ha detto ieri alla radio israeliana di ritenere che «in questo stesso momento gente malintenzionata stia complottando» contro Sharon. «Questa atmosfera pesante ricorda assolutamente i giorni difficili che hanno preceduto l’assassinio di Rabin, non c’è dubbio», insiste Haber. L’analista politico Yarion Ezrachi è ancora più pessimista: «Ritengo - spiega - che la situazione sia ancora più grave che ai tempi di Rabin: tutta l’opposizione al piano di ritiro da Gaza si concentra su un solo uomo, Sharon, convinta che eliminato lui il piano non esista più». Contro la sicurezza del premier gioca anche la sua immagine di leader solitario, abbandonato perfino da parte del suo partito, che solo per la forza della propria volontà vuole realizzare ad ogni costo lo storico disimpegno. Israele trattiene il fiato. La sicurezza attorno ad «Arik» è stata rafforzata al massimo. Per il dibattito del 25 ottobre la Knesset, il Parlamento di Gerusalemme, sarà blindata. Nel giorno in cui si tornano a far notizia le precarie condizioni di salute di Yasser Arafat, visitato nel suo quartier generale di Ramallah da una équipe medica egiziana, nei Territori continua lo stillicidio di morti: in mattinata, una pattuglia militare israeliana ha ucciso due palestinesi in procinto di compiere un attentato nei pressi del valico di Erez (fra Gaza e il territorio israeliano); in serata, un colono israeliano è stato ferito mortalmente dal fuoco di cecchini palestinesi nell’insediamento cisgiordano di Mevo Dotan, a nord di Jenin
Sulle ultime righe del pezzo dobbiamo però esprimere alcune riserve: la pattuglia israeliana "ha ucciso", il colono "è stato ferito".
Ecco la consueta dissimmetria lessicale che contribuisce a creare l'immagine degli israeliani come "carnefici" e dei palestinesi come "vittime". Inoltre i due episodi, molto diversi dato che in uno è morto l'aggredito, nell'altro l'aggressore sono unificati sotto la generica denominazione di "stillicidio di morti".

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