Un' intervista interessante, condotta con troppa parzialità
da Umberto De Giovannangeli
Testata:
Data: 18/10/2004
Pagina: 8
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: "Io arabo israeliano, voterò il piano Sharon"
A pagina 8 de L'UNITA' di oggi, 18-10-04, Umberto De Giovannangeli intervista Abdulmalik Dehamshe, deputato alla Kenesset del Partito democratico arabo che voterà a favore del piano di ritiro da Gaza.
Le argomentazioni di Dehamshe per spiegare il suo voto, contestato da altri leader arabo-israeliani come un tradimento, sono del tutto logiche, al punto da rivelare come soltanto l'estremismo e il rifiuto di ogni compromesso con Israele possano giustificare l'opposizione palestinese, come anche quella di alcuni "cronisti" italiani accecati dall'ideologia, al piano di Sharon.
Peccato che u.d.g. non faccia mai rilevare questo fatto al suo interlocutore, che dal canto suo dichiara di "rispettare" le opinioni degli estremisti né, del resto, contesti o indaghi le molte discutibili affermazioni di Dehamshe sulla politica del governo Sharon e i presunti "diritti negati" degli arabi israeliani. Quasi tutte le sue domande insistono invece su un unico tema, di fatto irrilevante, dato che sulla determinazione del leader israeliano a ritirarsi da Gaza non ci sono dubbi: "è possibile per i palestinesi fidarsi di Ariel Sharon?"
Ecco l'articolo:

La notizia è di quelle che fanno scalpore e che segnalano l'importanza e la drammaticità del pronunciamento a cui la Knesset è chiamata il prossimo 25 ottobre. Sul piano di ritiro da Gaza messo a punto da Ariel Sharon e fortemente contestato dall'ala dura del movimento dei coloni e dalla destra ultranazionalista, in Israele si ridisegnano schieramenti e alleanze politiche, anche le più inaspettate. Tra i protagonisti di questo clamoroso rimescolamento delle carte (politiche) è Abdulmalik Dehamshe, membro della Knesset nelle fila del Partito democratico arabo, una delle figure più rappresentative della comunità arabo-israeliana (oltre un milione di persone, quasi un quinto della popolazione d'Israele). Fiero avversario di Sharon, deciso sostenitore di uno Stato palestinese, Dehamshe ha annunciato ieri la decisione sua e di un altro parlamentare del suo gruppo, Taleb A-Sana, di votare a favore del piano-Sharon su Gaza. E in questa intervista a l'Unità ne spiega le ragioni.
Cosa c'è alla base di questa sua clamorosa dichiarazione di voto? Un ripensamento sulla politica e la figura di Ariel Sharon?
«Niente affatto. Ero e resto convinto che il governo Sharon abbia provocato disastri e sofferenze non solo ai palestinesi ma anche agli israeliani. Ma nel caso specifico, vale a dire il ritiro da Gaza, ritengo che sia giusto sostenere una scelta che non a caso sta scatenando la rabbiosa reazione dei coloni oltranzisti e dei super falchi della destra».
Resta il fatto che, secondo autorevoli collaboratori del premier, questo ritiro serve a cancellare l'idea stessa di uno Stato palestinese.
«Non mi faccio alcuna illusione sulla reale volontà di Sharon di raggiungere un accordo con i palestinesi fondato sui principi della pace in cambio dei Territori e dei due Stati. Al tempo stesso ritengo che quanti si battono per lo smantellamento degli insediamenti nei territori occupati non possono chiudere gli occhi di fronte al fatto che il piano Sharon prevede il ritiro da Gaza e lo smantellamento di colonie. Certo, è solo un primo passo, del tutto parziale, ma è un passo nella giusta direzione. Per questo il 25 ottobre voterò a favore, senza per questo aver minimamente alleggerito il mio giudizio critico sull'operato complessivo di questo governo».
La sua decisione ha sollevato aspre polemiche all'interno della comunità arabo-israeliana e nelle sue rappresentanze politiche. C'è chi parla di tradimento.
«Queste accuse mi feriscono ma non mi faranno cambiare idea. Per me parla la mia storia, le mie battaglie contro le discriminazioni alle quali continuano ad essere sottoposti gli arabi israeliani; per me parla l'impegno a favore dei fratelli palestinesi nella loro legittima rivendicazione di uno Stato indipendente a fianco di Israele. So bene che il ritiro da Gaza non porrà fine all'oppressione subita dai palestinesi, ma sono altrettanto convinto che un ritiro israeliano dalla Striscia e lo smantellamento delle colonie potranno alleviare, anche se di poco, la sofferenza dei palestinesi di Gaza e aprire, se ne saremo capaci, nuovi spazi di dialogo. Per questo non unirò il mio voto a quelli dell'estrema destra che considera il ritiro da Gaza come un cedimento ai "terroristi di Arafat"".
Dello stesso avviso non sono altri leader della comunità arabo-israeliana i quali ritengono questo ritiro "un alibi che serve a Sharon per mascherare i suoi crimini, come quelli compiuti in questi giorni nel Nord di Gaza, contro il popolo palestinese".
«Rispetto la loro opinione ma pretendo lo stesso trattamento. Non è a colpi di scomuniche o peggio di minacce che riusciremo ad allargare il fronte di quanti, in Israele come tra i palestinesi, intendono battersi per una pace giusta, duratura, tra pari».
Una pace a cui può tendere Ariel Sharon?
«Non sono un illuso e non credo alla "conversione" pacifista del generale Sharon. Ma il 25 ottobre sarò chiamato a votare su una proposta specifica e non sull'intera politica del primo ministro o sulla sua persona. E sul ritiro da Gaza il mio voto sarà favorevole».
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