Israele rischia di venir tacciato di razzismo? Due quotidiani danno il loro contributo affinché accada
con titoli scorretti e articoli che non informano
Testata:
Data: 15/10/2004
Pagina: 18
Autore: Alberto Stabile - Umberto De Giovannangeli
Titolo: Noi, come il Sudafrica dell´apartheid - Israele rischia di essere un vecchio Sudafrica
A pagina 18, LA REPUBBLICA di oggi, 15-10-04 pubblica l'articolo di Alberto Stabile: "Noi, come il Sudafrica dell´apartheid", con l'occhiello "Israele, rapporto schock del ministero degli Esteri: rischiamo di venir isolati dall'Europa".
E' evidente che chi si fermasse a queste titolazioni sarebbe portato a credere che il ministero degli esteri abbia espresso l'opinione che Israele SIA come il Sudafrica dell'apartheid e che per questo rischi di essere isolato dall'Europa. Le cose non stanno così, perchè il Centro studi del ministero ha solo prospettato l'ipotesi che Israele SIA CONSIDERATO alla stregua del sudafrica dell'apartheid, e lo stesso articolo di Stabile lo spiega.
Resta però quella titolazione fuorviante, che trae in inganno.
Ecco l'articolo

GERUSALEMME - Se il conflitto israelo-palestinese non sarà risolto, il prossimo decennio potrebbe riservare a Israele l´amara sorpresa di vedersi considerato dall´Europa come un nuovo Sudafrica dell´apartheid: uno Stato-paria isolato, delegittimato e verosimilmente oggetto di sanzioni. A gettare l´allarme sul possibile, ulteriore deterioramento dei già tesi rapporti tra Israele e l´Unione è un rapporto riservato redatto ad agosto dal Centro di ricerche politiche del ministero degli Esteri e indirizzato ai governanti israeliani perché ne tengano conto nell´elaborare le linee di politica estera.
Lo scenario adombrato dagli analisti parte dall´assunto che l´Europa dei 25, messe da parte le divergenze che ne hanno finora gravemente menomato l´azione, riesca a irrobustirsi politicamente e a formulare una politica estera comune condivisa da tutti gli Stati membri. Parallelamente, anche a causa del rafforzamento dell´Europa, gli Stati Uniti potrebbero veder ridotta la propria influenza. Ebbene, secondo le proiezioni dei ricercatori israeliani, la crescita politica dell´Unione potrebbe danneggiare gli interessi di Israele. «In estreme circostanze - dice il rapporto - questo fatto potrebbe porre Israele in una rotta di collisione con l´Unione Europea. Questa rotta di collisione contiene il rischio che Israele perda la legittimità internazionale e potrebbe condurre al suo isolamento, alla maniera del Sudafrica». In sintesi, un´Europa più forte vorrà contare di più al tavolo delle decisioni e ridurre lo spazio di manovra di cui Israele ha finora goduto grazie alla protezione degli Stati Uniti. In questo quadro, afferma il rapporto, «l´Unione europea potrebbe acuire la richiesta che Israele si conformi alle norme internazionali... e rispetti l´autorità delle Nazioni Unite e delle sue agenzie, un problema che può condurre a frizioni».
Il rapporto riflette i timori espressi da buona parte della classe politica israeliana nei confronti dell´Europa, tutte le volte che sulla questione palestinese sono affiorate serie divergenze di vedute. Basti ricordare l´appoggio dato dai paesi europei alla risoluzione dell´Assemblea generale dell´Onu contro il muro di separazione e la conseguente minaccia lanciata, a luglio, da Sharon di negare all´Europa un ruolo in un futuro processo negoziale. A Bruxelles fanno capire che il pugno di ferro adottato dal governo israeliano in questa fase del conflitto non aiuta a rasserenare le relazioni. Si cita l´operazione in corso contro il nord di Gaza, per impedire i lanci di missili Qassam contro le città israeliane costata la vita a cento palestinesi. Inoltre, secondo un recente studio Onu, le continue chiusure dei Territori hanno provocato un serio degrado delle condizioni sanitarie dei palestinesi. Da qui, la richiesta avanzata dall´autore dello studio, Jean Zigler, di sospendere un accordo di libero scambio con Israele. Il che sarebbe già un tipo di sanzione.
Ieri sera la tv israeliana ha fatto sapere che Sharon sta valutando una riduzione del numero dei militari impegnati nell´operazione "anti-Qassam". Di Gaza il premier ha parlato anche davanti alle commissioni Esteri e Difesa della Knesset illustrando i dettagli del piano di disimpegno israeliano dalla Striscia: lo storico ritiro dovrebbe iniziare a maggio e durare dodici settimane.
A pagina 10 dell'UNITA' l'articolo di Umberto De Giovannangeli "Israele rischia di essere un vecchio Sudafrica" reca il sottotilo, completamente falso: "Un rapporto segreto lancia l'allarme: nei Territori si scivola verso l'aparthaid".
Il rapporto, che non è segreto, ma soltanto interno al ministero degli Esteri, neppure lancia l'allarme che gli si vuole attribuire.
L'articolo, pur riportando i veri contenuti del rapporto, crea ulteriore confusione, dando vita a un dibattito virtuale (nel senso che avviene tra interlocutori che non si sono incontrati, che rispondono alle domande del giornalista e le cui risposte sono arbitrariamente cucite insieme) che ha per oggetto non il vero documento del ministero, ma quello immaginario.
Yasser Abed Rabbo,membro del Comitato esecutivo dell'Olp, ripete le accuse di razzismo che i palestinesi rivolgono in continuazione a Israele, Jean Ziegler, sociologo di estrema sinistra, che considera "genocide" istituzioni economiche internazionali come il Fondo monetario e la banca mondiale, propone sanzioni economiche a Israele, Shulamit Aloni, fondatrice di Peace Now, "risponde" a Yuval Shteinitz, del Likud sull'origine dell'ostilità europea verso Israele, escludendo che abbia a che vedere con l'antisemitismo e attribuendola all'"oppressione" dei palestinesi.
Significativamene, l'opinione di Shteinitz, l'unico a dichiarare che in realtà l'Europa nega da tempo il diritto di Israele all'autodifesa e all'esistenza, è introdotta dalla parole "Di avviso opposto è Yuval Shteinitz" e immediatamente seguita da queste altre "Sul fronte opposto si schiera Shulamit Aloni..." . Complessivamente si può dire che l'articolo di u.d.g., più che mirare a informare sul rapporto del ministero degli Esteri israeliano, sembra essere un piccolo contributo a che le previsioni di quest'ultimo si avverino.
Ecco il pezzo:

Il titolo, «La scena internazionale nel prossimo decennio», è da noioso seminario di studi. Ma lo svolgimento è di quelli che lasciano tutt’altro che tranquilli i destinari del Rapporto. Lo studio in questione, interno al ministero degli Esteri israeliano, avverte che l’immagine di Israele nel mondo rischia fortemente di deteriorarsi negli anni a venire ad un punto tale che lo Stato ebraico potrebbe essere assimilato al Sudafrica dell’epoca dell’apartheid. Un parallelismo infamante per l’unica democrazia esistente sullo scenario mediorientale, ma che non può essere sottovalutato. A questo campanello d’allarme se ne ha aggiunge un altro, non meno inqietante: la prosecuzione del conflitto israelo-palestinese - avverte il Rapporto - rischia di portare Israele in rotta di collisione con l’Unione Europea, cosa che avrebbe gravi ripercussioni sia politiche sia economiche. Le relazioni con l’Europa sono state troppo a lungo trascurate, lamentano gli autori del Rapporto. Chiamato a commentare i risultati della ricerca, il direttore generale del ministero degli Esteri

Ron Prossor afferma che forse questo rapporto è troppo pessimistico. «La situazione - ammette - non è facile. Ma stiamo compiendo uno sforzo, particolarmente in Europa, che è molto importante a tutti noi». Molto più allarmato è il giudizio del leader laburista Shimon Peres, per lungo tempo a capo della diplomazia israeliana. Peres mette in guardia Israele da un «crollo» della sua politica estera. «È giunto il momento di prendere gli affari di Stato dalle mani del Likud, altrimenti le conseguenze potrebbero essere gravi», aggiunge l’ex premier.

Il paragone con il Sudafrica dell’apartheid, indicato come un rischio dal Rapporto israeliano, riecheggia con forza nelle considerazioni dei dirigenti palestinesi: «La realizzazione del Muro e la cantonizzazione della Cisgiordania altro non sono che la materializzazione del disegno della destra israeliana di realizzare nei Territori un regime dell’apartheid. Un processo in atto da tempo e che avviene nel silenzio assordante e complice degli Usa», sottolinea Yasser Abed Rabbo, membro del Comitato esecutivo dell’Olp, uno degli artefici dell’ «Accordo di Ginevra», il piano di pace elaborato da politici, intellettuali, militari israeliani e palestinesi.

Di avviso opposto è Yuval Shteinitz, esponente di primo piano del Likud, (il partito del premier Sharon) e presidente della Commissione esteri e difesa della Knesset: «La barriera di sicurezza - osserva Shteinitz - è l’effetto della guerra terrorista scatenata contro Israele, e non certo la causa. Il Rapporto segnala un processo strisciante di delegittimazione nei confronti di Israele che non nasce certo con la realizzazione della barriera di sicurezza». «La verità - insiste l’esponente del Likud - è che in Europa c’è chi nega a Israele il diritto di difesa da un terrorismo bestiale perché, al fondo, intende negare a Israele il diritto stesso di esistere».

Sul fronte opposto si schiera Shulamit Aloni, leader storica della sinistra sionista, fondatrice del movimento pacifista israeliano «Peace Now»: «Non è possibile - s’infervora l’ex ministra - che ogni critica della politica militarista di Sharon venga liquidata come un rigurgito di antisemitismo. Quel Rapporto indica un pericolo incombente per Israele: un suo progressivo isolamento internazionale, dovuto al perpetuarsi del regime di occupazione dei Territori e di oppressione nei confronti del popolo palestinese». «In gioco - prosegue Aloni - sono gli stessi principi democratici che furono a fondamento dello Stato d’Israele. Non possiamo pensare che la nostra possa essere una democrazia a "chilometraggio limitato", valida a Gerusalemme ma non più in vigore a trenta chilometri di distanza, a Ramallah...».

Le considerazioni di Shulamit Aloni trovano una indiretta conferma nelle parole di Jean Ziegler, il relatore delle Nazioni Unite sul diritto all’alimentazione. «Ho scritto al presidente della Commissione Europea Romano Prodi per chiedere la sospensione dell’accordo di associazione tra l’Ue e Israele concluso nel 2000 fino a quando la situazione nei Territori non migliorerà», afferma da Ginevra Ziegler. «La situazione nei Territori, in particolare nella Striscia di Gaza, è drammatica - insiste Ziegler -. Tra i 3,8 milioni di palestinesi che vivono in Cisgiordania e nella Striscia, l’86% dipende dagli aiuti alimentari internazionali ed il 65% mangia solo una volta al giorno. Il 38% dei bambini soffre di anemia». Sotto accusa, per il relatore delle Nazioni Unite sul diritto all’alimentazione, è la politica di Israele, «Potenza occupante», in particolare per le «continue distruzioni ed espropriazioni di terre e raccolti palestinesi da parte delle forze israeliane» e per la costruzione della barriera di sicurezza. «Queste azioni - rileva Ziegler nel rapporto destinato all’Assemblea generale dell’Onu - violano l’obbligo dell’esercito di occupazione e della Potenza occupante di rispettare il diritto all’alimentazione», nei territori che controllano.

Territori che continuano a essere segnati dalla violenza. A Gaza, il bilancio dell’ennesima giornata di scontri è di cinque palestinesi uccisi, tra cui un anziano di 70 anni, mentre a Gerusalemme il premier Ariel Sharon sfida la destra ultranazionalista e annuncia che il ritiro dalla Striscia inizierà nel maggio 2005 e che le operazioni di sgombero non dovrebbero durare più di 12 settimane. Arik rilancia ma i suoi propositi dovranno superare l’esame decisivo del 25 ottobre, quando il Parlamento sarà chiamato a pronunciarsi sul piano di disimpegno da Gaza. Un voto a rischio per Ariel Sharon.
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