Oscurare la realtà del Medio Oriente
per il quotidiano diretto da Furio Colombo sembra essere un dovere morale
Testata:
Data: 04/10/2004
Pagina: 10
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: L'Iraq non può oscurare la tragedia di Gaza
Oggi, 14-10-04, L'UNITA'pubblica un' intervista di Umberto De Giovannangeli allo scrittore israeliano Meir Shalev: "L'Iraq non può oscurare la tragedia di Gaza"
Senza entrare nel merito delle opinioni di Shalev, che a nostro avviso, comunque, portano a una negazione di fatto del diritto all'autodifesa di Israele
(dato che i terrorristi, nascondendosi tra la popolazione civile, rendono impossibile all'esercito garantirne sempre e comunque l'incolumità), ci preme sottolineare alcuni aspetti della linea editoriale del quotidiano diretto da Furio Colombo, resi evidenti da una visione complessiva della pagina che ospita l'articolo:1) si riportano soltanto le opinioni degli israeliani più critici del loro governo e disposti non solo ad accogliere ma anche a sollecitare, come fa Shalev, le condanne della Comunità internazionale al loro paese 2)l'articolo è accompagnato dalla fotografia dell'arresto di un capo di Hamas ad Hebron, Imad Kawasmeh, responsabile dell'organizzazione di attentati suicidi, tra cui quello di Beersheva (17 morti), accompagnata dalla fuorviante didascalia: "L'arresto di un militante di Hamas a Hebron". (persino Il Manifesto di oggi nell'articolo di Michele Giorgio "Gaza, senza freni l'offensiva israeliana" riporta le accuse a Kawasmeh). L'uomo è ripreso in mutande e l'immagine, connessa al titolo dell'articolo, che richiama la "tragedia di Gaza", dà un'impressione di brutalità e di deliberata umiliazione di un inerme. Non viene però detto che i soldati israeliani temevano che Kawasmeh nascondesse un corpetto esplosivo. Se lo hanno spogliato è dunque per proteggere le loro vite 3)Non solo l'Iraq non deve oscurare Gaza, è anche vero che Gaza, per L'UNITA', deve oscurare l'Iraq: se all'intervista a Shalev è dedicata un'intera pagina, alla scoperta delle fosse comuni di Hatra, e dei massacri di Saddam Hussein non è dedicato neppure un trafiletto.
Ecco l'intervista:

«Rapimenti, sgozzamenti, decapitazioni, l’uso cinico e devastante degli strumenti della comunicazione di massa globalizzata. Il raccapriccio in diretta, le urla strazianti dei decapitati veicolate e amplificate via internet: in tutto e per tutto l’Iraq ha innalzato la soglia della violenza. Ma la mattanza irachena non può né deve servire a pretesto per minimizzare operazioni militari quale quella che Ariel Sharon ha scatenato nella Striscia di Gaza. Israele è un Paese democratico e come tale deve rifiutare di considerarsi al riparo dal giudizio della comunità internazionale solo perché i morti di Gaza fanno meno "notizia" di quelli di Baghdad. La forza di un Paese democratico sta nel saper difendere i propri cittadini senza mettere in discussione principi e diritti consolidati. È anche su questo terreno, etico, che i terroristi vanno sconfitti». A parlare è Meir Shalev, tra i più affermati scrittori israeliani contemporanei.
Siamo ormai da tempo testimoni degli orrori senza fine che giungono dall'Iraq. Fra questi si inserisce l'operazione militare israeliana a Gaza. E il mondo, in gran parte, sta a guardare, silente. Perché?
«Non c'è dubbio che l'Iraq, mostrando situazioni ancora più orribili di quanto succede nella nostra zona, coglie maggiormente l'attenzione dell'opinione pubblica ed eleva la soglia della violenza. Ma ciò non può servire in alcun modo da giustificazione per operazioni militari quale quella scatenata da Sharon nella Striscia di Gaza che ha provocato oltre cento morti, tra i quali molti bambini. Non dobbiamo introiettare l’idea, assolutoria, che in fondo i morti di Gaza sono il "male minore" rispetto alla macelleria quotidiana che marchia l’Iraq. Accettare questa logica perversa significa scendere al livello dei jihadisti, significa comportarsi come il Male da cui ci si deve difendere, significa rinunciare ai valori fondanti di una coscienza nazionale democratica. Una coscienza che ritrova il senso di sé, l’orgoglio dei propri valori, nel coraggio dimostrato da quei soldati che hanno denunciato il loro ufficiale che ha crivellato di colpi d’arma da fuoco il corpo di una bambina palestinese. La lotta al terrorismo non può giustificare certe ignominie. Tuttavia, se l'Europa - sia quella dei politici che dell'opinione pubblica - non si intromette più di tanto in quello che succede a Gaza, è anche perché comincia ad essere sfiduciata delle sue possibilità di influire su una possibile soluzione e a rendersi conto che fin quando l'Autonomia palestinese sarà controllata da Arafat, non sarà possibile ottenere alcun progresso. Da parte nostra, israeliana, siamo entrati nella ennesima operazione che eliminerà "in modo definitivo" il terrorismo, ancora una volta attirati nella trappola della violenza come soluzione. Il problema dell'operato dei palestinesi, dei continui attentati terroristici, dei missili sulla popolazione civile inerme, esiste e non va taciuto né svalutato. Ma questo non diminuisce la nostra responsabilità: il governo israeliano non sta facendo questa terribile operazione militare perché è convinto di porre veramente fine allo stillicidio quotidiano dei missili Qassam sulla propria popolazione civile, ma solo per diminuire la pressione di questa popolazione, per espletare l'obbligo formale dello Stato che difende i propri cittadini e perché Sharon vuole rabbonire la destra israeliana che sta mettendo in discussione la sua leadership e in pericolo il suo stesso governo, sullo sfondo del previsto ritiro da Gaza. D'altronde, parlando freddamente e razionalmente, quello che abbiamo di fronte, non è che un altro anello della lunga catena di orrori che israeliani e palestinesi fanno gli uni agli altri, invece di sedersi al tavolo e condurre una trattativa fino a trovare la soluzione».
Nelle sue parole sembra di sentire sconforto...
«Non sconforto, ma sicuramente stanchezza e una certa misura di confusione, tanto sul piano umano che politico: rispetto all'operazione stessa che è, come ho detto terribile, ma che viene come ennesima risposta all'ennesima minaccia posta a civili che vivono all'interno di confini riconosciuti di Israele; rispetto ad un gruppo di minoranza del Likud che sembra volere e potere controllare il futuro del paese; rispetto ad un primo ministro che si trova fuori dal consenso del suo stesso partito e che dovrebbe portare avanti un ritiro da Gaza e da altri territori; rispetto a Sharon l'uomo, al quale ancora oggi non so se posso credere o no. Ecco. Se c'è sconforto nelle mie parole, è per la mancanza di una vera leadership. Sconforto e nostalgia per un Ben Gurion che oltre che avere una visione, aveva la forza, il coraggio e la capacità intellettuale e pratica di trovare la strada per realizzarla».
Israele ha bisogno di questo?
«Non solo Israele. È bene che ci siano anche leader politici, statisti, pensatori, che girino il mondo per presentare le proprie visioni e per ricevere premi e riconoscimenti. Ma noi abbiamo bisogno ora di leader pratici e coraggiosi. Qualcuno che non si faccia impaurire da minacce di guerra fratricida e che organizzi l'evacuazione da Gaza comunicando una data precisa e dei risarcimenti onesti per le persone che vivono in quei posti. Mi viene in mente una regione della Turchia che ho visitato tempo fa e che fra qualche tempo dovrà essere evacuata perché trovandosi in mezzo ad un'area che fa parte di un sistema di raccolta di acque ad uso idroelettrico, verrà presto inondata. Il governo turco ha stabilito una data, ha fissato dei risarcimenti e dei provvedimenti per aiutare i cittadini del posto a muoversi, ha inviato loro una lettera in cui comunicava la data di smantellamento e metteva a disposizione l'aiuto logistico necessario e con questo è finita la storia. Che sia chiaro, nel nostro caso, la maggioranza vuole uscire dagli insediamenti; sarà sufficiente comportarsi con loro in modo pratico e onesto. Il problema è rappresentato solo da poche migliaia di fanatici, e con loro vedremo, con la determinazione necessaria a sottrarre il futuro di Israele, e la volontà della grande maggioranza dei suoi cittadini dal ricatto di una minoranza di fanatici oltranzisti».
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