La politica anti-israeliana di Romano Prodi
che ha caratterizzato la sua presidenza alla commissione UE
Testata: Il Giornale
Data: 11/10/2004
Pagina: 6
Autore: Alessandro M.Caprettini-Paolo Bracalini
Titolo: Critiche a Israele e aiuti a Arafat - L'Islam batterà al Qaida con la democrazia
A pagina 6 il Giornale di oggi, 11-10-04. pubblica l'articolo di Alessandro M. Caprettini "Critiche a Israele e aiuti a Arafat rapporti difficili anche con gli ebrei", un bilancio dell'operato di Romano Prodi, commissario Ue, riguardo al Medio Oriente. Riportiamo due passi particolarmente significativi dell'articolo:
Tutto è iniziato con l’improvvida richiesta del governo di Bruxelles al centro europeo di Vienna di effettuare un sondaggio sulle paure degli europei. Su chi i cittadini del vecchio continente temono. La risposta? Israele, of corse. Qualche imbarazzo dev’essere seguito alla scoperta, tanto che la presentazione del rapporto fu rinviata a lungo. La stampa inglese però riuscì a metterci le mani e a diffonderlo. E fu scandalo. Il presidente del Congresso mondiale ebraico Edgar Bronfman e il suo omologo europeo Cobi Benatoff non persero molto tempo ad accusare a più riprese la commissione di "colpa grave e tradimento morale per una linea chiaramente antisemita. Polemiche su polemiche, alimentate tra l’altro dall’indifferenza mostrata proprio dalla commissione Ue nei confronti di documenti in arrivo da Israele secondo i quali i fondi europei concessi all’Olp – 10 milioni di euro al mese, non piccole mance – in realtà erano amministrati dal solo Arafat che se ne serviva per garantirsi il trono ma anche per finanziare Hamas e altri bracci armati dell’organizzazione palestinese.

Dopo la strage nelle sinagoghe di Istanbul dove persero la vita 22 persone e altre 242 rimasero ferite per rimarcare la sua dura condanna cercando di apparire davvero al di sopra delle parti, il presidente della commissione decise di recarsi alla sinagoga di Milano offrendo la solidarietà di tutta l’Ue. Peccato che qualche giorno dopo, Stefano Di Segni, esponente della comunità ebraica italiana, fece sapere che giusto un mese prima della strage - rivendicata dal "Fronte islamico combattenti grande oriente" il cui fine è trasformare la Turchia in uno stato islamico fondato sulla svaria – la ue si era rifiutata di inserire quel gruppo nell’elenco delle organizzazioni terroristiche, nonostatnte il governo di Ankara ne avesse fatto esplicita richiesta.
A pagina 6 Paolo Bracalini intervista lo scrittore egiziano Ghamal al Ghitani, nell'articolo "L'Islam batterà al Qaida con la democrazia". Riportiamo due passaggi particolarmante significativi del dialogo con Al Ghitani.
Lei ha firmato tempo fa un appello per la libertà di pensiero in Palestina. Cosa pensa di Arafat? Arafat rappresenta una vecchia classe politica, superata. Spero in nuovi dirigenti per la Palestina, nuovi leader che abbiano più a cuore la democrazia. Ma per ora è solo una speranza.

Al Ghitani come si combatte il terrorismo islamico?
Con la democrazia. Abbiamo due armi a nostra disposizione. La prima, a breve termine, sono le forze di sicurezza, l’esercito e l’intelligence per evitare attacchi tremendi come quello di Taba. Ma Al Qaida continua a vivere, a tessere la sua trama di morte. Alla lunga la vera arma sono solo la democrazia e la giustizia. Quando gli stati arabi saranno veramente democratici, non per finta come lo sono molti oggi, ci saranno vere elezioni, veri parlamenti rappresentativi e nuovi leader realmente democratici allora avremo vinto la guerra al terrorismo. L mancanza di democrazia vuol dire mancanza di trasparenza, corruzione e ingiustizia. Vuol dire che migliaia di giovani sono senza lavoro, senza speranza, incattiviti contro l’Occidente che vedono colpevole della loro povertà: es sono loro la vera arma segreta del terrorismo islamico. Quando ci sarà la democrazia nel mondo islamico, al Qaida sparirà
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