Rivoluzione strategica nella guerra tra Israele e i palestinesi
l'analisi di Fiamma Nirenstein
Testata: La Stampa
Data: 04/10/2004
Pagina: 7
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: La guerra dei razzi minaccia il ritiro da Gaza
A pagina 7 della Stampa di sabato 02-10-04, Fiamma Nirenstein firma "La guerra dei razzi minaccia il ritiro da Gaza", un'analisi del nuovo quadro strategico determinato dall'uso dei razzi kassam da parte dei palestinesi, e dei suoi contraccolpi politici sul piano di ritiro da Gaza.
Ecco l'articolo:

Gerusalemme- Nella guerra fra Israele e i palestinesi è in corso una rivoluzione strategica. Fino a qualche giorno fa, l’Intifada aveva subito un grosso rallentamento, gli attentati terroristi suicidi sono diminuiti verticalmente, Hamas è stato decimato. Sharon aveva come principale ostacolo rispetto al programmato sgombero degli insediamenti sopratutto l’opinione pubblica di destra. Ma nella ultime settimane quella che era una strategia di attacco palestinese che non destava soverchia preoccupazione, è diventata la via principale, da parte di Hamas e delle altre organizzazioni, di mostrare la loro combattività e anche di competere per la supremazia post sgombero: si tratta della pioggia dei missili Kassam da Gaza, che si è intensificata fino a provocare il panico in porzioni della popolazione israeliana dentro e fuori la Linea Verde, e fino a disegnare una guerra nuova, quella che viene non più a piedi con la cintura di dinamite, ma dal cielo con una carica esplosiva.
Non fa altrettanti morti, ma è sudola perchè entra dal tetto nelle case della gente che guarda la tv seduta sul divano (così è stata uccisa una ragazza una settimana fa), sfascia e uccide, non richiede molta spesa nè organizzazione, è quasi introvabile a chi non conosce i nascondigli fra i vicoli dei campi profughi e dei villaggi palestinesi. Ieri la tv ha mostrato un gruppo di palestinesi che trasportava dei Kassam dentro un auto che sul tetto aveva la scritta «Onu». E’ un’arma vecchia e arruginita che crea ferite capaci di cambiare lo stato d’animo e il ritmo dello scontro.
Nove chilometri sono la massima profondità di lancio di un missile Kassam, almeno del tipo più diffuso, quello in uso nel nord di Gaza, nel campo profughi di Jabaliya e altri agglomerati palestinesi come Beit Hanuna. E proprio nove chilometri è larga, da ieri sera, l’occupazione israeliana nel tratto fra Jabaliya e il confine segnato dalla Linea Verde a Nord di Gaza in direzione Sderot. Nove chilometri conquistati con una lunga scia di sangue e di disperazione, con decine di morti fra i palestinesi che avevano preparato la zona con cariche esplosive e popolazione all’erta casa dopo casa.
Se i Kassam arretreranno, si può immaginare che l’occupazione si allargherà. Per ora ne sono state scoperte 12 postazioni; sono nascosti nei retrobottega, nei giardini, sotto un letto, nel campo, perchè la rampa del missile Kassam, che non consente una mira accurata, ha il migliore vantaggio: quello della leggerezza; e poi quella della semplicità che ne consente la riproduzione in loco; dell’immediata messa in opera con sparizione successiva. Un Kassam può cadere dappertutto, può portare morte dappertutto, può suscitare, come i palestinesi hanno imparato bene dagli Hezbollah che usano le Katiushe da dentro il Libano sul nord d’Israele, panico e depressione pari a quello degli attacchi terroristi, anche se fanno meno morti. La gente guarda il cielo in continuazione, come per un tic, racconta un cittadino di Sderot, e anche in casa si è in pericolo. Sharon sente che se non riesce a battere questo fenomeno, corre un rischio strategico anche il piano di fuoriuscita da Gaza. Se infatti Hamas, che usa i Kassam, riesce a creare una situazione di panico fra gli israeliani dentro e fuori la Striscia, per il Primo Ministro, già sotto tiro da destra, diventa quasi impossibile giustificare un’uscita da Gaza e lo sgombero dei coloni che dicono: «Vedi, da Gaza si può bombardare non solo i nostri insediamenti, ma anche Sderot, e domani, quando noi e l’esercito non saremo più qui, anche Ashdod e Ashkelon».
Dal momento dell’attacco di giovedì a Sderot, dopo l’uccisione dei piccoli Dorit Aniso e Yval Abebeh, due cugini di due e quattro anni color cioccolata che giocavano con altri bimbi feriti a decine alla vigilia della festa delle Capanne, e dopo che erano stati uccisi a Gaza cinque soldati e una ragazza che faceva il jogging, è scattata l’operazione che secondo il governo israliano è destinata a recuperare la dimensione strategica precedente all’offensiva delle bombe dal cielo, «Giorni del pentimento». E’ un’offensiva molto dura, i morti palestinesi si contano a più di trenta, i soldati hanno l’ordine di frugare bene e di trovare i Kassam e gli addetti ai Kassam, e come al solito la popolazione civile che è retrovia e avanguardia delle organizzazioni palestinesi, ci va di mezzo.
E’ difficile prevedere quale effetto possa fare sull’opinione pubblica internazionale la richiesta di Arafat all’Onu e all’Europa di intervenire; l’esercito cercherà di uscire dalla palude di Gaza, e forse l’operazione sarà quindi più superficiale e di breve durate di Muro di Difesa, che scattò dopo la strage di Natania nel marzo 2002 e riportò l’esercito in Cisgiordania. Inoltre, può darsi che i risultati siano più rapidi perchè la popolazione palestinese dà segni di ribellione contro i padroni del kassam:per esempio, a Beit Hanuna, luogo preferienzale per i lanci, oggi sembra che la popolazione abbia in parte bloccato Hamas.
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