Il Corriere della Sera accredita Ramdan
e solo a piè pagina ne contesta le dichiarazioni filo-terroriste
Testata: Libero
Data: 13/09/2004
Pagina: 6
Autore: Andrea Scaglia
Titolo: Il Corriere nobilita il filosofo dei kamikaze
Libero di ieri 12-09-04, pubblicava a pagina 6 l'articolo "Il Corriere nobilita il filosofo dei kamikaze", sull'accreditamento che il maggior quotidiano italiano ha garantito a Tariq Ramadan ospitandone articoli e intervistandolo, senza spiegare ai lettori quale sia l'ideologia fondamentalista, antisemita e filo-terrorista di questo personaggio. Ecco il pezzo.
Abbiamo riferito ieri delle sciagurate dichiarazioni di Tariq Ramadan, islamista e professorone e filosofo e intellettuale di fede musulmana che vive in Svizzera. Eccone comunque il passaggio saliente: «Uccidere un bambino israeliano è in sé un atto moralmente condannabile, ma contestualmente comprensibile». Agghiacciante. Giusto ieri sul Corriere della Sera, all’interno dello speciale dedicato all’anniversario dell’11 settembre, un’intera paginata era occupata da un lungo articolo dello stesso Ramadan, chiamato in qualità di eminente studioso a spiegare come il mondo islamico debba evolversi per sviluppare finalmente una reale e moderna coscienza democratica. Per altro, in un breve corsivo a piè di pagina, il Corrierone si premura di prendere le distanze dal «contestualmente corretto» riferito alle stragi di bambini. Perfetto. Così anche il politicamente corretto è salvo.
La questione è delicata. La libertà di espressione, anche quando si tratta degli sproloqui del signor Ramadan, è naturalmente fuori discussione. Così come la libertà, per il più importante quotidiano italiano, di scegliersi i collaboratori che preferisce. Eppure , in questo caso, qualcosa suona stonato. Anzi, dà propri fastidio. Dà fastidio veder affiancate firme del calibro di Elie Wiesel e Max Gallo a quella di un personaggio tacciato solo pochi mesi fa di «ossessione antisemita» - le parole sono di Bernard Henry Levy – anche dalla sinistra francese (Le Monde e Liberation, storici quotidiani della gauche, si sono rifiutati di pubblicare un suo articolo in cui riproponeva i consueti deliri sul complotto sionista a favore di Israele). Uno che, a detta del magistrato spagnolo Baltasar Garzon (l’incubo iberico di Berlusconi, eroe della sinistra nostrana anti-Cavaliere), ha avuto «abituali contatti» con un algerino accusato di lavorare per Al Qaeda. Che scriveva Adriano Sofri su Repubblica «parla a pagamento e giustifica l’11 settembre». E paradosso dei paradossi, lo stesso direttore di via Solforino Paolo Mieli – segnalando criticamente la nomina di Ramadan a consulente della commissione europea per "il dialogo dei popoli e le culture"- l’aveva citato per mettere in guardia l’Europa dalle «scivolate antiebraiche». Nessun moralismo, per carità: qualunque giornale del pianeta farebbe carte false per pubblicare -chessò- a Bin Laden. Il problema non è nel dar spazio a chicchessia. Ma nell’inquadrare con chiarezza colui che sta parlando, senza indulger in ambiguità (sopra e con grande evidenza le idee «rispettabili» in basso la presa di distanza dalle «parole inaccettabili»), ambiguità ormai rifiutate anche da Bertinotti.
Perché, intendiamoci, l’articolone di Ramadan pubblicato dal Corriere è sottoscrivibile fino all’ultima virgola: e basta col vittimismo musulmano, e aprire spazi alla società civile, e trovare alternative politiche ai versetti del Corano. Ma il suo atteggiamento somiglia tanto a quello della maggioranza dei Paesi arabi di fronte alle stragi dei terroristi di Allah: una frettolosa condanna di rito (quando arriva) poi cateratte di «ma» e «se» e «però». Così se da una parte l’islamologo che ama Maometto e Nietzsche scrive un appello affinché vengano liberate le due volontarie sequestrate in Iraq e sottolinea le differenze tra musulmani moderati ed estremisti (lui si annovera tra i primi), dall’altra invita a «non esagerare con le parole» chi si azzarda a definire «nazismo islamico» la carneficina della scuola di Beslan. Perché poi il rischio è che "scivoloni" come quello del corriere possono in qualche modo mimetizzare, regalando qua e là patenti di autorevolezza, quelle parole d’ordine - "Israele è cattivo sempre e comunque", "i terroristi anche, ma in fondo vanno capiti" – di cui molti dicono di non poterne più, ma che in realtà fanno ormai parte di certo conformismo antioccidentale, e continuano a trovare appassionati sostenitori, alla faccia delle "ferme condanne".
Ma non si preoccupi, monsieur Ramadan. Continuerà ad essere ospite d’onore nei vari Social Forum (era presente a Firenze nel 2002, e l’anno scorso a Parigi). Ascoltato con deferenza nei salotti più chic d’Europa, quelli che, nel nome delle «analisi che esulano dall’emotività del momento», arrivano alla conclusione che se qualcuno bombardasse l’America non ci sarebbe nulla di così disdicevole. Oppure invitato ai "convegni del diaologo", magari come quello recentemente organizzato a Milano dalla comunità Sant’Egidio e dalla Curia Ambrosiana, che trai relatori annoverava un ambiguo intellettuale islamico più volte accusato di connivenza con il terrorismo ultrafondamentalista. Ma questa è un’altra storia. Anzi no, forse è proprio la stessa.
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