Parla l'autrice di "leggere Lolita a Teheran"
L'Europa non si rende conto di quello che sta accadendo
Testata: La Repubblica
Data: 12/09/2004
Pagina: 35
Autore: Susanna Nirenstein
Titolo: Il terrore secondo Nafisi novella Sherazade
Ha scritto "Leggere Lolita a Teheran" (in italiano presso Adelphi), uno dei libri più interessanti per capire quello che sta succedendo in Iran. Come si sente in America, dentro il "grande Satana", le chiede la giornalista. "Libera di scrivere, di insegnare. Mi piace soprattutto parlare di quanto mi ci trovo bene", dichiare Azar Nafisi.
Una intervista molto accurata ed un richiamo al libro. Chi non l'avesse ancora letto si affretti a farlo.

Il terrore secondo Nafis novella Sherazade



Quando ci sono repressione e totalitarismo saltano le libertà individuali
Mi domando come l´Europa, passata attraverso l´orrore del 900, non abbia colto le nuove minacce

MANTOVA
SUSANNA NIRENSTEIN

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Azar Nafisi si muove e parla dolcemente, come una Sherazade dei nostri tempi, e del resto anche per lei l´arte del raccontare è stata un rifugio salvifico. Nel 1997 è stata espulsa dall´Iran per essersi rifiutata di indossare il velo all´Università di Teheran dove insegnava letteratura straniera, non prima però di aver tenuto un seminario segreto a sette ragazze, un appuntamento con Nabokov e James, la Austen e Il grande Gatsby, che rappresentava l´unico spazio di libertà possibile, tanti momenti da cui nacque Leggere Lolita a Teheran (Adelphi) che anche da noi è un best seller.
Signora Nafisi, l´Italia è sotto shock per il rapimento delle due ragazze a Bagdad. Pochi giorni fa, in cambio dei due ostaggi francesi, i fondamentalisti hanno chiesto a Parigi l´abolizione della legge sul velo. Cosa c´è che non va nel rapporto tra Islam e donne?
«Quando ci sono repressione e totalitarismo il primo target è la soppressione della libertà individuale. Anche il comunismo condannava che ci si vestisse secondo i propri gusti, lo giudicava decadente. Hitler, Mao preferivano le divise. E´ l´ideologia totalitaria, che in questo caso usa la religione».
Il problema riguarda l´Islam o il fondamentalismo?
«Oggi l´importante è il fondamentalismo, anche se questo non significa che nell´ambito dell´Islam non ci siano cose da cambiare. La via della libertà passa attraverso le donne: quando queste sono trattate come schiave, significa che la società è malata».
Davanti all´esplosione terroristica in atto, la letteratura può ancora rappresentare un universo di libertà valido, come lo fu per lei sotto il regime di Teheran?
«Nei campi di sterminio Primo Levi recitava Dante, si cercava di respirare leggendo Flaubert. Il totalitarismo prende il buono che c´è in te, e tu cerchi nuovi spazi. Nei lager la gente viveva delle memorie più amate, della musica, e così celebrava la vita e non la morte».
Nei lager non si poteva fare altro.
«E´ una reazione comunque. Non si può nemmeno rispondere con lo stesso metodo del nemico».
Non si può usare la violenza?
«A volte è necessaria, ma io non inizio mai una risposta violenta».
Esiste un Islam moderato con cui parlare?
«La democrazia è un valore universale. Il problema non è il moderatismo, ma il laicismo, il problema sono i diritti umani che dovrebbero rientrare in una sfera diversa da quella religiosa».
E´ in contatto con le ragazze a cui insegnava di nascosto a Teheran?
«Sì. Due sono ancora in Iran, ma le altre sono venute via, chi negli Stati Uniti, chi in Germania o in Canada».
E lei come si sente in America, dentro il «Grande Satana»?
«Libera di scrivere, di insegnare. Mi piace soprattutto parlare di quanto mi ci trovo bene. Ma dovunque tu sia non devi mai perdere le tue capacità critiche. Saul Bellow ha scritto "Si può scampare al dolore dell´olocausto; ma è impossibile scampare al dolore della libertà"».
Si aspettava questa ondata terroristica?
«Mi domando come l´Europa, passata attraverso l´orrore del nazismo e di Stalin, non si rendesse conto di quello che stava per avvenire».
Non si accorse neppure del sopravvenire dei totalitarismi nel Novecento.
«Nell´Occidente c´è una polarizzazione che non permette nessun dibattito reale. Bisogna essere più riflessivi».
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