Strage di Beersheva: condanna preventiva di qualsiasi risposta israeliana
dalla barriera difensiva agli avvertimenti alla Siria
Testata:
Data: 02/09/2004
Pagina: 3
Autore: un giornalista - Michele Giorgio
Titolo: Israele: colpiremo i capi di Hamas ovuque. Muro più veloce. - Israele, dopo l'attentato Israele accusa la Siria.
Su Europa di oggi, 02-09-04, un giornalista firma l'articolo "Israele: colpiremo i capi di Hamas ovuque. Muro più veloce ".
Anche di fronte all'evidenza dell'utilità della barriera difensiva (dov'è c'è il muro non ci sono attentati, dove non c'è ci sono, come ha osservato Tzachi Hanegbi)il quotidano della Margherita non ha esitazioni: la barriera salva-vite è "il muro dell'odio", la promessa di Ranan Gissin che l'opera difensiva sarà completata, secondo esigenze di sicurezza, è "minacciosa" (verso chi? chi sarebbe minacciato da una contromisura esclusivamente difensiva?). Non mancano le più consuete distorsioni e malizie lessicali: l'"ovvia rappresaglia israeliana", i "carri armati con la stella di David".
Il comunicato di Hamas non viene commentato: al di là della ripugnanza morale che ispira, è degno di nota che da esso si evince chiaramente come i terroristi considerino Beersheva, città assegnata a Israele fin dal piano di spartizione dell'Onu del 1947, come territorio palestinese. Europa non chiarisce però la cosa ai suoi lettori, perpetuando un diffuso equivoco sul significato del termine "occupazione" per i terroristi palestinesi.
Ecco il pezzo:

Dopo l’ultimo attentato kamikaze a Beersheva crescerà più in fretta il muro dell’odio nel sud della Cisgiordania.
Lo hanno chiesto a gran voce gli abitanti di Beersheva – la città dove 18 persone sono rimaste uccise e 80 ferite in seguito alle esplosioni avvenute su due autobus per opera di due kamikaze – protestando per la lentezza con cui procedono i lavori.
Lo ha promesso solennemente – e minacciosamente – il portavoce del premier Ariel Sharon, Ranaan Gissin: «Lo costruiremo dove può garantire la migliore protezione, non dove dice il mondo». Fino ad ora i lavori erano andati avanti nella zona settentrionale ed anche per questo, ha osservato Gissin – ma la pensano allo stesso modo i cittadini di Beersheva – le operazioni dei terroristi si sono concentrate più a sud.
Oggi stesso sarà avviata la costruzione della barriera tra l’insediamento di Gush Etzion e Levahim.
L’ha ordinato il ministro della difesa Shaul Mofaz, ma secondo il sito internet del quotidiano israeliano Haaretz, in realtà il tracciato non sarebbe stato ancora definito e la costruzione non sarà ultimata prima del 2006.
L’ovvia e attesa rappresaglia israeliana ha intanti avuto inizio.
Ieri mattina, di buon’ora, i soldati dell’esercito con la stella di David si sono presentati con cariche di dinamite a Hebron e hanno demolito la casa di Ahmed Qawasneh, 26 anni, uno dei kamikaze responsabili dell’ultimo attentato. Lo stesso trattamento doveva essere riservato all’abitazione dell’altro terrorista, Nassun Jabari, 22 anni, ma ci sono stati dei rallentamenti nell’attuazione del progetto a causa dell’ubicazione dell’edificio, contiguo ad altre case che sarebbero rimaste danneggiate da un’esplosione.
La risposta più completa, però, è quella che arriverà. L’hanno fatta filtrare i servizi segreti israeliani e l’ha annunciata il capo di stato maggiore, Moshe Yaalon, avvertendo che «Israele si prenderà cura di coloro che sostengono il terrorismo» e menzionando esplicitamente l’Autorità nazionale palestinese, la Siria e gli Hezbollah libanesi. Un alto funzionario della difesa aveva già detto che la Siria continua a finanziare e a offrire sostegno logistico ai terroristi. Una fonte dei servizi di sicurezza ha fatto sapere che nel corso di una riunione con Sharon è stato deciso di riprendere le uccisioni mirate di dirigenti di Hamas «ovunque essi siano».
L’attentato di Beersheva è stato la risposta agli assassinii dei leader di Hamas, Ahmed Yassin e Abdel Aziz Rantisi, avvenuti in due raid mirati la scorsa primavera, hanno fatto sapere le Brigate Izzadin al Kassam, l’ala militare dell’organizzazione, con un volantino di rivendicazione diffuso a Hebron. Il gruppo ha minacciato nuovi attacchi contro cittadini israeliani: «Vi sbagliate se pensate che l’uccisione dei nostri leader incrini la nostra determinazione».
Le Brigate hanno anche detto che il duplice attentato «è un regalo per i nuovi venuti nella nostra terra». Il riferimento è al fatto che la maggior parte delle vittime – di età compresa tra i 3 e i 70 anni – era immigrata dalla Russia, dalla Georgia, dall’Etiopia.
«Gli immigrati sionisti devono comprendere che questo sarà il loro destino se insisteranno ad usurpare le terre palestinesi» hanno scritto i terroristi nel comunicato.
Il premier, intanto, è alle prese con un problema interno: la nomina del nuovo ministro per la sicurezza pubblica, dopo che Tzachi Hanegbi si è dimesso a causa dell’apertura di un’inchiesta a suo carico.
Hanegbi è accusato di favoritismo nell’assegnazione di cariche politiche, reato che avrebbe commesso quando era ministro dell’ambiente, dal gennaio 2001 al marzo 2003.
È in questo clima di grande tensione che si è aperto ieri l’anno scolastico in Israele. Parlando a una scolaresca, Sharon ha detto: «Voglio che questi bambini crescano in un clima di pace e di sicurezza. Sono più che mai determinato a compiere tutti gli sforzi necessari sia per garantire la sicurezza, sia per portare avanti le attività di stato». Un accenno, quest’ultimo, al ritiro da Gaza.
Michele Giorgio firma sul Manifesto a pagina 2 l'articolo "Israele, dopo l'attentato Israele accusa la Siria".
"Il riacutizzarsi della tensione tra Siria e Israele", scrive Giorgio, "aggrava ulteriormente il clima in un Medio Oriente già sprofondato, a causa dell'invasione Usa dell'Iraq e dell'interminabile occupazione israeliana dei territori palestinesi, in una crisi gravissima". Nessuna menzione del terrorismo: il giorno dopo la strage di Beersheva, e nonstante la definizione del piano di ritiro da Gaza, sono "l'invasione Usa dell'Iraq", "l'interminabile occupazione israeliana dei territori palestinesi" e il "minaccioso avvertimento alla Siria" a produrre la crisi in Medio Oriente.
Giorgio lamenta poi le restrizioni imposte alla popolazione di Hebron "non certo responsabile per la strage compiuta a Beersheva". Il che è vero, come è vero che gli attentatori venivano da Hebron, egemonizzata politicamente da Hamas, e che da lì potrebbero arrivarne altri. Una soluzione meno gravosa per la popolazione palestinese potrebbe essere, come dimostra il caso di Jenin, la costruzione della barriera. Ma commentando l'ordine di Shaul Mofaz (ministro della Difesa israeliano) di accellerare la costruzione di quest'ultima Giorgio ci ricorda solerte che essa è stata definita illegale dall'Alta Corte dell'Aja.
Infine il suo articolo ci informa che "volontari internazionali" sono nei territori per "offrire un minimo di protezione ai civili", che non sono, occorre ricordare, l'obiettivo dell'esercito israeliano.
Chissà se una manciata di volontari sarebbe stata utile anche a Beersheva, magari come alternativa pacifista al "muro"...
Dettagliate informazioni sono fornite da Giorgio sulle vicende penali di tal Giordano Tommasi, espulso da Israele dopo un arresto per resistenza a pubblico ufficiale, come se si trattasse di una vicenda di importanza paragonabile ai drammatici eventi di cui il pezzo tratta.
Ecco il pezzo:

Israele ha lanciato ieri un minaccioso avvertimento alla Siria. Secondo l'intelligence militare dello Stato ebraico, il governo siriano avrebbe responsabilità indirette nel duplice attentato suicida di martedì a Beersheva - in cui sono rimasti uccisi 16 civili, tra cui un bambino di tre anni - poiché non ha preso iniziative per bloccare le attività dell'ufficio di Hamas a Damasco, guidato da Khaled Mashaal, il leader supremo del movimento islamico palestinese. «Non voglio entrare nei particolari di ciò che faremo, ma chiunque è colpevole di terrorismo non avrà sonni tranquilli», ha ammonito il generale Moshe Yaalon, capo di stato maggiore israeliano. In precedenza una fonte militare aveva detto al quotidiano Haaretz: «tutti sanno che gli uffici di Hamas a Damasco non si occupano solo di propaganda ma sono comandi operativi a tutti gli effetti. E malgrado assicurazioni ricorrenti agli Stati Uniti, i dirigenti siriani non fanno niente per limitare quelle attività». Israele perciò potrebbe colpire la Siria con un raid aereo simile a quello di un anno fa quando, quando dopo un attacco suicida in un ristorante di Haifa, l'aviazione dello Stato ebraico bombardò un presunto campo di addestramento palestinese non lontano da Damasco. Il riacutizzarsi della tensione tra Siria e Israele aggrava ulteriormente il clima in un Medio Oriente già sprofondato, a causa dell'invasione Usa dell'Iraq e della interminabile occupazione israeliana dei territori palestinesi, in una crisi gravissima di cui, probabilmente, non abbiamo ancora visto tutte le conseguenze. La prima reazione israeliana sul terreno dopo l'attentato di martedì, è stata quella di isolare Hebron (Cisgiordania) - da dove sono partiti i due kamikaze - e di imporre restrizioni a all'intera popolazione che certo non è responsabile per la strage compiuta a Beersheva da Nassim Jabari, 22 anni, e Ahmad Kawasmeh, 26, entrambi militanti di Hamas. Nassim, ad esempio, aveva detto alla famiglia che intendeva andare a Beersheva per partecipare a un matrimonio «come mai aveva visto». I suoi familiari quindi erano all'oscuro delle sue intenzioni. L'esercito israeliano invece, ieri all'alba, ha ugualmente demolito la loro abitazione a scopo punitivo. Il secondo provvedimento deciso da Israele è stato l'ordine del ministro della difesa, Shaul Mofaz, di accellerare la costruzione del muro in Cisgiordania che, secondo il governo Sharon, proteggerà il paese dagli attacchi suicidi palestinesi (l'Alta Corte di Giustizia dell'Aja ha definito illegale la barriera, costruita all'interno di un territorio occupato militarmente).

Intanto ieri in un clima di profondo cordoglio sono state sepolte le sedici vittime di Beersheva, in buona parte immigrati dalla Russia, dalla Georgia, dall'Etiopia. In un comunicato Hamas ha detto che, oltre a vendicare l'assassinio dei suoi leader, lo sceicco Ahmed Yassin e Abdel Aziz Rantisi, compiuto da Israele la scorsa primavera, ha voluto anche lanciare un preciso avvertimento agli immigrati che giungono in Israele.

«Gli immigrati sionisti devono comprendere che questo sarà il loro destino se insisteranno ad usurpare la terre palestinesi», è scritto nel volantino. Nei prossimi giorni l'esercito israeliano dovrebbe anche intensificare le cosiddette «esecuzioni mirate» di dirigenti e militanti di Hamas ed altre organizzazioni palestinesi. E aumenterà anche il numero delle incursioni dei reparti speciali nelle città di Cisgiordania e Striscia di Gaza. A Nablus, ritenuta da Israele una base dei gruppi armati Brigate dei martiti di Al-Aqsa e Ezzedin Al-Qassam, la popolazione civile, già provata dai raid continui del mese di agosto, si prepara ad affrontare altri giorni difficili. Il coprifuoco, imposto spesso, potrebbe avere conseguenze anche sul regolare svolgimento dell'anno scolastico ripreso ieri.

La presenza nei Territori occupati di decine di volontari internazionali sta offrendo un minimo di protezione ai civili e sarà fondamentale nelle prossime settimane quando in Cisgiordania avrà inizio la raccolta delle olive, periodo in cui i contadini palestinesi spesso devono fare i conti con i coloni israeliani. Per alcuni dei volontari tuttavia le conseguenze potrebbero essere pesanti. Era attesa la scorsa notte l'espulsione da Israele di Giordano Tommasi, il giovane veronese arrestato il 27 agosto, processato per resistenza a pubblico ufficiale e altri reati e rinchiuso nel carcere di Ramle (Tel Aviv).

Accuse che Tommasi ha sempre respinto con fermezza, ribadendo di aver pagato a caro prezzo il fatto di aver ripreso con la sua telecamera l'arresto di un suo compagno che, ad Abu Dis, era salito sul muro che Israele sta costruendo intorno a Gerusalemme. La Corte di Appello israeliana ha respinto il ricorso contro l'espulsione presentato dal giovane che in carcere ha anche attuato uno sciopero della fame in segno di protesta. Il provvedimento avrà un'altra grave conseguenza: a Giordano Tommasi, con ogni probabilità, verrà impedito in futuro l'ingresso in Israele e nei Territori occupati palestinesi.
Sempre Giorgio firma la cronaca del Mattino: "Tensione Israele-Siria dopo l'attacco kamikaze", a pagina 4
Titolo, occhiello e foto non rendono conto dei funerali delle 16 vittime del duplice attentato a Be'er Sheva. E' durato solo un giorno l'orrore per l'ennesimo atto di barbarie del terrorismo palestinese. Oggi Il Mattino passa al contrattacco facendo credere che ci sia stata una "violenta" risposta israeliana, che fino ad ora, invece, è stata minima. Oltre a una piccola foto di Sharon c'è n'è una, più grande e ben in vista, di un ragazzo palestinese tra le macerie della casa, demolita dall'IDF, del terrorista di Hamas La foto è invece l'unica pubblicata dal Manifesto, per il quale però rappresenta gli effetti di un generico "raid" a Khan Younis. Nessuna foto che trasmetta al lettore la disperazione dei parenti delle vittime nell'ultimo addio ai propri cari.
Nell'articolo, Giorgio, dopo aver liquidato in 4 righe "le scene di disperazione e dolore" dei funerali, si dilunga sui proclami genocidi di Hamas e, con abile maestria nell'uso del condizionale, riporta le dichiarazioni e le azioni israeliane. Per tutti Khaled Mashaal, uno dei pezzi grossi del terrorismo di Hamas, è nascosto in Siria sotto la benevola protezione del ditttatore Assad, ma Giorgio lo mette in dubbio ( "... Bashar Assad sarebbe "responsabile" di ospitare a Damasco Khaled Mashaal..."). Ancora: è nota la presenza, in Siria, di basi di addestramento per terroristi palestinesi, ma Giorgio, descrivendo un raid aereo israeliano di circa un anno fa sulla stessa Siria, parla, come sul Manifesto, di "presunta base della guerriglia palestinese" (da notare anche l'utilizzo della parola "guerriglia" al posto di "terroristi"). "Presunti", per Giorgio, sono anche i membri di Hamas arrestati nelle ultime ore dall'esercito israeliano.
Infine, Giorgio, attraverso le parole dello zio di uno dei due terroristi, lascia passare l'immagine dell'attentatore come quella di un bravo ragazzo, per giunta lavoratore, che non destava alcun sospetto. Insomma, davvero una persona per bene che ha avuto soltanto un incidente di percorso, forse perchè portato alla disperazione dalle azioni israeliane.

Gerusalemme. Tra scene di disperazione e dolore, sono state sepolte ieri le 16 vittime del duplice attentato suicida di martedì compiuto a Beersheva da due palestinesi. In gran parte venivano dalla Russia, dalla Georgia e dall'Etiopia. Hamas, il gruppo islamico che ha rivendicato l'azione kamikaze, in un suo volantino ha confermato di aver intenzionalmente preso di mira gli immigrati ebrei, oltre ad aver voluto vendicare i suoi leader - lo sceicco Ahmed Yassin e Abdel Aziz Rantisi - assassinati la scorsa primavera da Israele. «Gli immigrati sionisti devono comprendere che questo sarà il loro destino se insisteranno ad usurpare la terre palestinesi», è scritto nel volantino di Hamas.
Nel centro di «assorbimento per la immigrazione» di Beersheva ieri regnava una profonda tristezza. Tre delle vittime erano giunte da poco in Israele, altre due erano dipendenti della «Agenzia ebraica», addetta proprio alla accoglienza di nuovi immigrati.
Il governo israeliano nel frattempo ha deciso di replicare all'attentato di Beersheva intensificando le cosiddette «esecuzioni mirate» di dirigenti e militanti di Hamas. L'esecutivo del premier Ariel Sharon allo stesso tempo alza il tiro politico e punta l'indice contro la Siria del presidente Bashar Assad perché sarebbe «responsabile» di ospitare a Damasco Khaled Mashaal, il leader in esilio del movimento islamico palestinese. Secondo l'intelligence militare israeliano l'attacco kamikaze di Beersheva sarebbe stato concepito proprio nell'ufficio di Hamas in Siria. Israele ha quindi lanciato un pesante avvertimento a Damasco (e anche all'Autorità Nazionale Palestinese di Yasser Arafat) che gli esperti considerano molto serio. L'aviazione dello Stati ebraico circa un anno fa colpì una presunta base della guerriglia palestinese a pochi chilometri da Damasco. In quell'occasione la Siria non reagì ma oggi, di fronte a un nuovo raid aereo, potrebbe scegliere di rispondere. La tensione Israele-Siria aggrava ulteriormente la situazione in un Medio Oriente sprofondato in una crisi gravissima.
Intanto da martedì notte Hebron - la cità da dove erano partiti i due attentatori - è accerchiata da forze militari israeliani. La abitazione di uno dei kamikaze è stata rasa al suolo, e la casa del secondo verrà abbattuta al più presto. Ieri si è appreso che uno dei due kamikaze aveva raccontato alla famiglia di doversi recare ad un matrimonio. «Dopo la preghiera del mattino ha detto a suo fratello che sarebbe andato a Beersheva per assistere ad un matrimonio», ha raccontato Jamil Jabari, zio materno del kamikaze Nassim Jabari. Jabari, 22 anni, faveva l'operaio, l'altro kamikaze, Ahmad Qawasmeh, 26 anni, lavorava in una fabbrica d'alluminio. «Nassim era un ragazzo modesto, amato da tutti nulla faceva pensare che avesse idee estremiste», ha aggiunto lo zio che ha riferito che il nipote digiunava da una decina di giorni per solidarietà con migliaia di detenuti palestinesi in sciopero della fame da metà agosto in segno di protesta per le condizioni di vita in carcere. Nel frattempo l'esercito israeliano è sempre impegnato in rastrellamenti e ha compiuto una quindicina di arresti di presunti membri di Hamas. Intanto il ministro della Difesa Shaul Mofaz ha ordinato che i lavori di costruzione in quel tratto siano accelerati.
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