I conti sbagliati del terrorismo: in Israele si vive bene
e i palestinesi sono stanchi dell'Intifada.Corrispondenza da Gerusalemme
Testata:
Data: 16/08/2004
Pagina: 1
Autore: Angelo Pezzana
Titolo: I conti sbagliati del terrorismo: in Israele si vive bene
Israele e' stato classificato dall'Indice dello sviluppo umano delle Nazioni
Unite al 22mo posto fra 177 paesi analizzati.
Per livello economico-culturale, aspettativa di vita, condizione della donna
e altri fattori che qualificano la qualita' della societa' nel suo insieme,
Israele e' fra gli stati al mondo dove si vive meglio. E' interessante
notare che tutti gli Stati arabi sono invece verso il fondo della lista.
L'Egitto al numero 120, la Siria al 106, un po' meglio l'Autorita'
palestinese che si piazza al 102, trovandosi cosi' ad essere il primo fra
gli arabi, malgrado la propaganda continui a presentare i territori
palestinesi solo e sempre come delle bidonvilles con le fogne a cielo
aperto.
Una volta tanto l' ONU ha ragione. Perche' e' questa l'impressione che si
prova ogni volta che si arriva in Israele. Dipendera' dal fatto che questa
gente lo Stato non l'ha trovato in eredita', ma ha contribuito a rifondarlo
e costruirlo, sara' pure il fatto che da sempre sono costretti a difenderlo
contro chi vorrebbe portarglielo via. Per cui non e' esagerato affermare che
gli israeliani amano davvero il posto dove vivono. E questo amore, questa
gioia la comunicano immediatamente, lo si avverte. La realta' che si trova
davanti chi arriva per conoscere, sapere, vedere con i propri occhi per
capire, e' sorprendente. Per essere un paese in guerra, Israele sembra tutto
l'opposto.
A Gerusalemme, la capitale, non si e' mai vista tanta gente in giro per le
strade, malgrado sia agosto,, con le scuole chiuse come da noi e moltissimi
in viaggio per le vacanze. Ristoranti, bar, cinema, per entrare si deve fare
la coda. L'incubo degli attentati sembra finito. Israele ha vinto davvero
la guerra contro l'Intifada ? Avi Dichter, il capo dello Shin Bet (il
servizio di sicurezza interna) ha dichiarato che non se la sente ancora di
apporre la firma sull'atto di morte, ma lascia capire che ci siamo vicini.
Che il terrorismo suicida sia moribondo lo dicono i numeri. Nel 2002 ci
furono 46 stragi, 18 nel 2003, quest'anno, sino ad oggi, 4. E, fatto di
notevole rilievo, nessuna dopo l'eliminazione dello sceicco Yassin e di
Abdel Aziz Rantisi, la cui morte avrebbe dovuto riempire di sangue le strade
israeliane. Sono questi I numeri che meglio di ogni altro ragionamento
spiegano l'utilita' della barriera difensiva, quel "muro" che certi
organismi internazionali, ONU in testa, vorrebbero imporre a Israele di
abbattere. Che la fine del terrorismo suicida significhi la vittoria di
Israele su chi vorrebbe eliminarla e' troppo presto per dirlo. Di tentativi
di stragi ce ne sono stati anche quest'anno, 22 solo nel mese di giugno,ma
sono stati sventati. 6000 palestinesi coinvolti nel terrorismo sono finiti
dietro le sbarre, e con loro centinaia di '' shahid'', i '' martiri'' pronti
a farsi saltare in aria. Certo, I missili Kassam che Hamas, la Jihad
islamica e il Fatah di Arafat lanciano da Gaza sulle citta' di confine in
Israele ci dicono che la Guerra sta assumendo un'altra dimensione. Con la
materia prima in galera e'difficile far saltare in aria autobus, ristoranti,
bar e discoteche. Ma anche I missili Kassam verranno fermati. Arafat & soci
non hanno fatto bene i loro calcoli, hanno investito in una guerra senza
valutare le capacita' e le risorse dell'avversario. Hanno contato troppo
sull'aiuto internazionale che hanno ricevuto e che ancora abbondantemente
ricevono. Ma non avevano messo in conto che la pazienza del loro stesso
popolo non e' infinita. L'esplosione di rabbia e rivolta contro la
corruzione dell'Autorita' palestinese (leggi Arafat) e' quotidiana. I
palestinesi cominciano a dire chiaro e forte che e' meglio essere al numero
22 della lista piuttosto che al 102. Anche se Arafat festeggia il suo
compleanno dicendo '' crisi, quale crisi ? '', ormai non inganna piu'
nessuno. Nemmeno i suoi. Anche i giornali della sinistra israeliana che gli
hanno sempre riservato un trattamentodi favore, ora lo paragonano a Maria
Antonietta. ''Crisi, quale crisi ?'', se non c'e' piu' pane i palestinesi
mangino brioches, sembra suggerire il rais. Dopo la tragedia, il ridicolo.
La guerra per la sopravvivenza ha pero' molte facce. Le esamineremo nei
prossimi articoli.