L' indifferenza verso le stragi nel Darfur
e l'indulgenza verso il regime islamista sudanese
Testata: Avvenire
Data: 12/08/2004
Pagina: 1
Autore: Gerolamo Fazzini
Titolo: Nel Darfur un'umanità di serie B
Il dramma in corso nel Darfur non riguarda direttamente il Medio Oriente. Riguarda però un regime islamista dominato da una classe dirigente araba ferocemente razzista verso le popolazioni africane cui nega il diritto all'autodeterminazione. Così come il nazionalismo arabo fa ogni qual volta si confronta con le rivendicazioni nazionali di altri popoli: curdi, berberi, ebrei o neri africani.
Riguarda inoltre l'inerzia un' Europa che trova utile discutere, di fronte a migliaia di morti, dell'apprpriatezza del termine "genocidio" e non di come si possa fermare la strage. L'indifferenza di opinioni pubbliche e movimenti pacifisti inclini a pensare che ogni male venga dagli Stati Uniti e da Israele.
Sulla vicenda riportiamo l'articolo di fondo di Gerolamo Fazzini, dall'Avvenire di oggi, 12-08-04

Quella del Darfur è una tragedia nella tragedia. Nella regione sudanese è in corso una guerra interetnica e intra-islamica. A lungo emarginate dal governo centrale, un anno e mezzo fa le popolazioni nere autoctone, di origine nilotica, si sono ribellate armando due movimenti di «autodifesa» contro Khartum. Per tutta risposta le milizie janjaweed , arabe, da allora attaccano sistematicamente i villaggi del Darfur, costringendo i civili alla fuga e lasciando dietro di sé una scia di violenze, massacri, stupri, terrore ovunque.
Evidentemente, però, al Darfur non basta detenere il tragico primato di essere teatro della «peggiore crisi umanitaria al mondo» (Kofi Annan dixit, e nessuno sin qui l'ha smentito).
Non è bastato nemmeno che Pieter Feith - capo del team di esperti inviato dall'Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza di Bruxelles - tornasse dalla missione nella tribolata regione sudanese dichiarando che lì, nel Darfur, «è in atto un silenzioso stillicidio di uccisioni su vasta scala». Feith, che pure non risparmia critiche a Khartum, ha però dichiarato che quello in corso nel Darfur non sarebbe genocidio. E che cosa è, allora?
E l'Onu? Il Consiglio di sicurezza del Palazzo di vetro ha sì approvato una risoluzione (presentata dagli Usa) che intima al governo sudanese di fermare le incursioni delle milizie arabe, pena l'adozione di pesanti sanzioni economiche e militari. Ma il rischio che la decisione resti lettera morta è alto.
In sintesi: la comunità internazionale discute, mentre nel Darfur si continua a morire. Da mesi.
Forse non si tratterà di «genocidio» in senso tecnico. Giocano, in questo conflitto, anche questioni di potere ed economiche Il prefetto apostolico di una diocesi del Ciad che ben conosce quanto accade nel vicino Darfur è esplicito: «La distruzione sistematica dei villaggi, nel Nord Darfur (ma ora bisognerebbe dire in tutto l'Ovest Darfur) e soprattutto dei pozzi e delle greggi, è organizzato in modo che le fer ite inflitte cerchino di spaventare, per il loro carattere permanente e invalidante, le popolazioni». Il che fa pensare alla volontà di far passare un messaggio: «Partite di qui. Non vi vogliamo più vedere».
Chiamiamolo come vogliamo. Ma quel che è in corso nella regione occidentale dell'immenso Sudan è qualcosa che va fermato, e presto. Ricordate Tito Livio? «Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata». La violenza delle milizie janjaweed ha già prodotto 30mila vittime (c'è, però, chi azzarda la cifra di 50mila), un milione di sfollati interni (una cifra immensa, in un Paese appena uscito da una guerra ventennale) e quasi 200 mila profughi nel confinante Ciad.
Il Papa, dal canto suo, non ha cessato in questi mesi di richiamare l'attenzione sul Darfur. «La guerra, intensificatasi nel corso di questi mesi, porta con sé sempre più povertà, disperazione e morte - ha ripetuto nell'Angelus del 25 luglio -. Come restare indifferenti?».
Lavarsi la coscienza con mere dispute legali non si può. Né è giusto delegare alle organizzazioni umanitarie l'unica forma di intervento nell'area. Il Darfur aspetta segnali concreti e urgenti. Su quella gente da tempo aleggia il tremendo sospetto di essere umanità di serie B. Ogni indugio, ogni bizantinismo non farebbe che confermarlo.
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