Il terrorista arrestato a Milano voleva colpire il metrò di Parigi
l'inchiesta dei magistrati
Testata: Corriere della Sera
Data: 10/06/2004
Pagina: 18
Autore: Giuseppe Guastella
Titolo: Metrò di Parigi, un piano dei terroristi
I terroristi arrestati a Milano progettavano un attentato nella metropolitana di Parigi. Un resoconto dell'inchiesta sul terrorismo islamista in Italia.
MILANO — « La situazione si sta stringendo » .
Mohamed « è in movimento » a Parigi. Mourad e Rabei lo raggiungeranno presto. Sono pronti al martirio. È il piano ordito nelle ultime settimane da Osman Sayed Ahmed Rabei, ma svelato dalle intercettazioni della Digos di Milano. Rabei, ritenuto il capo della cellula di Al Qaeda responsabile degli attentati dell’ 11 marzo in Spagna, è stato fermato lunedì a Milano prima che partisse per la Francia. Come per Madrid, anche questo attacco avrebbe insanguinato una vigilia elettorale. E i sospetti sono sul metrò della capitale francese come bersaglio.

L’ATTENTATO — Dai documenti dell’inchiesta condotta dai pm Armando Spataro e Maurizio Romanelli non emerge con chiarezza quale fosse l’obiettivo e neppure se nel mirino ci fosse la Francia. Elementi messi insieme a uno a uno lasciano però ritenere agli investigatori che qualcosa di terribile dovesse accadere a Parigi, forse sul metrò.
Rabei, detto Mohamed l’egiziano, parla a lungo e con dovizia di particolari al suo discepolo- kamikaze, il palestinese di 21 anni Mohamed Yahia arrestato anche lui lunedì nel blitz. Le sue parole sono captate dalle microspie con cui la Digos ha imbottito la casa. Anche il suo cellulare italiano, quello che lo collega alla strage di Madrid, è sotto controllo mentre parla con Mourad ( arrestato) che sta in Belgio. È il 24 maggio e « Mourad si sta preparando a lasciare il Belgio. È chiaro che « intende compiere un’operazione suicida » , scrivono i magistrati nelle carte d’inchiesta.

PRONTO ALLA STRAGE — Mourad sembra addirittura venerare il suo capo. « Ho tanta voglia di vederti, credimi, la tua immagine non mi abbandona mai — gli dice chiamandolo dal Belgio — ( ...)
tu cerca di andare a Parigi per incontrarti con il nostro fratello Mohamed lì e dagli tutta la mappatura necessaria e tutti i telefoni e i nomi » . Attento perché « i controlli sono severi » , ma « figli di cani, vediamo il modo per farlo. (...) C’è chi vi porta tutto? » . « Si, c’è tutto » , risponde Rabei » .
145 EURO — I complici si scambiano i dettagli dell’operazione parlando in codice. Il 26 maggio Rabei istruisce il contatto parigino dicendogli di andare a « prendere i 145 euro che sono pronti, se Dio vuole » . In parte li terrà per sé, il resto lo darà al « fratello algerino » , forse Mourad che deve arrivare. Potrebbe non trattarsi di soldi, ma di qualcosa di ben più pericoloso. Dal Belgio Mourad « dovrà arrivare a Parigi al più presto » perché « l’operazione sta andando avanti » . Il sospetto di un attentato alla metropolitana nasce quando Rabei « chiede — scrivono i pm — informazioni sulla città, sul metrò, sui controlli e sulle ispezioni » .
CELLULARI E SMS — Le bombe di Madrid sono state innescate con una serie di cellulari che hanno squillato contemporaneamente. Le minuziose indagini della Questura di Milano svelano che Mohamed l’egiziano sa usare il computer per mandare messaggi sms contemporaneamente a più telefonini. Anche Mourad sa usare il pc e in particolare un programma che lo mette in comunicazione video- audio diretta con il suo uomo- guida Rabei.

LE DONNE — Donne kamikaze, una donna che mette nei guai Mohamed l’egiziano e matrimoni con cristiane ammessi in nome della guerra santa perché consentono di ottenere la cittadinanza europea. Hotaf era pronta a saltare in aria, ma « è stata scoperta — racconta Rabei a Yahia — dopo essere stata « preparata » « con tanti medicinali. Se buttano una stick spazza via un quartiere americano » . « Ci sarà la vittoria dell’Islam » perché ci sono altre donne come Amal ( « è pronta » ) , Hanan e Fatiha. Ma basta una moglie a gettare l’uomo di Al Qaeda « in uno stato psicologico molto brutto » . « Per un debito mi ha denunciato in Egitto. Questa volta è una cosa molto seria. È andata all’ambasciata e ai servizi segreti egiziani. Mi ha fatto una grande causa » .

IN OLANDA — « C’è stato un gruppo pronto in Olanda » , ma ora, racconta Rabei a Yahia, « c’è solo uno che è pronto. È agitato, è appena uscito dal carcere, ma ogni cosa a suo tempo. Sappi che ho conosciuto altri fratelli che a poco a poco ho creato con poche cose. Prima erano spacciatori, criminali. Io gli ho fatto conoscere la fede e adesso sono loro i primi a chiedermi quando è il momento della jihad. Qualcuno è andato in Afghanistan e altri stanno pregando e aspettano » .

VERTICE — Ieri i magistrati delle procure, una ventina, che indagano sul terrorismo islamico si sono incontrati a Roma. Hanno deciso di avviare un coordinamento nazionale.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione del Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.
lettere@corriere.it