Bush ottiene il consenso internazionale su Iraq e Grande Medio Oriente
i retroscena del G8
Testata: La Stampa
Data: 09/06/2004
Pagina: 11
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: Il grande giorno di Bush: «Gli scettici sono battuti»
Su LA STAMPA di oggi Maurizio Molinari, inviato a Savannah, si sofferma sui retroscena del summit del G 8 dove, tra le altre cose, si discute del progetto del Greater Middle East. Un aiuto a capire cosa succede in Medio Oriente.
«E' una grande vittoria per il popolo iracheno, un momento importante catalizzatore dei cambiamenti in Medio Oriente». Il presidente americano, George W. Bush, nasconde a fatica la soddisfazione per la battaglia vinta alle Nazioni Unite mentre riceve nella elegante Dunbar House di Sea Island il premier giapponese Junichiro Koizumi. Per la Casa Bianca l'approvazione della risoluzione che legittima il passaggio dei poteri in Iraq ed apre la strada alla transizione verso le elezioni del 2005 conclude una maratona diplomatica iniziata ancor prima dell'attacco a Saddam perché riesce lì dove fino ad ora si era fallito: ritrovare l'unità di intenti con gli alleati europei e russi. Koizumi è uno dei leader che non ha mai fatto mancare il sostegno a «Iraqi Freedom» - prima facendo leva sugli aiuti economici e poi con l'invio di oltre mille soldati - ed ora rende omaggio al presidente americano: «E' un leader forte e determinato che anche nei frangenti più difficili ha sempre continuato a lavorare per la pace e la sicurezza». Nel momento del successo Bush non resiste alla tentazione di levarsi qualche sassolino dalle scarpe: «Sono contento che ci sia l'intesa sulla risoluzione perché in alcuni momenti c'è stato chi pensava che non ve ne sarebbe mai stata una, bene adesso il voto c'è stato e questo significa che i membri del Consiglio di Sicurezza sono interessati a fare dell'Iraq una nazione, libera, pacifica e democratica». Di più non dice perché adesso l'imperativo è guardare avanti, trasformare il voto alle Nazioni Unite nel volano politico del successo del summit del G-8 per approvare l'iniziativa sul «Grande Medio Oriente» ovvero una politica comune a favore delle riforme e dello sviluppo nella regione da cui si è originato il terrorismo degli attacchi dell'11 settembre 2001. Per questo Bush definisce a più riprese l'Iraq un «catalizzatore del cambiamento». Fatto l'accordo su Baghdad con Mosca, Parigi e Berlino le maggiori potenze possono lasciarsi alle spalle le profonde divisioni sulla guerra e studiare assieme iniziative politiche ed economiche di ampia portata, a cominciare dal coordinamento degli aiuti allo sviluppo al fine di spingere le più reticenti capitali del mondo arabo ad accettare la sfida delle riforme.
L'interrogativo che resta è se Parigi, Berlino e Mosca adesso invieranno truppe in Iraq nelle fila della nuova «forza multinazionale» sancita dalla risoluzione. Bush, che fino a ieri le aveva chieste con insistenza, adesso non ha più tanta fretta: «Ciò che serve è contribuire ad addestrare le forze irachene ai nuovi compiti di sicurezza». Come dire: benvenuto chi manderà soldati ma ora lo sforzo deve essere concentrato nella ricostruzione dell'Iraq, affinché sia in grado di difendersi da solo dalle minacce della guerriglia e del terrorismo, consentendo il progressivo ritiro delle forze alleate. Ciò che invece Bush chiede agli alleati è condividere la decisione di ridurre drasticamente - di almeno l'80 per cento - il debito iracheno, pari a circa 120 miliardi di dollari, per favorire il rilancio economico. Dopo Koizumi, Bush ha ricevuto nella Dunbar House i leader di tre Paesi capofila dell'ex fronte dei critici. Il premier canadese Paul Martin ha assicurato il «totale sostegno alla guerra al terrorismo». Il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder ha definito la risoluzione una «buona base per rafforzare la stabilità della regione e dell'Iraq». Il presidente russo Vladimir Putin ha parlato di «grande passo avanti». Giovandosi di un clima disteso come mai dalla fine del 2002, Bush ha reso omaggio a chi ha scelto di sostenere il passaggio dei poteri in Iraq: «Queste nazioni comprendono che un Iraq libero aiuterà i cambiamenti nel Grande Medio Oriente che fanno parte della guerra contro il terrore». Washington punta a far uscire dal summit di Sea Island un'intesa strategica di ampie dimensioni e così negli incontri si è parlato non solo di Iraq ma anche degli altri scenari di crisi: dalla necessità di rafforzare gli accordi esistenti contro la proliferazione di armi non convenzionali, al nucleare della Nord Corea e dell'Iran fino alla necessità di accelerare processo di pace fra israeliani e palestinesi. In serata, arrivati anche Jacques Chirac, Silvio Berlusconi e Romano Prodi i leader si sono ritrovati attorno al tavolo della McGuirk House per la cena che ha dato formalmente inizio ad un summit che Bush sente di aver già vinto.
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