Arafat è un ostacolo per la pace
Mubarak lo ha capito e agisce di conseguenza
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Data: 09/06/2004
Pagina: 5
Autore: un giornalista
Titolo: Anche Mubarak perde la pazienza e Arafat è sempre più solo
Sul RIFORMISTA di oggi viene pubblicato un articolo che spiega come i rapporti tra il presidente egiziano e Arafat si stiano sfaldando. Le ragioni sono abbastanza semplici: L'Egitto s'impegnerebbe ad aiutare l'Anp nella gestione di Gaza se fosse effettivamente possibile farlo; ciò, di fatto, comporterebbe l'unificazione delle forze di sicurezza palestinesi (attualmente 13) e un loro controllo decentrato. Questo però non sta bene a Arafat il quale vedrebbe ridimensionarsi i propri poteri. Ecco il pezzo.
Il presidente egiziano Hosni Mubarak ha perso definitivamente la pazienza con Yasser Arafat. Da subito, ha ordinato Mubarak, il presidente dell'Autorità nazionale palestinese deve cedere al primo ministro Ahmed Qurei il controllo degli organismi di sicurezza. Di più: Arafat deve ridurli a tre soli, la polizia, l'apparato di prevenzione e l'intelligence. Nei giorni scorsi è stato il capo dei servizi segreti egiziani, l'attivissimo Omar Suleiman a presentare queste condizioni ad Arafat nel bunker semi-distrutto di Ramallah. «Prendere o lasciare se si vuole il coinvolgimento dei consiglieri militari egiziani nei progetti di sicurezza nella Striscia di Gaza», ha detto a muso duro Suleiman, riferendosi al prossimo intervento di 80 ufficiali egiziani che, a partire dal 15 giugno, dovrebbero entrare in funzione a Gaza. La reazione del leader palestinese è stata, come al solito, ambigua. Ha scritto una lettera personale a Mubarak per controbattere punto per punto alle sue richieste. Risultato: la missiva è stata rispedita al mittente. Nel suo recente viaggio al Cairo, il ministro degli Esteri israeliano Silvan Shalom, che ha incontrato, oltre Mubarak, anche Suleiman e Osama Baz, il principale consigliere politico del governo egiziano, ha potuto constatare di persona quanto siano «seri e finali» i progetti del presidente egiziano sul futuro della Palestina, ora che Gaza dovrebbe essere definitivamente abbandonata sia dall'esercito israeliano sia dai coloni. «Arafat è stato messo di fronte alle sue responsabilità. Questa volta non può più bluffare», ha riferito lo stesso Shalom al primo ministro Ariel Sharon, una volta tornato a Gerusalemme. Nel prossimo fine-settimana, Suleiman per l'ennesima volta cercherà di costringere Arafat a cedere i suoi poteri e a ritagliarsi un ruolo esclusivamente formale come presidente dell'Anp. Se non dovesse farlo, Mubarak, d'accordo con l'amministrazione americana, potrebbe dare il suo ok al trasferimento coatto di Arafat verso qualche paese arabo disposto ancora ad accoglierlo.
I kamikaze iraniani
Sono già duemila i volontari iraniani che si sono offerti per attentati suicidi in Iraq e in Israele. La conferma arriva da Mohammad Samadi, il portavoce del gruppo terroristico, con base a Teheran, denominato comitato per la commemorazione dei martiri del movimento islamico mondiale. «Il 25 per cento di coloro che hanno firmato la loro adesione sono sotto i 18 anni, il 55 per cento fra i 18 e i 40 anni e il resto va da 40 a 80 anni» ha dichiarato Samadi al quotidiano riformista iraniano Shargh. «Il più giovane dei martiri ha solo 7 anni». Il comitato degli shahid (martiri) è stato formato solo un mese fa nella capitale iraniana. Si è vantato sempre Samadi: «Le operazioni suicide sono il modo migliore per combattere gli oppressori. Hanno già mostrato la loro efficacia in Libano e durante la guerra Iran-Iraq». La nascita di questo nuovo gruppo fondamentalista indica che la teocrazia iraniana, almeno nelle sue componenti più radicali, non ha alcuna intenzione di mollare la presa sull'Iraq del dopo-Saddam. La prova più recente è la contrapposizione fra la dirigenza sciita di Teheran e quella di Najaf, la città santa irachena. Da una parte, è sceso in campo personalmente Ali Khamenei, la guida spirituale iraniana, che ha sostenuto la necessità di trasferire in Iraq lo stesso sistema di potere sperimentato in Iran dalla rivoluzione khomeinista in poi. Dall'altra, gli ha risposto picche il grande ayatollah Al Sistani, la massima autorità religiosa sciita dell'Iraq, il quale si batte invece per la separazione fra stato e moschea. Per il momento, Sistani sembra aver resistito bene alle pressioni degli ayatollah iraniani. E' riuscito anche a mettere in riga il giovane Moqtada Al Sadr. Ma nessuno, fra i collaboratori di Sistani, si fa troppe illusioni su quello che potrebbe accadere in futuro. Khamenei è pronto a dichiarare guerra al grande ayatollah di Najaf se non comincerà ad obbedire ai diktat di Teheran. Nei prossimi giorni, potrebbero scapparci anche morti eccellenti. Ecco perché la casa di Sistani, non molto distante dalla moschea di Ali, a Najaf, è più che mai sorvegliata dai miliziani sciiti, ma anche, più discretamente, dalle truppe della coalizione internazionale.
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