14 sì, 7 no- il governo approva il piano Sharon
nella analisi di Fiamma Nirenstein
Testata: La Stampa
Data: 07/06/2004
Pagina: 9
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: Sharon ottiene il sì del governo al ritiro da Gaza
Il governo Sharon approva il ritiro da Gaza. Ecco la cronaca di Fiamma Nirenstein sulla Stampa di oggi 7-6-2004
GERUSALEMME
Alla fine risulterà una delle più importanti decisioni mai prese nella storia di Israele: ma ieri sera, al voto delle diciannove e cinquantacinque, 14 ministri contro 7, alla conclusione di una giornata di convulsioni politiche senza pari, si è percepito soprattutto quanta fatica ha fatto la destra a passare dalla parte delle concessioni territoriali, ovvero alla linea che fino a ieri è stata considerata quella del nemico. Il documento, parla nella prima pagina di «separazione corretta» e non di sgombero, ma a pagina due già nomina gli insediamenti da sgomberare: Kfar Darom, Morag, Netzarim. Il compromesso c’è stato, e consiste soprattutto nello stabilire che solo a marzo del 2005 ovvero quando lo sgombero diventerà affettivo, si dovrà votare di nuovo per confermare la decisione di massima presa ieri.
Ma il dado è stato tratto, il generale che ha creato gli insediamenti, combatte con tutta la sua forza persino contro i suoi per sradicarli dai luoghi dove la loro esistenza non è compatibile con una sovrastante maggioranza di popolazione palestinese e con una nuova politica di confini difendibili dopo l’ondata di terrorismo degli ultimi quattro anni. In una parola, per una nuova speranza di pace. Sharon ha pensato che la gente è con lui; l’opinione pubblica internazionale lo è; Bush si è impegnato a sostenere il suo programma fino in fondo, anche la Comunità Europea si è convinta; e gli Egiziani sono addirittura dentro al giuoco, con l’impegno di sorvegliare la situazione a Gaza, per evitare che vi si crei una situazione estrema che non conviene a nessuno. I palestinesi, di fatto pensano a come gestire la nuova situazione.
Ariel Sharon, così ha ripetuto che non gli importa niente di come la si vorrà chiamare: «separazione programmata», come è scritto nel documento rivisto, o «sgombero» come la chiama lui: «Intendo uscire da Gaza e da parte della Cisgiordania, sgomberare gli insediamenti». L’ha confermato col suo atteggiamento infuriato, un ministro del partito di destra Mafdal, Effi Eitan: «Niente può imbiancare una delle decisioni più nere della storia: migliaia di persone saranno sradicate dalle loro case, ed esse verranno consegnate ai terroristi. Sharon mette in pericolo lo stato». Ma Ariel Sharon già la sera, di fronte a un raduno di giovani, annunciava con baldanza: «Il popolo d’Israele ha preso il destino nelle sue mani; lo sgombero si compirà entro il 2005». «La decisione del governo - ha aggiunto - è un messaggio destinato agli israeliani, ai palestinesi e al mondo intero. Israele prende il futuro nelle proprie mani.
Il documento era stato mediato, per non spaccare il suo partito,il Likud, la cui maggioranza gli aveva votato contro quando aveva portato lo sgombero a un referendum interno un mese fa.
Lo sgombero secondo il documento si comincia a preparare ma avviene nel marzo dell’anno prossimo, con un rinnovo della decisione. Lo sgombero sarà sottoposto a regole di comportamento delle due parti, a stadi, riabilitando l’idea della Road Map cara a Bush. I coloni non verranno abbandonati: l’acqua, l’elettricità, i servizi necessari non saranno tagliati fino allo sgombero in marzo, dice il documento. Sharon affronta una incessante e durissima opposizione politica e della piazza («Sharon ,combatti i terroristi, non Israele» gridava una folla di dimostranti fuori del suo ufficio), l’odio verso di lui si mescola al dolore della delusione dei settler, e ieri ha fatto i conti anche con i molteplici agguati dell’ex primo ministro e oggi ministro del tesoro Bibi Netanyahu, e dei suoi due alleati di primo piano, il ministro degli esteri Silvan Shalom e la ministra dell’istruzione Limor Livnat.
I tre,che non intendono fare entrare la sinistra al governo e si ritengono i veri portavoce del Likud che ha votato contro Sharon. In realtà appaiono come politici che hanno cercato vantaggi da una situazione che alla fine rafforza Sharon. Il primo ministro ha dimostrato che non lo interessano neppure le accuse («antidemocratico, fascista») seguite al gesto molto discutibile di licenziare dal governo con procedura davvero poco ortodossa due ministri del partito nazionale religioso decisamente contro il suo programma. Già oggi al parlamento ricomincia la corsa a ostacoli: la sinistra deve decidere il suo prossimo comportamento sul voto di fiducia, e sembra non avere altra scelta che sostenere Sharon se vuole lo sgombero. Il governo,a sua volta, vive nell’incertezza: il Mafdal soppesa le dimissioni.

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