Ai pacifisti piacciono i dittatori
protestano solo contro le democrazie
Testata:
Data: 03/06/2004
Pagina: 2
Autore: alcuni giornalisti
Titolo: Nessuno protestò contro il premier cinese
Sul Riformista di oggi viene pubblicato una lettera, firmata da alcuni personaggi della sinistra riformista, dove viene messo in luce quanto grave sia l'errore di una manifestazione contro Bush nel giorno del ricordo dello sbarco di Anzio. Allo stesso tempo i firmatari si domandano come mai in occasione della visita del presidente della Cina, paese che viola costantemente i diritti umani, non si siano svolte analoghe manifestazioni di protesta. Da leggere.E da usare.


Davanti all’escalation della violenza in Iraq, la sinistra italiana ha
scelto la via impolitica: si è fatta strada sgomitando verso l’uscita
di sicurezza, correndo il rischio di abnegare a quel ruolo di «naturale
parte in causa» dei conflitti che i suoi padri storici hanno coraggiosamente
indicato. La strada del ritiro era aperta da mesi, anche quando
la lista unitaria scelse di condizionare le proprie decisioni all’esito
del tentativo Onu per una transizione verso l’auto-governo degli iracheni.
Quali cambiamenti hanno fatto ritenere morto quel tentativo
prima del 30 giugno? Ci rifiutiamo di credere che la risposta si trovi in
un sondaggio elettorale. Grande è il nostro orrore per gli scempi di
Abu Ghraib, per la ferita che è stata inferta alla coscienza occidentale.
Ma quell’orrore non ci fa velo rispetto all’ipocrisia di "quelli che" i
diritti umani sono calpestati a Guantanamo e Abu Ghraib, ma non in
Cina o nel mondo arabo. Grande è la nostra voglia di testimoniare
a George Bush la contrarietà verso un intervento
sbagliato e unilaterale. Ma quella voglia non ci fa
velo rispetto all’anti-americanismo di "quelli che" la politica
Usa è l’unico problema da rimuovere, e non piuttosto
la risposta sbagliata a problemi reali e comuni (come
il terrorismo, l’insicurezza internazionale e l’assenza
democrazia in vaste aree del pianeta).
Esporre le bandiere della pace ai propri balconi è
un bel modo di manifestare la domanda per una via diversa
alla soluzione di quei problemi. Altre forme pacifiche
possono essere individuate e condivise. Ma nessuno dovrebbe
spingersi fino a negare il diritto/dovere delle istituzioni italiane
accogliere nel migliore dei modi il leader della più grande democrazia
del mondo (neanche di fronte alle palesi strumentalizzazioni
Berlusconi, se non si vuole cadere nella sua trappola). Forse, nella
rossa Toscana, da sempre paladina della battaglia contro la pena
morte, qualcuno si è ribellato contro l’accoglienza riservata di recente
al premier della Cina (paese che detiene il record di esecuzioni
capitali e che non riconosce i più elementari diritti civili e politici)?
Qualcuno lo ha ritenuto un motivo convincente per non parlare
di scambi commerciali e collaborazioni industriali? Di contro,
qualcuno può ritenere la giusta ostilità verso la politica internazionale di Bush un motivo sufficiente per non ricordare insieme agli
Usa la vittoria comune nella liberazione dal nazi-fascismo?
Impiantare la democrazia non è mai stato facile: in Germania
processo durò cinque anni e fu alquanto sofferto. Ma a quella durata
e a quel travaglio va ascritta la maturità della società tedesca di oggi,
della quale i socialdemocratici, e la nostra stessa cultura riformista, sono
interpreti. Immaginiamo quanto possa essere lungo e difficile
processo di democratizzazione in Iraq. Nessuno può illudersi che stravolgimenti
storici di portata epocale possano facilmente concludersi
con rivoluzioni di velluto. Il caso dell’ex Jugoslavia è emblematico.
Salvo che, in quel caso, l’impegno della sinistra italiana vi fu.
Non vale più quanto ha scritto Giuliano Amato nel programma
di Uniti nell’Ulivo, ovvero che bisogna «battersi affinché le guerre
finiscano, non semplicemente tirarsene fuori»? Pacifismo significa
oggi «lavarsi le mani»? Noi non lo crediamo. Crediamo in un’altra
idea di sinistra. Crediamo, con Gramsci, che «vivere
vuol dire essere partigiani. Non possono esistere
estranei ad ogni scelta»; diceva, per concludere: «Odio
gli indifferenti». Gli strumenti per la lotta al terrorismo
internazionale sono incomprensibilmente assenti dai
nostri programmi, insieme con quel «pensiero lungo
che, forse illudendoci, ci aspetteremmo dagli eredi
una tradizione politica nobile che ha sempre saputo fare
dell’impegno internazionalista la propria bandiera.
La nostra speranza è che quanti hanno manifestato
questi giorni il loro disagio rispetto a una posizione
mero disimpegno raccolgano in pieno la sfida di indicare una prospettiva
diversa. Come giovani, reclamiamo il diritto di aspettarci
da questa sinistra molto più di quello che oggi ci propone. Alla fine
dell’arcobaleno non troveremo alcun tesoro nascosto. Il tesoro vero
è quello delle idee e delle energie del nostro presente. 

Romano Benini
Paolo Bonari
Vincenzo M. Campo
Edoardo Camurri
Alessandro Clementi
Danilo Di Matteo
Mattia F. Ferrero
Antonio Funiciello
Francesco Maria Mariotti
Tommaso Nannicini
Filippo Taddei
Aldo Torchiaro
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