Qualche voce di dissenso sotto Arafat
peccato che non conti nulla
Testata:
Data: 02/06/2004
Pagina: 3
Autore: un giornalista
Titolo: In Palestina i pacifisti sono contrari al lancio delle pietre
La notizia non è nuova, ma è positivo che la riprenda Il Riformista. Che anche sotto il regime di Arafat qualcosa si muova è incoraggiante. Peccato che questi coraggiosi non abbiano alcun aiuto dai morgantineggianti nostrani. Affascinati da Arafat, non riescono a capire quel che succede sotto la sua tirannia.
Ci auguriamo che in un prossimo articolo, Il Riformista approfondisca l'argomento segnalando quanto il pacifismo palestinese sia in realtà fortemente osteggiato da Arafat, come dismotrano i sui discorsi in arabo che incitano alla guerra e alla violenza.

Basta con la violenza, torniamo a una lotta di popolo non violenta. Gli intellettuali palestinesi sembrano aver capito che il terrorismo fine a sé
stesso non porta proprio a nulla e qualche giorno hanno fatto pubblicare un supplemento all’interno del quotidiano dell’Anp, Al Ayyam, con un titolo che non lascia spazio alle ambiguità: «La strada per l’indipendenza e la pace». L’iniziativa non è del tutto nuova perché già a marzo scorso più di 100 palestinesi, fra personaggi pubblici e membri di Fatah, avevano pubblicato sullo
stesso quotidiano un annuncio che richiamava i palestinesi a far rinascere
un’Intifada popolare e non violenta.E questo nei giorni in cui l’assassinio del leader di Hamas, lo sceicco Ahmad Yassin, esaltava gli animi chi invece ha sempre ritenuto che la strada della lotta armata fosse l’unica possibile. Il preside dell’Università Al Quds Sari Nesseibeh, l’ex ministro dell’Anp Yasser Abed Rabbo, il ministro per affari femminili Zuheira Kamal e Abbas Zak,
membro del comitato esecutivo di Al Fatah, erano tra i firmatari di questo annuncio che fu dapprima pubblicato sullo stesso giornale il 25 marzo, con 70
firme, mentre la seconda volta uscì su Al Ayat al Jadida il 28 marzo, e le firme erano diventate 155. Ma il Rubicone varcato nell’articolo pubblicato
ai primi di maggio su Al Ayyam è un vero e proprio punto di non ritorno e potrebbe impegnare anche Arafat. Anche perché stavolta si è fatto promotore dell’iniziativa proprio l’ex ministro Abdel Rabbo, cioè il presidente della "Coalizione palestinese per la pace", costituitasi per ordine dello stesso rais palestinese il 25 aprile 2003 per dare il via alla famosa "Iniziativa di Ginevra", cioè quella trattativa parallela e non autorizzata tra israeliani e palestinesi per arrivare a un’ipotesi di accordo di pace. Scavalcando i rispettivi governi. Basta leggere qualche passo del nuovo appello per rendersi conto dell’importanza del documento pubblicato dall’organo dell’Anp: «E’ chiaro che la politica adottata ad oggi dalla resistenza palestinese in risposta crimini israeliani ... ha soltanto allontanato il nostro nostro popolo dai suoi obiettivi di raggiungere la libertà
e l’indipendenza. In Europa, che è un nostro alleato, le operazioni militari palestinesi all’interno d’Israele sono descritte come atti di terrorismo, mentre negli Usa, tutte le operazioni militari, sia in Israele sia nei territori occupati, sono descritte come terrorismo. La politica di rappresaglia palestinese giova solo all’estrema destra del governo in Israele». Non basta. Per i promotori dell’iniziativa «...passare a una resistenza non-violenta spianerà la strada verso un isolamento del governo israeliano nel mondo e dimostrerà che l’Anp ha aderito alla Road Map senza alcun bisogno di entrare in conflitto con elementi palestinesi combattenti. Un tale cambiamento stimolerà anche le forze pacifiche in Israele a fare la loro parte, un ruolo bloccato dai
continui conflitti violenti. Ancora più importante - prosegue il documento - è che la natura non-violenta della resistenza riporterà il conflitto alla sua vera essenza: la lotta tra un popolo che cerca di liberarsi dell’occupazione e un governo che vuole continuarla, che vuole liberarsi dei palestinesi ed espropriare le loro terre». In un altro articolo dell’inserto le modalità della lotta palestinese vengono riassunte da Ahmoud Daoud in un articolo dal titolo molto eloquente: «Il dilemma nella logica del suicidio». In esso, tra l’altro, si può leggere che «...l’attacco israeliano in atto contro il popolo palestinese non annulla l’importanza di riconoscere la responsabilità di alcune fazioni palestinesi per essersi lasciati catturare da un’unica visione riguardo
al conflitto, che percepisce società, partiti politici e correnti in Israele come un unico blocco di pensiero, identità e decisione». Il leit motiv dell’appello di questi intellettuali palestinesi è semplice: deve essere consentito al popolo di scegliere tra due percorsi, la lotta per conquistare qualcosa e la lotta fine a sé stessa.
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