Arafat: un terrorista bugiardo
cui non bisognerebbe concedere credito
Testata: La Stampa
Data: 01/06/2004
Pagina: 8
Autore: la redazione
Titolo: Arafat: «Pronto a andare a Gerusalemme da Sharon»
La Stampa di oggi pubblica il testo integrale dell'intervista rilasciata da Yasser Arafat all'emittente israeliana Canale 10. Il vecchio terrorista, come al solito, dice una cosa e ne pensa un'altra, lasciando al lettore l'impressione di essere un santarellino che si impegna al massimo per la pace. Altri giornali non fanno quasi menzione, se non in brevi trafiletti (Repubblica) o inserendo l'intervista nell'analisi della situazione (Avvenire), delle dichiarazioni di Arafat. La ragione è abbastanza semplice: dopo anni di doppiogiochismi arafattiani sarebbe stupido prendere come oro colato le sue affermazioni. Purtroppo però i falsi miti difficilmente sbiadiscono e ogni tanto c'è bisogno di ravvivarli; sembra questa la linea editoriale scelta dal quotidiano torinese. Non possiamo fare altro che rammaricarcene. Ecco il pezzo.
PRESIDENTE Arafat, Israele si dice pronta a ritirarsi da Gaza. Siete pronti, voi palestinesi, ad accettare la piena responsabilità della sicurezza nella Striscia di Gaza?
«Ho già detto sinceramente che noi siamo pronti, ma ho io alcune domande da porre: qual è la data del ritiro? E sarà un vero ritiro?».
Perché gli egiziani si sono rifiutati di accettare il controllo dell’area di confine, quella che gli ebrei chiamano Philadelphi Road?
«Gli egiziani sono disposti a mandare una sessantina di uomini, per darci una mano nelle questioni economiche e di sicurezza. Anche i giordani sono disposti ad aiutarci».
Sono in atto incontri con inviati israeliani?
«Credo di sì».
E con lei?
«No, con me nessun incontro».
La boicottano...
«Sì, ma...»
E se questi incontri riprendessero?
«Ne sarei ben lieto».
Lei sarebbe disposto a incontrare anche Sharon?
«Certamente. Non l’ho forse già incontrato in passato?».
D’accordo, ma oggi, in questa situazione, dopo tutto quello che è successo?
«Sì, anche dopo tutto quello che è successo. Con chi si fa un accordo di pace? Con gli amici? La pace si fa tra persone che si sono combattute».
Lei sta mandando un messaggio a Sharon? Lo sta invitando a un incontro tra voi due?
«Se non vuole incontrare me, incontri almeno il mio primo ministro, Abu Ala»
E lei chiederà alla sua gente di finirla con gli attacchi terroristici? Chiederà un cessate-il-fuoco?
«Sì, e da entrambe le parti. D’altronde, è ciò che chiede anche la Road Map».
Lei potrebbe incontrare Sharon a Gerusalemme, nella sua residenza di primo ministro.
«Perché no? In passato non l’ho forse incontrato in tanti posti diversi? Se abbiamo un forte desiderio di pace, questo vincerà qualunque altra opinione».
Lei sa che tutto dipende da Bush, e anche Bush la boicotta.
«Non sta boicottando me: i rapporti tra me e gli americani continuano. E’ vero che non mi incontra, ma riceve da me delle lettere alle quali risponde».
Ha qualcosa da dire al ministro israeliano delle Finanze, Benyamin Netanyahu, che si oppone al ritiro da Gaza?
«Vorrei ricordargli solo questo: chi ha firmato gli accordi di Hebron con me? Non era proprio lui? Non sono stati Netanyahu e Sharon a firmare con me?».
Il nostro problema non è tra i popoli, ma tra i leader di questi popoli. Forse addirittura è un problema personale tra lei e Sharon».
«D’accordo. Io tendo la mia mano a Sharon, alla Knesset, al governo e al popolo d’Israele».
E si ricomincerà tutto da capo?
«Ricominceremo tutto da capo, ma applicando ciò che il mondo sta proponendo».
E l’Intifada finirà?
«E’ necessaria la fine dell’Intifada o la fine delle violenze da entrambe le parti?»
In Israele corre voce che potrebbe essere l'ex ministro della sicurezza interna palestinese Mohammed Dahlan ad assumersi la responsabilità della Striscia di Gaza.
«Ho in mente per lui un altro incarico».
Quale incarico?
«Non lo dirò certo a voi».
Che cosa mi dice invece dei razzi Qassam, dei kamikaze e dell’arresto di tutti gli estremisti di Hamas e della Jihad islamica?
«In passato non li abbiamo forse tenuti in carcere per lunghi periodi?»
Quanti kamikaze ha arrestato?
«Abbiamo sventato trentaquattro attacchi terroristici».
Trentaquattro kamikaze?
«Ho detto trentaquattro attacchi terroristici».
Di recente?
«Sì, di recente».
Dopo l’assassinio del leader di Hamas Yassin?
«Sì: mi sto riferendo al passato recente».
Nelle sei settimane che ...
«No, nelle ultime sette settimane».
E sarebbe questa la ragione dell’attuale calma?
«Una delle ragioni».
Lei è il capo della rivoluzione. Forse a questo punto passerà la leadership alla generazione successiva, la generazione di Dahlam e Abu-Rami, dicendo loro: «Abbiate fede in Dio, proseguite la mia strada».
Le rispondo con una domanda: perché Sharon rimane al potere? E’ vecchio. Tutti e due siamo vecchi. E Peres? E’ ancora più vecchio di me».
Non è questione di età.
«Non è questione di età, ma di fatti. Io sono stato eletto leader: ho forse costretto il mio popolo a scegliere proprio me? Non sono forse un leader eletto?»
Sì, lei è un leader eletto.
«Allora, per favore, lasciamo perdere».
Così lei resterà in una posizione simbolica.
«Non è una decisione mia. Seguiamo la nostra costituzione».
Spero mi permetterà una domanda personale. Lei vive sotto assedio. Com’è la sua vita, in queste condizioni?
«Non è facile. Immagini solo che, quando esco per incontrare la mia gente, gli occhi mi lacrimano perché non sono più abituati al sole. Il medico mi dice sempre: cerchi di stare un po’ al sole, anche solo mezz’ora al giorno».

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