Dahlan potrebbe assicurare la stabilità a Gaza
ma il maggiore ostacolo è sempre Arafat
Testata: Il Foglio
Data: 27/05/2004
Pagina: 3
Autore: un giornalista
Titolo: Il piano di Dahlan per governare Gaza dopo il ritiro d'Israele
Riportiamo un'analisi sulle prospettive politiche nella striscia di Gaza dopo il ritiro israeliano.
Gerusalemme. Mohammad Dahlan è da sempre una figura con cui Israele e gli americani vanno d’accordo. Capo dei servizi di sicurezza palestinesi dal 1994 e interlocutore fidato durante Oslo, i suoi rapporti con Cia e Servizi egiziani gli hanno permesso di mantenere aperti i canali con Egitto, Israele e Usa, anche dopo il collasso di Oslo. Uomo forte a Gaza da sempre, giovane, ambizioso e capace, Dahlan ha ancora molta influenza sui servizi palestinesi. Durante il
breve regno di Abu Mazen, era stato al centro di un duro scontro tra l’ex premier palestinese e Yasser Arafat, per l’insistenza del raìs di tenere il controllo delle forze di sicurezza che Abu Mazen voleva invece in mano a Dahlan, come garanzia di riforma e rinnovata efficacia. Dopo le dimissioni di
Abu Mazen, Dahlan si è defilato, andandosene in Inghilterra a "studiare" e mantenendo un basso profilo per alcuni mesi. L’intervista rilasciata ieri all’emittente araba al-Arabyya sembra confermare indiscrezioni insistenti trapelate nei giorni scorsi e riportate sui giornali israeliani (per buona pace delle smentite di Dahlan stesso), secondo le quali il giovane leader potrebbe
essere la chiave di volta di un disimpegno israeliano unilaterale ma "coordinato" a Gaza. Dahlan ha dichiarato come soltanto un cessate il fuoco generale a seguito del ritiro israeliano potrebbe evitareuna guerra civile tra al Fatah e Hamas Jihad islamico. Non solo: pur indirettamente, Dahlan ha criticato duramente Arafat per aver perso il controllo della situazione, sia a Gaza sia in Cisgiordania, lasciando che signori della guerra e bande locali si spartissero il territorio, come è accaduto nel sud di Gaza nella zona di confine e a Jenin. Dahlan sembra dunque candidarsi, in un momento di grande tensione provocato dall’Operazione Arcobaleno appena conclusasi, per riprendere il controllo della situazione, imponendo un cessate il fuoco alle forze islamiche, negoziando con loro una spartizione del potere che manterrebbe l’Autorità nazionale palestinese (leggi Dahlan) in posizione di supremazia, riformando i servizi di polizia e sicurezza, ponendoli sotto un comando unico (leggi ancora Dahlan), fornendo loro un adeguato addestramento da parte di egiziani e giordani, e prendendo il controllo della situazione per impedire il ritorno delle ostilità. Il quadro di sicurezza offerto da Dahlan dà forti garanzie perché comprende tre elementi: primo, un ruolo attivo egiziano, teso a impedire l’uso del confine a scopi di contrabbando di merci e armi, quindi in funzione fortemente stabilizzatrice; secondo una riforma dei servizi di sicurezza sotto la guida di Dahlan, di cui Israele e Usa si fidano, e sottratti quindi ad Arafat; terzo, un impegno a utilizzare i primi due elementi per ottenere un cessate il fuoco permanente non soltanto tra fazioni palestinesi ma anche tra Gaza e Israele. La visione politica offerta è altrettanto promettente e offre credibilità alla ricetta di sicurezza: Dahlan sostiene che il ritiro da Gaza progettato da Sharon è l’unica credibile iniziativa in questo momento, e occorre sfruttarla, aggiungendo che non è nell’interesse palestinese di continuare le ostilità una volta che Israele si fosse ritirato. Unico ostacolo a questa visione, ancora una volta Arafat, che continua a credere che il caos serva i suoi interessi e che, con il controllo che mantiene ancora su forze di sicurezza e risorse finanziarie potrebbe sabotare facilmente Dahlan, il cui successo a Gaza, in cooperazione con Israele, Egitto e Giordania, potrebbe comprometterne definitivamente la leadership.
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