Che cosa ha detto Tommy Lapid?
chi specula e chi ci prova
Testata:
Data: 24/05/2004
Pagina: 15
Autore: Elisabetta Rosaspina - Alberto Stabile
Titolo: Sulle dichiarazioni di Tommy Lapid
Su Corriere della Sera e Repubblica di oggi vengono riportate le dichiarazioni del ministro della giustizia israeliano Tommy Lapid contro l'operazione arcobaleno contestandone l'utilità e imputandole danni a Israele sul piano diplomatico. Lapid ha dichiarato che le immagini di una vecchia palestinese, che ricerca le medicine tra le macerie della propria casa, gli ricordano sua nonna (scampata alla Shoà). Successivamente Lapid ha smentito ogni possibile paragone tra Israele e nazisti, ma la dichiarazione per la stampa italiana resta senza alcuna smentita. Particolare enfasi alla notizia viene data da Alberto Stabile su Repubblica che non perde l'occasione di scagliarsi contro Sharon e la "barbarie" dell'esercito israeliano. Stabile, oltre ad enfatizzare la notizia, mette in bocca a Lapid parole che non ha detto, per rafforzare il paragone tra Shoa e Rafah; in quest'opera di disinformazione viene poi aiutato dal desk esteri di Repubblica che pubblica la notizia con un titolo "Rafah mi ricorda l'Olocausto, il ministro Lapid attacca Sharon" che strumentalizza le dichiarazioni di Lapid. Il Corriere della Sera dedica alla vicenda un breve articolo di Elisabetta Rosaspina, dove viene riportato il dissenso di Lapid nei limiti della sua effettiva rilevanza, con le successive e motivate smentite apportate da lui medesimo. Due quotidiani, due versioni differenti: capire chi disinforma è cosa facile. Pubblichiamo entrambi i pezzi.

(a cura della redazione di Informazione Corretta)

Dal Corriere della Sera: "Israele, governo diviso su Rafah. Un ministro rievoca l’Olocausto" di Elisabetta Rosaspina

GERUSALEMME — Mai nome fu meno azzeccato: l'Operazione arcobaleno, con cui l'esercito israeliano sta demolendo le case e assediando gli abitanti del campo profughi di Rafah, alla ricerca di tunnel segreti per il traffico d'armi, ha quasi provocato ieri una bufera nel governo. Sicuramente una crisi di nervi tra i ministri, quando il titolare del dicastero della giustizia, Tommy Lapid, ha duramente criticato l'incessante lavoro delle ruspe a sud di Gaza, chiedendo l’immediata interruzione dell’operazione: « È disumano — ha detto ai suoi colleghi — , non è ebraico. Il mondo ci osserva e rischiamo di essere cacciati dalle Nazioni unite e portati davanti al tribunale dell'Aja » . Non avesse aggiunto che l'immagine televisiva di una vecchia palestinese, che rovista fra le macerie nella speranza di ritrovare almeno le sue medicine, gli ricordava sua nonna, forse la questione sarebbe rimasta fra le quattro mura del consiglio dei ministri. Ma tutti sanno, in Israele, che la nonna di Lapid è morta nel campo di concentramento di Auschwitz e che a cacciarla di casa furono i nazisti.
Il paragone è parso intollerabile al premier, Ariel Sharon, ai ministri dell'Economia, Benyamin Netanyahu, e degli Esteri, Silvan Shalom, che hanno chiesto a Lapid, un sopravvissuto della Shoah, di rimangiarsi immediatamente il confronto fra sua nonna e l'anziana profuga palestinese di Rafah. E, soprattutto, il confronto indiretto tra i soldati israeliani e quelli tedeschi dell'ultima guerra. Lapid ha accolto soltanto la seconda parte della richiesta. Ha assicurato di non aver mai inteso riferirsi all'Olocausto.
Ma « quando vedete una donna anziana — ha aggiunto — è normale che pensiate a vostra nonna » .
Alla stessa riunione del governo, ieri, il ministro della Difesa ha comunicato che il lavoro non è finito: « Continuerà per giorni, non per settimane » ha precisato Shaul Mofaz, anche se da un paio di giorni il numero di militari dispiegati nell'area è stato ridotto. Secondo i quotidiani israeliani i due tunnel scoperti durante l’operazione sembravano essere in disuso da tempo. Se così fosse, la distruzione di altre 35 case negli ultimi giorni potrebbe non essere conforme alla decisione della Corte suprema israeliana, che ha autorizzato la demolizione soltanto degli edifici che nascondono le famigerate gallerie o che ostacolano le operazioni militari o che servono da postazione per cecchini palestinesi.
Nella notte è cominciato un ripiegamento e domenica prossima probabilmente l'Operazione arcobaleno sarà conclusa. In tempo per la presentazione al governo della nuova versione del piano di ritiro israeliano da Gaza. Il premier Sharon sta discutendo gli aspetti legati alla sicurezza con i capi della Difesa, secondo i quali un disimpegno in tre fasi presenta più rischi dell'abbandono in un'unica soluzione. Il nuovo piano prevede che dopo la partenza dei coloni, l'esercito demolisca le case rimaste vuote.
Dalla Repubblica con l'articolo di Alberto Stabile: "«Rafah mi ricorda l´Olocausto»: il ministro Lapid attacca Sharon"


GERUSALEMME - «Ho visto alla Tv una vecchia donna palestinese frugare fra le macerie della sua casa, a Rafah, in cerca delle sue medicine, e mi si sono ricordato di mia nonna che fu espulsa dalla sua casa durante l´Olocausto».
C´è un gran silenzio intorno al lungo tavolo del Consiglio dei ministri, mentre Yosef "Tommy" Lapid parla delle tremende memorie che gli suscita l´operazione "Arcobaleno" giunta ormai al suo sesto giorno. I ministri del governo Sharon tacciono, hanno cessato l´inevitabile brusio di queste riunioni per ascoltare il ministro della Giustizia, le cui opinioni laiche risultano e imprevedibili spesso controcorrente in un consesso dove non mancano posizioni estreme.
Anche stavolta, il loquace ma non sempre conseguente Lapid ha spiazzato tutti. Chiede che venga posto fine all´operazione contro i campi profughi di Rafah, descrive quella delle demolizioni come una pratica inumana e ammonisce che perseverare in questa politica può condurre Israele all´isolamento internazionale, se non sul banco degli imputati per crimini di guerra.
«La demolizione delle case deve finire. Non è umana. Non è (in sintonia con la morale) ebraica e ci provoca un grave danno nel mondo»: Lapid evoca possibili gravi conseguenze: «Alla fine, ci cacceranno dalle Nazioni Unite, processeranno i responsabili alla corte internazionale dell´Aia e nessuno vorrà più parlare con noi».
Apriti cielo. Ariel Sharon non si trattiene. Visibilmente urtato, grida a Lapid che le sue dichiarazioni sono «inaccettabili e intollerabili». Il ministro degli Esteri, Silvan Shalom e quello delle finanze, Benjamin Netanyahu, intimano al loro collega di ritrattare. Il responsabile della Sanità, Danny Naveh, redarguisce l´incauto guardasigilli dicendogli: «Puoi discutere sulle demolizioni, puoi discutere sull´operazione in corso... ma non puoi fare paragoni del genere».
È tutto il Likud che insorge contro il suo principale alleato di governo. Lapid è costretto a rettificare in qualche modo. Intervistato dalla Radio di Stato dichiara senza troppa convinzione che le sue parole sono state fraintese. «Non mi riferivo ai tedeschi. Non mi riferivo all´Olocausto. Quando si vede una vecchia donna, uno pensa alla propria nonna».
Non è la prima volta che Lapid, voce moderata di uno schieramento di governo che va dalla destra all´estrema destra nazionalista e religiosa, prende le distanze dai suoi partner. Ma stavolta non è solo politica. Il ministro della Giustizia perse la madre nei campi di sterminio. Suo padre venne ucciso mentre tentava di fuggire ai nazisti. Lui stesso è un sopravvissuto dell´Olocausto.
"Arcobaleno", intanto, continua a gettare la sua luce sinistra su Rafah e i suoi campi profughi. Gli elicotteri Apache sono tornati, ieri, a colpire dall´alto, sparando sulle case dove s´annidano miliziani armati. Due feriti, tra cui un ragazzino di 10 anni.
La riunione del governo doveva servire a Sharon per sondare gli umori del vertice sul nuovo "piano di disimpegno", riveduto e corretto, che presenterà al Consiglio domenica prossima. È possibile che, ridotto a fette, suddiviso in quattro fasi, ciascuna delle quali soggetta a discussione ed approvazione del governo, il primo ministro potrà raccogliere la maggioranza dei consensi in seno al governo.
La sorpresa, però, è venuta dagli alti gradi militari che, ieri, hanno fatto sapere a Sharon di non essere per nulla favorevoli a realizzare un ritiro per tappe, ma di essere pronti ad attuare lo smantellamento degli insediamenti di Gaza, più i quattro della Cisgiordania, tutto in una volta. Pare che Sharon ne sia rimasto contrariato.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione del Corriere della Sera e de La Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.


lettere@corriere.it; rubrica.lettere@repubblica.it