Un'analisi senza contenuto e senza nessi logici
quella di Ferrari: in continua cerca di giustificazioni che non ci sono
Testata: Corriere della Sera
Data: 21/05/2004
Pagina: 1
Autore: Antonio Ferrari
Titolo: Il vicolo cieco di Sharon
Il Corriere della Sera di oggi pubblica in prima pagina un editoriale di Antonio Ferrari, "autorevole" firma antiisraeliana della prima ora. Non a caso l'articolo consiste in una dura critica su tutti i fronti alla politica di Sharon, come se quest'ultimo non ne facesse mai una giusta. Fin dall'inizio qualifica Sharon con l'appellativo "generale-premier". Evidentemente per Ferrari essere stato generale è una colpa.
La strategia del generale- premier Ariel Sharon è francamente incomprensibile. Le stragi di civili palestinesi, tra cui donne e bambini ( quattro delle vittime di mercoledì avevano tra i 10 e i 14 anni, scrive la nota giornalista israeliana Amira Hass su Haaretz), nel sud di Gaza, non hanno infatti alcuna giustificazione.
Non si spiegano militarmente, perché l'esercito viene esposto a inevitabili vendette; non per proteggere la sicurezza di Israele, perché l'uccisione di civili, persino durante un funerale, non fa che alimentare l'odio, gonfiare il numero dei potenziali attentatori- suicidi, e aiutare i reclutatori di terroristi.
La strategia di Sharon è ben chiara: andarsene da Gaza senza però dare l'impressione di una resa al terrorismo, così come è avvenuto con il ritiro dal Libano che, secondo i più autorevoli analisti, ha avviato la seconda intifada. E' illogico anche solo pensare che le "stragi" di palestinesi, come le chiama Ferrari, siano state volute; si tratta di incidenti causati dal fatto che i terroristi si nascondono tra la popolazione. E la usano per generare confusione, incuranti dei rischi ai quali la espongono.
Non si spiega sul piano politico interno, perché così facendo Sharon non placa la rabbia dei coloni ( che comunque gli sono ostili) e non conquista simpatie nell'opposizione laburista, che sostiene il ritiro da Gaza ma non può accettare le punizioni collettive inflitte alla stremata popolazione palestinese.
Non paga neppure con gli alleati internazionali, perché gli eccellenti rapporti con George W. Bush non sono bastati ad ottenere il veto americano al Consiglio di sicurezza dell'Onu, che ha duramente condannato le azioni di Israele. L'ambasciatore Usa si è astenuto. Non accadeva da due anni.
Ferrari sembra non voler capire neanche il gioco diplomatico nel quale si trovano gli Stati Uniti, che, dopo le grosse polemiche seguite alle torture, devono riacquistare fiducia nei confronti degli stati arabi.


Strategia incomprensibile, perché Sharon sembra voler contraddire se stesso. Aveva sostenuto il governo palestinese di Abu Mazen, promettendo di aiutarlo, e invece ha fatto quasi niente.

Inutile ricordare a Ferrari che Abu Mazen non ha potuto fare niente perchè Arafat si è rifiutato di delegargli il controllo delle forze di sicurezza. Inutile ricordare il summit di Aqaba dove Abu Mazen promise di combattere il terrorismo senza poi fare niente, quando Israele invece sospese le operazioni antiterrorismo. Tutti dettagli che sfuggono all'analisi di Ferrari.

Aveva deciso il ritiro da Gaza, con lo smantellamento di tutti gli insediamenti ebraici della Striscia, rompendo un tabù. Ma poi ha chiamato il popolo del suo partito, il Likud, ad un inutile referendum, dal quale è uscito sconfitto. Ora sta rielaborando il suo piano, che presenterà alla fine del mese, e che sarà rallentato rispetto a quello originale: ritiro in tre tappe, con l'evacuazione iniziale degli insediamenti minori. Ogni passo, secondo le anticipazioni, dovrà ottenere l'approvazione del governo. Eppure, anche in queste modifiche, c'è una novità: la presenza di osservatori internazionali per monitorare ogni fase dello smantellamento delle colonie ebraiche. Un passo avanti, perché a Israele gli osservatori non sono mai piaciuti, e due indietro, con la demolizione delle case di Rafah, nel sud di Gaza, e le stragi di civili, ai quali è andato il « rincrescimento » dei vertici dell'esercito.
Se si vuole trasformare la striscia di Gaza in un nuovo Afghanistan la ricetta di Ferrari è la migliore; pazienza se dai tunnel sotto le case di Rafah passano armi e katiusce di ogni genere.

Alla vigilia del vertice arabo, che si apre domani a Tunisi, il premier palestinese Abu Ala ha chiesto al Quartetto ( Usa, Onu, Ue e Russia) di « prendere atto di quanto sta accadendo nei territori » . E' facile prevedere che le stragi e le demolizioni di Rafah condizioneranno i lavori del summit, relegando in coda l'urgente problema delle riforme.

Meglio andare tutti quanti contro il nemico comune piuttosto che guardare i problemi di casa propria, questa è la strategia vincente della Lega Araba.


L'Unione europea è profondamente irritata. Ma l'imbarazzo maggiore è quello degli Stati Uniti.
Bush, durante l'incontro che ebbe con Sharon alla Casa Bianca, si era spinto laddove nessun presidente americano aveva osato, riconoscendo che Israele potrebbe annettere gli insediamenti più popolati della Cisgiordania. Dichiarazioni poi corrette a più riprese, con l'impegno a riconoscere le risoluzioni dell'Onu che impongono il ritiro da tutti i territori occupati. Ora, quanto è accaduto negli ultimi giorni ha provocato a Washington un doppio imbarazzo: con Israele, l'alleato di sempre, che oggi ricambia le « concessioni » americane esprimendo delusione per il mancato veto in Consiglio di sicurezza. E con gli arabi moderati, che si chiedono se siano gli Stati Uniti a poter fare pressioni su Israele, o se non sia legittimo ritenere che avvenga esattamente il contrario.
Il complotto pluto-giudaico-massonico non poteva che essere la conclusione di questo fazioso articolo. C'era da aspettarselo visto i precedenti. La militanza non va mai in pensione.

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