Ripassare la storia
aiuta la memoria
Testata:
Data: 20/05/2004
Pagina: 1
Autore: Enrico Palumbo
Titolo: Siamo con Israele
La più grande scorciatoia che un giornalista ha per raccontare ciò che non è dimostrabile e farlo passare per vero è usare i "testimoni". Coloro, cioè, che avallerebbero la tesi dell’articolo, senza essere citati, e della cui reale esistenza non sapremo mai nulla. E’ avvenuto nel 2002, quando – complice l’errore del governo israeliano, che impedì alla stampa di accedere al campo profughi di Jenin – i "testimoni" narrarono la storia di un massacro, in realtà mai avvenuto.

Oggi, altri "testimoni" espongono una versione dei fatti di Rafah(http://www.repubblica.it/2004/d/sezioni/esteri/moriente8/nuovoblitz/nuovoblitz.html). Sarà vera? Perché, secondo alcuni, l’esercito israeliano ha torto a prescindere?

L’esercito chiede scusa per un’operazione che è andata al di là degli intenti e promette indagini interne, che serviranno a capire le cause della morte di così tanti palestinesi. Secondo gli immancabili e oscuri "testimoni", a uccidere sarebbero stati gli elicotteri Apache. Secondo Israele, una carneficina del genere si spiegherebbe con la presenza di uomini armati fra i manifestanti. La folla, infatti, indirizzandosi verso postazioni militari israeliane, avrebbe coperto l’avanzata dei terroristi, e la reazione israeliana è quella che conosciamo. Sarà vero? Non sappiamo ancora. Certo è che, se emergeranno responsabilità dei militari nel luttuoso evento, qualcuno dovrà assumersele e trarne le conseguenze. In attesa del giudizio degli elettori (e la società israeliana è così democratica e aperta – al contrario di quella palestinese – che alla Knesset è subito sorto il dibattito fra i parlamentari. [http://www.jpost.com/servlet/Satellite?pagename=JPost/JPArticle/ShowFull&cid=1084935864115). Purtroppo,nell'ANP non esistono mandati popolari, né chiarezza nelle responsabilità, e i colpevoli delle stragi non vengono mai puniti, se non da Israele, che però viene sempre messa sotto accusa se tenta di sopravvivere difendendosi.

Ma facciamo un passo indietro. Nessuno si è mai chiesto cosa facessero i militari israeliani a Rafah? Non sembra, se è vero che tutti guardano alle conseguenze degli eventi e mai alla loro origine. Era in atto quella che gli israeliani hanno chiamato "Operation Rainbow" [http://www.debka.com/article.php?aid=847] (Operazione Arcobaleno). Lo scopo: bloccare il crescente contrabbando di armi che foraggia il terrorismo palestinese e che giunge fino all’Iraq. Rafah è infatti una città confinante con l’Egitto: quest’ultimo praticamente non controlla questa parte di confine e allora i contrabbandieri non hanno difficoltà a passare nella striscia di Gaza, dove nessuno – se non Israele, che però svolge un ruolo che andrebbe svolto dalla Anp, guidata dal terrorista con la keffiah in testa – controlla alcunché. L’anarchia. I terroristi hanno così facilità nell’utilizzare tunnel sotterranei, che attraversano il confine e che li coprono nelle loro azioni di contrabbando. Al di qua del confine, invece, le case dei civili, a ridosso della frontiera, sono diventate base di approdo e di smistamento. In questi giorni l’Operazione Arcobaleno è diventata urgente, a causa della presenza di massicci quantitativi di artiglieria pesante segnalati dall’intelligence.

Ecco quindi la situazione: i terroristi agiscono intruppandosi tra la popolazione civile. Importano armi che servono a uccidere civili israeliani e, magari, anche soldati italiani a Nassiriya. Israele reagisce e il mondo che fa? Inorridisce. E l’Onu ( quella di Srebrenica e del Ruanda…) si riunisce per condannare Israele, ma si rifiuta di condannare i terroristi palestinesi.

Dite voi, allora cosa dovrebbe fare Israele. Quando sono stati uccisi Yassin e Rantisi, ci raccontavate che non si fa così, che bisognava andare là e arrestarli, non colpirli con l’elicottero. Oggi che i militari israeliani vanno là per bloccare il mortale contrabbando, ci dite che sbagliano ancora. Cosa bisognerebbe fare allora? Abbiate il coraggio di dire che Israele dovrebbe rinunciare a difendersi e scomparire, non siate più ipocriti.
Enrico Palumbo