Isabella Bossi Fedrigotti e il film di Mel Gibson
e una corrispondenza con Bruna Ingrao
Testata:
Data: 11/05/2004
Pagina: 1
Autore: Bruna Ingrao
Titolo: Lettere alla rubrica di Isabella Bossi Fedrigotti
Sul numero 18 di Sette (supplemento settimanale de Il Corriere della sera) del 2004 è stata pubblicata la lettera di una lettrice, che difendeva il film The Passion con parole di caldo elogio e immedesimazione. A p. 133 nella rubrica Lettere personali, Mari, diciottenne, sosteneva che il film è "un film storico" e invitava con un certo tono di risentimento tutti gli ebrei del mondo ad andarlo a vedere, per imparare finalmente qualcosa della loro storia.
La lettera indirizzata alla rubrica di Isabella Bossi Fedrigotti diceva letteralmente:...ebrei del mondo, andate e vedetevi questo film senza sentirvi perseguitati. E' la vostra storia. Mel Gibson ha solo riportato i fatti. Evidentemente è la Bibbia a essere antisemita.
Non aggiungo commenti. Ho trovato la risposta di Isabella Bossi Fedrigotti, pubblicata in calce alla lettera, ambigua e sfuggente, benché invitasse la lettrice a rispettare chi non ha amato il film e a riflettere sul "compiaciuto soffermarsi su violenza e crudeltà". E tuttavia la giornalista (non scusabile né per età né per ignoranza come la giovanissima Mari) accreditava la sostanza più velenosa della lettera: essere cioè il film, sostanzialmente, una narrazione di eventi storici.
Certo, nel rispondere sull’antisemitismo la giornalista suggeriva che "anche raccontando i fatti si può suggerire quello che si preferisce"; ma appunto accreditava la tesi di un solido nucleo di "fatti" autentici narrati nel film. E d'altronde aggiungeva subito: "E' vero che Cristo è stato condannato a morte dagli ebrei.."
Ho letto queste parole con l’effetto di un pugno nello stomaco: un pugno nello stomaco per la risposta mancata all’evidente risentimento antiebraico della lettrice (frutto avvelenato del film come da copione); un pugno nello stomaco per la falsa "verità" che insegnano ai lettori. La giornalista edulcorava il concetto con spiegazioni che reputo un'aggravante, nonostante le (credo) buone intenzioni con cui sono state immaginate.
Ho scritto e inviato di getto la lettera che segue per far sentire le mie ragioni d’indignazione. Ho ricevuto privatamente una risposta villana, come se avessi scritto proprio io parole piene d’odio, sentimento del tutto estraneo alla mia protesta. Non ho scambiato altra corrispondenza con la signora.
Mi auguro che la fede cristiana possa essere vissuta oggi dai credenti con fervore interiore, con ricchezza d’emozioni spirituali, depurando finalmente dopo duemila anni fervore ed emozioni da quella scoria tossica che è l’antigiudaismo.
Bruna Ingrao
Ecco la mia lettera a Isabella Bossi Fedrigotti iniavta il 29-04-2004 per posta elettronica:Leggo con raccapriccio la risposta che Lei ha dato alla lettrice Mari di Napoli sul film The Passion di Mel Gibson. Il film è evidentemente antisemita nell’immaginario stereotipo che evoca. Mi limito a ricordare nella parte finale del film la scena cruciale della violenta distruzione del tempio di Gerusalemme, spaccato da un fulmine che lo devasta dopo la crocifissione. E’ un’immagine cruda e odiosa della cancellazione persino fisica del luogo sacro per eccellenza dell’ebraismo, il tempio di Gerusalemme appunto, cancellazione che lo spettatore associa inevitabilmente all’ira divina (il fulmine) e che evoca simbolicamente l’annientamento della religione ebraica, poiché la devastazione dei luoghi del culto è sempre immagine e atto di cancellazione anche della fede e dei fedeli.
La sua risposta mi ha lasciato stupefatta, perché Lei ribadisce quasi con candore essere verità che "Cristo è stato condannato a morte dagli ebrei". E’ la tesi del deicidio che ha alimentato per duemila anni l’antisemitismo cristiano, con persecuzioni, offese, massacri, insulti, minacce verso le comunità ebraiche. Lei la propone come fosse verità storica, quando non esiste un solo documento storico che l’avvalori e la stessa Chiesa cattolica l’ha respinta nelle parole illuminate di papa Giovanni XXIII e nella riflessione del Concilio Vaticano II, che sembrano oggi dimenticate.
Lei propone la tesi del deicidio nella versione più cruda: "gli ebrei" semplicemente, dunque tutti gli ebrei, colpevoli della morte di Cristo. La qualifica con una frase, che vorrebbe essere d’universale tolleranza (" ho sempre pensato che nel racconto dei Vangeli gli ebrei rappresentassero semplicemente l’umanità intera"), e non si accorge che Lei associa "gli ebrei" non all’umanità, ma al cuore nero dell’umanità, al lato oscuro che appunto avrebbe condannato Cristo. Proprio come nel film di Mel Gibson.
La religione cristiana si pretende religione d’amore e d’infinito amore; ma finché il cristianesimo non avrà estirpato dalla teologia e dalla fede vissuta il rancore brutale, il fetore d’odio che emana ancora oggi dalla tesi del deicidio, i cristiani hanno molta strada da percorrere per raggiungere l’amore che predicano.
Ama il prossimo tuo come te stesso (dettato della tradizione religiosa ebraica, per chi non lo sapesse). Si potrebbe cominciare, tanto per fare un primo passo, dopo duemila anni, dal non alimentare l’odio verso il prossimo ebraico, se davvero non si riesce proprio ad amarlo. Cristo, dopotutto, era ebreo e celebrava Pesach con i suoi discepoli.