Su La Stampa di oggi viene riportata la notizia del ritrovamento di un ordigno esplosivo attivabile a distanza nello zainetto di un bambino palestinese di 10 anni. Al momento del ritrovamento da parte di una soldatessa di guardia l'ordigno è stato attivato, ma un guasto ne ha impedito il funzionamento. Questa notizia trova spazio adeguato sulla Stampa e su Avvenire -e pure sul sito dell'Ansa- mentre gli altri giornali quasi non ne fanno menzione. La figura del bambino palestinese è stata usata continuamente durante questa intifada come esempio di vittima della "brutalità israeliana", tra tutti ricordiamo la campagna mediatica fatta intorno a Mohammed Al Dhura, il bambino la cui morte fece il giro del mondo. L'episodio di ieri dimostra il cinismo di quei palestinesi che non si fanno scrupolo nel mandare giovani innocenti ad uccidere se stessi ed altre persone, e nell'utilizzarli come scudi umani durante le azioni di guerriglia. Per gli attivisti dei diritti umani questa sarebbe una giusta causa per cui combattere, ma probabilmente si preferisce soprassedere in nome della più "politicamente corretta" causa palestinese, non capendo che un bambino educato nell'odio oggi corrisponde, nel migliore dei casi, ad un avversario della pace domani. La stessa asimmetria la troviamo nei giornali di oggi, dove una grave notizia non trova una copertura adeguata. Per completezza dell'informazione riportiamo il pezzo di Aldo Baquis pubblicato su La Stampa di oggi.
"Dodicenne palestinese kamikaze senza saperlo"Attimi di puro terrore sono stati vissuti ieri nel posto di blocco militare israeliano di Hawara (presso Nablus, Cisgiordania) quando un telefono cellulare collegato a un ordigno di 7-10 chilogrammi, in fase di ispezione, ha improvvisamente preso a suonare. A breve distanza dal telefono si trovava ancora Abdallah Kurian, 12 anni, originario di Nablus. Aveva appena constatato che nello zainetto che gli era stato consegnato poco prima perché attraversasse il posto di blocco c'era forse la sua condanna a morte.
I soldati hanno fatto appena a tempo ad urlare: «Bomba» e ad ordinare a tutti di cercare riparo. Ma per un guasto tecnico la bomba non è esplosa e Kurian - dopo un interrogatorio - ha fatto ritorno incolume alla propria abitazione.
Secondo una ricostruzione di fonte israeliana, l'uomo che ieri ha chiesto ad Abdallah di prendere in consegna lo zainetto è un militante di Tanzim, un gruppo paramilitare legato ad al-Fatah. Il piccolo - che secondo i militari israeliani ha «una faccia d'angelo» - si è presentato al posto di blocco trascinando un carretto con tre grandi borse. Lo zainetto ha subito destato l’attenzione di una soldatessa perché spuntava un filo elettrico. Vistosi scoperto, Abdallah ha cercato la fuga. Ma è stato un tentativo vano. Lo zainetto è stato aperto ed intuito il pericolo è stato deposto in un apposito contenitore di cemento. L'ordigno era l'ormai classico corpetto da kamikaze, potenziato con viti e bulloni.
Secondo la televisione commerciale «Canale 10», la vicenda ha allora assunto una svolta imprevista e drammatica. Qualcuno, evidentemente, seguiva da breve distanza gli spostamenti di Abdallah e dell'ordigno. Questo qualcuno, nella speranza di uccidere militari isareliani, ha allora composto il numero dell'apparecchio ben sapendo che avrebbe anche sacrificato la piccola staffetta palestinese. Il guasto tecnico ha salvato la vita di tutti. Ai soldati Abdallah ha assicurato che ignorava il contenuto delle borse che gli erano state affidate. Se fosse riuscito nella missione, ha aggiunto, avrebbe ricevuto un buon compenso pecuniario.
Poco dopo il premier Ariel Sharon è comparso alla Knesset, per illustrare il suo piano di disimpegno dai palestinesi, che è molto osteggiato anche nel suo governo e nel suo stesso partito. Dopo aver dedicato un lungo preambolo alla totale assenza di azione da parte dell'Autorità nazionale palestinese contro le infrastrutture terroristiche e contro la «sobillazione antiebraica», Sharon ha aggiunto - riferendosi alle esplosioni di domenica nel porto di Ashdod: «Il cinismo palestinese si è mostrato di nuovo nella sua forma crudele ed omicida quando da un lato al-Fatah ha rivendicato la paternità dell'attentato e dall'altro, in lingua inglese, lo ha condannato».
Fra i palestinesi, ha ribadito Sharon, «non esiste un leader che mostri coraggio e volontà di combattere il terrorismo». Stando così le cose, ha concluso, è vano sperare in una ripresa dei negoziati ed Israele dovrà procedere attraverso la realizzazione di mosse unilaterali sul terreno. Fra questo, un ritiro dalla quasi totalità di Gaza. L'intervento di Sharon ha ricevuto appena 46 consensi, e 45 voti contrari.
Ma a Gaza, la politica di Sharon viene interpretata come un’ammissione di resa di fronte alla tenace lotta armata della Intifada. L'attacco dei due kamikaze al porto di Ashdod (una struttura protetta da 150 guardiani ben equipaggiati) e il quasi successo nel sabotaggio di un importante deposito di bromo hanno scatenato scene di entusiasmo popolare a Gaza. Il liceo nel campo profughi di Jabalya dove studiavano i due kamikaze (avevano solo 17 anni) ha già dato all’Intifada cinque «martiri». Il preside ieri ha onorato la memoria dei caduti e ha esortato i compagni di studi ad emularne l'esempio.
Nel frattempo i dirigenti di Hamas si sono dati alla clandestinità. Temono che Israele, per rifarsi dello smacco ad Ashdod, rilanci la politica dell’esecuzioni mirate dei suoi dirigenti politici. Ieri il ministro della Difesa Shaul Mofaz ha presieduto una consultazione di sicurezza al termine della quale è stato ordinato ai reparti corazzati di tenersi pronti per nuove incursioni nella striscia di Gaza.
Mentre così alla Knesset Sharon spiegava la necessità per Israele di abbandonare una volta per tutte quella striscia di terra, il suo esercito completava i preparativi per tornare ad occuparla, sia pure temporaneamente.
e dall'Ansa:
http://www.ansa.it/rubriche/mondo/2004-03-15_1176466.html
(notiamo con piacere che l'Ansa comincia a riferire le notizie in modo corretto. Avevamo promesso di dirlo e lo facciamo)
MO: Nablus, fermato bambino 10 anni con bomba nello zaino
(ANSA) - TEL AVIV, 15 MAR - Un bambino palestinese di 10 anni e' stato utilizzato da militanti dell'Intifada per trasportare un ordigno esplosivo pronto per l'uso.La bomba aveva un peso complessivo compreso fra sette e dieci chilogrammi. Lo ha riferito oggi la radio militare israeliana. Bloccato a un posto di blocco a pochi chilometri da Nablus (Cisgiordania), il bambino ha spiegato alla soldatessa israeliana che ispezionava il suo zaino che gli era stato promesso un compenso una volta portata a termine la missione.
Anche il quotidiano napoletano, Il Mattino, riporta la notizia del bambino-bomba. Sull'articolo facciamo alcune osservazioni:
1) La scelta di collocare l'articolo con la foto nella parte bassa della pagina induce a pensare che, per Il Mattino, la notizia abbia un'importanza del tutto secondaria. O per caso si è voluto impressionare il lettore il meno possibile sulla terribile realtà che vivono gli adolescenti sotto l'autorità del premio Nobel per la Pace Yasser Arafat?
2) Dove sono finiti i titoli a tutta pagina, roboanti e sensazionalistici, che si è soliti leggere sul quotidiano partenopeo quando ci sono da racconatre le "angherie" degli israeliani? La notizia di oggi va sotto il titolo di "Bambino-staffetta con zaino esplosivo". Si tratta forse di un bambino italiano, israeliano o francese? Perchè non specificare che il bambino era palestinese? (es. "Bimbo palestinese fermato a Nablus con zainetto bomba" - Corriere della Sera) Ma, forse, specificando l'appartenenza del povero bambino, Il Mattino avrebbe sortito nei suoi lettori un effetto indesiderato: si sarebbero svegliati dal torpore nel quale sono sprofondati in seguito alla propaganda martellante che questo quotidiano gli propina con cadenza giornaliera.
3) Che dire della minuscola foto posta accanto all'articolo? Anche in questo caso vale il discorso fatto al punto 2: Il Mattino ci ha abituati a foto di grandezza notevolmente superiore, collocate in parti della pagina "strategiche", in modo da catturare all'istante l'attenzione del lettore. Ma ciò, evidentemente, vale solo per gli scatti riferiti alle "malefatte" israeliane (la barriera difensiva, i posti di blocco, i carri armati contro i "lanciatori di pietre", ecc.) e quando si deve trasmettere a chi legge la "sofferenza dei palestinesi sotto l'occupante".
4) Sempre in riferimeto alla foto, vien da chiedersi come mai non sia affiancata da alcuna didascalia che spieghi, all'ignaro lettore, chi sono i mascherati ritratti e per volere di chi fanno tutto ciò.
Ecco il pezzo:Tel Aviv. Un bambino palestinese di 12 anni, Abdallah Kurian, originario di Nablus, è stasera vivo per miracolo, al termine di una giornata spaventosa che non dimenticherà mai. Secondo fonti dei servizi di sicurezza israeliani, citati dalla Tv commerciale Canale 10, un esponente di Tanzim - un gruppo paramilitare legato ad Al Fatah - lo ha convinto ieri mattina a trasportare uno zainetto attraverso un posto di blocco istituito dall’esercito israeliano a Hawara, alla periferia di Nablus, in Cisgiordania.
Dentro - affermano le fonti israeliane - era nascosto un corpetto esplosivo pronto per l’uso, di un peso compreso fra sette e dieci chilogrammi. Era stato potenziato come di consueto con bulloni e viti ed era stato collegato a un telefono cellulare. Al primo squillo, la bomba sarebbe esplosa.
Ma agli occhi di una soldatessa del posto di blocco, quello zaino - di aspetto normalissimo - aveva qualcosa di strano. Sembrava più pesante del consueto e aveva uno strano filo elettrico che spuntava. «Quando la soldatessa ha chiesto ad Abdallah di avvicinarsi, lui ha tentato una fuga», ha spiegato alla radio militare un colonnello dei paracadutisti israeliani che ha assistito alla scena. «Il bambino è stato bloccato. Una sola occhiata è bastata per comprendere il pericolo imminente».
Mentre le ispezioni erano in corso - ha riferito ieri sera la televisione commerciale, Canale 10 - il telefono ha squillato. Attorno, c’è stato un attimo di panico. Ma per un guasto, l’ordigno non è esploso. Il posto di blocco è stato subito evacuato e la bomba è stata fatta brillare dagli artificieri.
Secondo fonti della sicurezza israeliana, è dunque possibile che il bambino fosse seguito da distanza dal suo mandante. Quando questi ha notato che l’ordigno era stato scoperto, non ha esitato a comporre il numero del cellulare, ben sapendo che così facendo avrebbe ucciso non solo i soldati israeliani, ma anche la piccola staffetta palestinese. Nel corso dell’interrogatorio, Abdallah ha detto che ignorava il contenuto dello zainetto. Ha aggiunto che gli era stato promesso un compenso pecuniario. A quanto pare, ha anche descritto l’uomo che lo aveva mandato in missione, il quale viene adesso ricercato dall’esercito israeliano. Abdallah è stato quindi riconsegnato ai genitori.
Difendere i bambini significa impedire questi abusi, ma prima di tutto e' dovere della stampa diffondere la notizia di questi abusi: dovere che non tutti i giornali rispettano.
Se quel bambino oggi vive non è per merito del terrorismo palestinese, che ne avrebbe sacrificato senza indugi la vita.