Criticare si, equiparare mai
ecco dove sbaglia l'analisi di Franco Venturini
Testata: Corriere della Sera
Data: 23/02/2004
Pagina: 1
Autore: Franco Venturini
Titolo: L'orologio dei cinici
L'editoriale di prima pagina del Corriere della Sera è dedicato oggi all'attentato in Israele ed al processo dell'Aja. Franco Venturini concentra la sua analisi su a chi giova l'attentato di ieri, giungendo alla conclusione che i più avvantaggiati saranno coloro che più si oppongono alla pace: i terroristi palestinesi e i più intransigenti tra i fautori della barriera. Il ragionamento filerebbe se non fosse che i fautori del muro, che noi ricordiamo essere la maggioranza della popolazione israeliana, sono altrettanto desiderosi di pace rispetto a chi ne chiede la costruzione entro la Linea Verde. I "fautori della barriera" sono convinti che essa creerà le condizioni necessarie per l'apertura di un nuovo dialogo; infatti è importante ricordare che una delle precondizioni della Road Map è la cessazione del terrorismo e il fine principale della barriera è appunto quello. Sbaglia Venturini nel dire che i coloni di Gaza avranno nuove frecce al loro arco, la barriera difensiva va contro i loro interessi poichè è de facto una premessa per il disimpegno israeliano dai territori, attualmente la linea politica intrapresa dal governo Sharon.
E' sempre un grave errore poi l'equiparazione fra i terroristi palestinesi e chi opera in uno stato democratico, la cui politica si può si criticare ma mai paragonare con chi del crimine ha fatto la sua bandiera.
Ecco l'articolo:Da sempre i kamikaze palestinesi colpiscono Israele con cinica puntualità: per affogare nel sangue un accenno di dialogo, per indebolire pressioni negoziali provenienti da Washington, talvolta finanche per smontare in anticipo mosse aperturiste dell’Autorità palestinese. Ma raramente prima dell’ennesimo massacro compiuto a Gerusalemme era risultata così evidente la strategia del « tanto peggio tanto meglio » , poche volte prima di ieri era parsa tanto chiara la convergenza di fatto tra chi si oppone a ogni prospettiva di pace sull’uno e sull’altro fronte.
Calendario alla mano, i terroristi palestinesi sapevano che da oggi la Corte internazionale dell’Aja sarà chiamata a valutare la legalità del muro che il governo israeliano sta erigendo proprio per ostacolare le infiltrazioni dei kamikaze.
Il parere della Corte avrà valore più che altro simbolico perché tutti sanno che Israele non cambierà idea e per una volta americani ed europei sono d’accordo nel ritenere che l’Aja non sia la sede migliore per esaminare una questione assai più politica che giuridica.
Ma la sentenza diventerà comunque strumento di propaganda e chi può trarre giovamento, allora, dal tempestivo scempio di Gerusalemme? Non certo la causa palestinese che risulterà lorda di sangue, non certo quanti criticano l’attuale tracciato del muro che isola interi villaggi garantendo invece i più importanti insediamenti israeliani in Cisgiordania.
Ben al contrario, saranno i più intransigenti fautori della barriera a profittare della strage e il muro si confermerà così come formidabile ostacolo a ogni trattativa.
Non basta. Il premier Ariel Sharon ha annunciato di voler smantellare la quasi totalità degli insediamenti israeliani nella striscia di Gaza e per questo « cedimento » deve ancora fare i conti con una vivace opposizione interna. In realtà Sharon dà prova di grande abilità politica, approfitta della paralisi elettorale americana e della morte non dichiarata della Road Map per assumere lui l’iniziativa e forse anche per bilanciare la durezza in Cisgiordania con le concessioni a Gaza. Ma in attesa della controprova, chi risulta favorito dall’attentato di Gerusalemme? Di tutta evidenza quegli ultrà israeliani che su Gaza si oppongono al piano Sharon e che ora possono mettere nuove frecce al loro arco.
Tanto più gravi e inquietanti appaiono questi taciti calcoli trasversali se si considera che a organizzare la strage sono state quelle « Brigate dei martiri di Al Aqsa » che si considerano il braccio armato del partito Fatah, a sua volta colonna portante dell’Autorità palestinese. Può derivarne un nuovo attestato delle responsabilità di Arafat, ma può anche trovare credito l’opinione di alcuni ex responsabili dell’intelligence israeliana secondo cui il movimento palestinese è ormai fuori controllo e va frantumandosi in una miriade di autonome ( e tragicamente lucide) frange terroristiche.
Se questa fosse la realtà, il conflitto israelo- palestinese continuerebbe a non vedere la luce in fondo al tunnel. E a consolarci di tante speranze tradite non varrebbero davvero la truffaldina vittoria dei conservatori in Iran o le incertezze che tuttora gravano sul dopoguerra iracheno.
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