Sharon e la Striscia di Gaza
analisi di titoli, immagini e testi
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Data: 03/02/2004
Pagina: 1
Autore: Alcuni giornalisti
Titolo: Sharon e la Striscia di Gaza
Oggi tutti i quotidiani italiani danno ampio spazio al contenuto delle dichiarazioni di Sharon riportate su Haaretz, nelle quali il premier sostiene la necessità di uno sgombero degli insediamenti nella striscia di Gaza. Dichiarazioni che hanno suscitato polemiche all'interno della maggioranza di governo. Vediamo come alcuni giornali hanno riportato la notizia.

LA STAMPA
Aldo Baquis firma un articolo, a pg. 12, dal titolo "Sharon: sposterò 7500 coloni da Gaza al Neghev". Il sottotitolo, invece, come è uso del desk-esteri della Stampa, getta un'ombra di sospetto sulle reali intenzioni del premier: "ma il premier vuole annettere alcune zone occupate della Cisgiordania", come per dire che Israele ne fa una buona e due cattive. Baquis è uno dei pochi giornalisti a riportare le dichiarazioni di Arafat, frasi a grande effetto mediatico ma di poca sostanza: com'è cattivo Sharon!

LA REPUBBLICA
A pg.14 Alberto Stabile si sofferma sulle reazioni all'interno della maggioranza e velatamente accusa Sharon di incoerenza. Il primo articolo di Stabile ha come titolo: "Via gli insediamenti da Gaza" ed è principalmente di cronaca; lo stesso giornalista però firma un altro articolo che vuole essere un reportage dalla striscia di Gaza il cui titolo è "Quella striscia è un inferno di sabbia, addio al sogno della Grande Israele". Il pezzo racconta di come siano state create le colonie e più volte evidenzia la mancanza di legame storico tra il popolo ebraico e la striscia di Gaza; i coloni vengono dipinti come dei grandi affaristi che sottraggono acqua e risorse alla stremata popolazione palestinese. Vengono poi spiegate le crudeli angherie che l'esercito israeliano impone ai palestinesi e così via. Nulla sul fatto che Gaza è sempre stata una centrale del terrorismo.

CORRIERE DELLA SERA
Davide Frattini, a pg.16, firma un articolo dal titolo "L'impegno di Sharon: via tutte le colonie dalla Striscia di Gaza", nel quale si sofferma sulle reazioni politiche a queste dichiarazioni. Il pezzo è preciso e corretto. Eccolo.

GERUSALEMME — Gli abitanti di Morag ricordano ancora la mattina di tre anni fa, quando il convoglio di macchine scure sollevò la sabbia di Gaza all’ingresso del loro villaggio. Eletto da poco al primo mandato, Ariel Sharon aveva voluto visitare uno dei più isolati tra gli insediamenti della Striscia, per far sentire il suo sostegno: i coloni avevano ricambiato offrendo al premier la cittadinanza onoraria.
Da ieri — se potessero — le trentasei famiglie di Morag si riprenderebbero indietro quella pergamena marrone. Il primo ministro israeliano ha deciso di procedere con un piano che porterà al trasferimento di Morag e altre sedici colonie dalla Striscia.
« Non so se l’operazione avverrà in una sola volta o per gradi — ha detto Sharon a Yoel Marcus, editorialista del quotidiano liberal
Haaretz — . Ma so che nel futuro non ci dovranno più essere insediamenti ebraici a Gaza » . Il suo portavoce ha precisato che rimarranno solo i tre villaggi più vicini al confine con Israele.
Il premier non ha indicato né tempi né date. « Stiamo parlando di una popolazione di 7.500 persone. Non sarà semplice spostare case, scuole, serre, fattorie. Soprattutto sotto il fuoco dei mortai. Il primo obiettivo è raggiungere un accordo con gli abitanti » . Ma i coloni hanno già chiarito quanto sarà difficile ottenere il loro consenso al progetto, che considerano un tradimento. « Ci appelliamo a Sharon — hanno risposto i leader degli insediamenti — perché ritorni sulle vecchie posizioni. Altrimenti, faremo di tutto perché il suo governo cada » . Il primo ministro dovrà affrontare le barricate di mattoni che i coloni sono pronti a innalzare e quelle politiche che si stanno preparando all’interno della coalizione: gli ultrà del Partito Nazionale Religioso hanno già minacciato di lasciare e accusano Sharon di sfruttare il piano per distogliere l’attenzione dai suoi problemi legali.
Qualche ora dopo il colloquio con Yoel Marcus — pubblicato da Haaretz sul sito Internet — il premier ha incontrato i parlamentari del Likud e anche moderati come Silvan Shalom, ministro degli Esteri, hanno criticato l’ipotesi di mosse unilaterali ( « queste concessioni non porteranno a una soluzione del conflitto » ) .
Ieri il governo ha superato per un solo voto una mozione presentata dall’opposizione: la sfiducia era legata alla crisi economica e agli scioperi pubblici nei piccoli comuni, ma due deputati del Likud e tredici delle formazioni di estrema destra si sono astenuti per protestare contro il piano di evacuazione. Il leader laburista Shimon Peres ha ricordato che « programmare non significa mettere in pratica » , ma se Sharon dovesse « mettere in pratica » e poi cadere sulle colonie, potrebbe essere proprio Peres a entrare nel governo per evitare le elezioni anticipate o una nuova colazione guidata sempre dal Likud, ma con Benyamin Netaniahu come premier.
A fine mese Sharon dovrebbe presentarsi a Washington con una mappa dettagliata del ritiro da Gaza e dell’evacuazione degli avamposti in Cisgiordania, una delle tappe previste dalla « road map » . Gli israeliani temono che la situazione nei Territori possa degenerare fino all’anarchia: Aharon Zeevi Farkash, capo dell’intelligence militare, ha avvertito che gli attentati terroristici rischiano di far cadere Abu Ala, rafforzando le fazioni estremiste.
Dopo le pressioni degli americani e degli egiziani, il premier palestinese sembra pronto a riaprire i colloqui per un vertice con il primo ministro israeliano: oggi Saeb Erekat, il suo ministro per i Negoziati, si incontrerà con Dov Weisglass, capo dell’ufficio politico di Sharon.
Ieri l’esercito israeliano ha lanciato un raid a Gaza per arrestare Yasser Abu Ayish, un leader di Hamas. Ayish — che aveva perso una gamba e un braccio mentre preparava una bomba — si è asserragliato in casa ed è rimasto ucciso assieme a tre estremisti: le Brigate Al Aqsa hanno minacciato di rispondere all’operazione entro ventiquattro ore. In un altro scontro alla periferia di Betlemme, è morto un uomo di Hamas e quattro soldati sono rimasti feriti.
AVVENIRE
Graziano Motta, con un articolo pubblicato a pagina 15, intitolato "Sharon ordina il ritiro: Via i coloni da Gaza", dà un quadro completo e preciso della vicenda.Come sempre.

IL MATTINO
Anche sul Mattino c'è la firma di Aldo Baquis, con il titolo: "Sharon gela i coloni: Ebrei via da Gaza". L'immagine pubblicata sopra il titolo: raffigura un soldato israeliano e un palestinese con la seguente didascalia: "Un soldato israeliano arresta un giovane palestinese in un campo profughi". Non capiamo cosa c'entri la foto con la dichiarazione di Sharon sui coloni.

Infine, riportiamo dalla STAMPA l'analisi di Fiamma Nirenstein, dal titolo: "La rabbia degli ebrei della Striscia: Lo abbiamo votato, ci ha traditi", pubblicata a pagina 12. Come sempre il titolo non dà ragione all'articolo, che invece è una disamina aperta e obiettiva della situazione.

Sharon ha passato il Rubicone, e non tornerà indietro: inizierà presto gli sgomberi unilaterali e andrà fra pochi giorni a spiegare a Bush che questo aiuta la sua politica Mediorentale di pacificazione dopo la tempesta irachena. Questa volta la gente a Gaza ci crede, ed è in stato di schoc; gli abitanti dei venti principale insediamenti di Gaza sono 5776, il doppio di quello che erano nel 1990. Pochi fra loro si consolano dicendo «l’ha già annunciato mille volte, Sharon non ci abbandonerà». La maggioranza si sente nuda e abbandonata. Già Pinhas Wallerstein il capo di Moetzet Yesha, l’organizzazione dei coloni gonfia il petto: «Ci prepariamo a una grande campagna di resistenza e di spiegazione, che però non ci porterà a atti di resistenza violenta contro i soldati. Però è dura essere attaccati da un uomo di destra, eletto da noi». Furioso è il viceministro Zvi Hendel: «Nè l’Unione Nazionale nè il Mafdal (i partiti di estrema destra ndr)se ne andranno dal governo: cacceremo via Sharon, e con ignominia».
Molte famiglie risiedono a Gaza da tre generazioni, ovvero da quando Ariel Sharon, trentacinque anni fa, attaccò a fondo le organizzazioni terroriste che dalla Striscia si infiltravano in Israele; le foto lo mostrano vittorioso fra le palme, mentre dichiara (a suo fianco Shimon Peres) che per evitare il terrorismo non resta che insediarsi dentro Gaza, che Netzarim è indispensabile alla difesa, e che Israele non si sposterà mai più. Adesso Sharon ordina, proprio così, ordina che Gaza si svuoti della presenza ebraica, ovvero vita collettiva intensa ancorchè blindata, coltivazioni lungo il mare a perdita d’occhio, serre che producono verdure pregiate, case, scuole, migliaia di tetti rossi e giardini, mucche, cani, automobili e camion, vite che devono essere smontate, impacchettate, spedite altrove.
A Sharon, dicono spaventati i settler, si può credere: fu lui, il padre degli insediamenti, che quando fu firmata la pace con l’Egitto, sgomberò Yamit e gli altri insediementi nel Sinai, assediandola e letteralmente espugnandola. Oggi nella pianura ventosa su cui si avventa la mareggiata di Gaza, a Neve Dekalim, sorge addirittura una muraglia-monumento dedicata a Yamit, per dire che mai Gaza verrà sgomberata, e parla anche a nome degli assassinati del Gush Katif (17 uccisi) nel Nord(2) a Netzarim stessa (2) durante l’Intifada (fino a agosto). Nessuno può dimenticare l’attacco all’autobus di bambini che nel novembre 2000 uccise due alunni e la maestra, e tagliò di netto le gambe a tre bambini.
Netzarim è per la popolazione palestinese a Gaza un coltello nel cuore: i soldati impediscono gli spostamenti e la vita normale mentre la popolazione pullula, si moltiplica; le coltivazioni palestinesi che impedivano la visuale della strada per Netzarim sono state distrutte per duecento metri per ogni lato della strada per garantire che i terroristi non si avvicinino alle case; d’altra parte, Hamas e in genere il terrorismo si riproduce e impazza, riceve armi dall’Egitto, spara cannonate sugli insediementi, attacca nottetempo. Il 24 ottobre scorso un attacco a Netzarim uccise due soldatesse e un soldato di guardia, e la popolazione della Linea Verde reagì con un generale «fino a quando?» che di nuovo è risuonato quando una terrorista suicida pochi giorni ha ucciso tre soldati e un civile al posto di blocco di Eres, a Gaza: infatti già 9 soldati sono stati uccisi per fare la guardia alle famiglie di Netzarim, e Sharon sa che per quanto doloroso e controverso possa apparire, questo sgombero è per la maggioranza del Paese inevitabile. Dunque si capisce come Giora Eiland, il generale incaricato da Sharon solo pochi giorni fa di preparare un piano di sgombero insieme all’economista Abramovich abbia individuato Gaza come prima tappa. Sharon già ieri ha di nuovo menzionato anche la Giudea e la Samaria come oggetto certo di un ritiro unilaterale. Ma la «West bank» è attaccata alle grandi città, ha avuto (fino all’agosto scorso) 168 morti in attentati terroristi, è ben più popolata di Gaza (i coloni sono 236.381). Un vantaggio per gli sgomberi l’avrebbe: molti abitanti dell’area hanno già stabilito una trattativa col governo cercando di far valutare le case fino a 600mila dollari a unità, mentre il governo pensa a 150mila a famiglia, e sanno che prima o poi bisognerà decidersi. Gli abitanti di Gaza, invece, se hanno resistito in quell’inferno tanto tempo, certo non si faranno intimidire nè cacciare via.Una cosa è certa: Sharon andrà avanti. Anche se Wallertsein dice «non avremo nè la pace, nè la fine del terrorismo, al contrario, sar di nuovo il disastro di Oslo», lo stato d’animo di Sharon è simile a quello di Barak quando, con tutti i rischi e le difficoltà decise di tentare il tutto per tutto. Speriamo abbia più fortuna.
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