Riportiamo l'articolo di Valter Vecellio pubblicato sul Giornale di Sicilia di oggi, lunedì 19 gennaio '04.
Era imbottita con ben cinquecento chili di esplosivo, l'auto-bomba che ieri ha provocato una strage a Baghdad. Per capirci: il doppio di esplosivo di quello usato a Nassiriya. Tra le venticinque vittime, due americani. Gli altri sono cittadini iracheni.
Ha ragione chi sostiene che in Irak la guerra è conclusa: il regime di Saddam Hussein è stato rovesciato, e il dittatore non ha alcuna possibilità di sottrarsi al processo che lo condannerà per gli innumerevoli crimini di cui si è macchiato. Ma la fine della guerra non significa che in quel tormentato paese vi sia la pace, e la strada per recuperarlo alla democrazia è ancora lungo, irto di ostacoli. Non passa giorno che non si debba registrare un'azione terroristica: mentre a Baghdad esplodeva il pick-up suicida, a Tikrit un nipote di Saddam saltava in aria mentre stava preparando una bomba; e a Bassora militari inglesi venivano feriti. Solo per quanto riguarda le truppe statunitensi, dal 20 marzo del 2003 a ieri, i morti sono stati cinquecento; seguono una cinquantina di britannici, i nostri diciassette militari italiani uccisi a Nassiriya; e poi spagnoli, bulgari, thailandesi, polacchi, ucraini, danesi. Non esistono cifre esatte per quanto riguarda gli iracheni, ma siamo nell'ordine di parecchie centinaia. Si parla degli iracheni vittime delle azioni terroristiche come l'attentato di Baghdad, non dei caduti nel conflitto vero e proprio per rovesciare Saddam. E non passa giorno che gli americani non scoprano enormi quantitativi e "depositi" di armi: come quelli scoperti nella provincia occidentale di Al-Anbar: centinaia di razzi, granate, mitragliatrici, migliaia di munizioni, proiettili di mortaio, esplosivi.
Certamente si tratta di armi ed ordigni dell'esercito di Saddam, uno dei più potenti dell'area, prima che il regime venisse abbattuto. Ma non è solo questo.
L'enorme quantità di armi e di esplosivo che circola in Irak significa che vi sono forze esterne, probabilmente sostenute anche da regimi islamici e arabi confinanti, interessate a che la situazione in Irak non si "normalizzi". Questo tipo di attentati non si improvvisa: richiede una preparazione che va ben al di là di un fanatico islamico disposto a immolarsi in un attentato kamikaze. Come per le stragi che Jihad e martiri di AlAqsa in Israele, c'è tutta una filiera, che si incarica di indottrinare e "preparare" il terrorista; ne sostiene poi economicamente la famiglia; garantisce l'indispensabile supporto logistico; fornisce armi, esplosivo, documenti, informazioni. Non sono soli, quei terroristi. Possono contare e godere di ampie complicità "esterne". Si capisce.
George W. Bush e Tony Blair hanno uno scopo esplicito e dichiarato: combattere il terrorismo internazionale come obiettivo immediato; ma soprattutto estendere l'uso della democrazia nei paesi petroliferi del Golfo e in Medio Oriente, far si che i popoli di quei paesi possano governarsi senza l'oppressione di un tiranno e di una dittatura.
Se in Irak la democrazia dovesse consolidarsi ed affermarsi, fatalmente questo "germe" si propagherebbe negli altri paesi arabi; e anzi, giù qualche effetto si può toccare con mano. Era impensabile, solo qualche anno fa, l'importantissima conferenza sui diritti umani e la democrazia che ha avuto luogo a Sana'a, in Yemen, fortissimamente voluta da Emma Bonino e da "Non c'è pace senza giustizia". Impensabile che nell'Afghanistan fino a qualche anno fa oppresso dai Talebani si varasse una Costituzione che mette sullo stesso piano donne e uomini; impensabile che in Marocco e Giordania venissero varate norme e legislazioni che affrancano, sia pure tra mille contraddizioni, le donne; era impensabile che perfino nell'arcaica Arabia Saudita si cominci a parlare di elezioni e diritti; o vedere in Iran mobilitate le donne in prima fila per chiedere libertà e democrazia.
Tiranni e dittatori mediorientali hanno perfettamente compreso che qualcosa sta cambiando; e oppongono una strenua resistenza. Non deve sfuggire che in Irak quella che viene impropriamente definita guerriglia, sempre più è terrorismo puro, indiscriminato e disperato. Lo dimostra il fatto che ormai si colpisce nel mucchio, non solo americani o occidentali. Esattamente come in Afghanistan, dove una settimana due bombe hanno fatto strage di ragazzini usciti da scuola. Attenzione: usciti da scuola. Prima, quando c'erano i talebani non uscivano da scuola, perché le scuole non c'erano, e i ragazzini non potevano neppure giocare con l'aquilone.
Seminano terrore nel tentativo di sabotare la libertà e la democrazia. Questa è la posta in gioco.
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