Proibita l'YMCA ? Ma non è vero !
Storie di nuotatori sullo sfondo del conflitto arabo-israeliano
Testata: Corriere della Sera
Data: 14/01/2004
Pagina: 15
Autore: Davide Frattini
Titolo: Il sogno olimpico di Raad, nuotatore abusivo
Oggi, mercoledì 14 gennaio '04, nella sezione esteri del Corriere della Sera, da Gerusalemme, Davide Frattini, racconta la storia di un giovane di talento del nuoto palestinese, Raad Aweisat, costretto ad allenarsi in una piscina abusiva costruita dal padre all’interno di una stalla. La storia dà spazio al disagio palestinese e questo è comprensibile; tuttavia al contrario di quanto riferisce il padre, che racconta di come gli israeliani abbiano impedito al giovane di frequentare la piscina dell'YMCA (un bellissimo edificio proprio davantio al famoso Hotel King David) occorrericordare che l’YMCA è una organizzazione privata cristiana diffusa in tutto il mondo, che nulla ha a che fare con Israele. Se Frattini avesse chiesto all'YMCA avrebbe scoperto che qualunque palestinese può frequentarne i locali (cosa che per altro avviene per tutte le strutture pubbliche israeliane). La notizia è semmai un’altra ed è quella dell’esclusione degli atleti israeliani dal meeting di nuoto di Aqaba, come riporta Frattini senza però stupirsene, grave se si pensa che lo sport è per sua natura un’occasione di confronto e di dialogo piuttosto che di divisione. Niente di grave, manca l'accuratezza ed il controllo dell'informazione. Ecco l'articolo.
La piscina è ricavata in quella che era una stalla. Quasi una grotta, appoggiata sul fianco delle case. C’è spazio solo per un rettangolo stretto e lungo 25 metri, scavato come una grande buca nel pavimento. Fa freddo, ma Raad Aweisat è in costume pronto a cominciare le due ore di allenamento quotidiano.
Prima che il ragazzo salga sul blocco di partenza e si tuffi, il padre toglie i teli di plastica che coprono la vasca, stesi per evitare che il poco calore accumulato vada disperso.
Raad è l’orgoglio dei suoi genitori e la speranza dei palestinesi alle Olimpiadi di Atene in agosto. Ha da poco compiuto 16 anni e nuota da quando ne ha 4, da quando papà Hussein, che è anche il suo allenatore personale, lo buttò in acqua e gli disse di tenere su la testa. A 10 anni vinceva le competizioni locali, a 14 ha cominciato a girare in tutto il Medio Oriente, poi in Europa e Asia, accumulando le coppe e le medaglie che adesso addobbano il salotto di famiglia, assieme alla macchina per i pesi piazzata tra i divani, dove in un’altra casa starebbe il televisore.
Raad vive e si allena in un villaggio sulle colline che circondano la parte araba di Gerusalemme. Da qui, Atene e le piscine olimpioniche sembrano lontanissime.
« Non mi faccio troppe illusioni — dice — ma ho imparato a non perdere mai la speranza » . I suoi obiettivi sono i 100 metri farfalla e il primo podio conquistato da un palestinese. Per qualificarsi deve bruciar e a n c o r a qualche centesimo di secondo: in agosto ha realizzato un 58 e 95 contro i 58 necessari. Il record mondiale è 50 e 98, stabilito dall’americano Ian Crocker a Barcellona lo scorso luglio.
E’ stato proprio vedere il figlio confrontarsi con i campioni internazionali in Spagna, che ha fatto capire a Hussein quanto i 17 metri della piscina del villaggio non sarebbero mai bastati a un candidato alle Olimpiadi. Così ha chiesto aiuto a tutti i vicini di casa e la nuova vasca — abusiva, il luogo deve rimanere segreto — è stata costruita in meno di una settimana. Anche la piccola palestra vicino all’acqua è tutta fai- da- te, le sbarre di ferro portano i segni delle saldature artigianali.
Qualche anno fa dedicarsi agli allenamenti era più facile. Aweisat aveva accesso alla struttura sportiva dell’Ymca, nella zona ebraica della città. « Con l’inizio della seconda intifada ( la rivolta palestinese cominciata nel settembre 2000, ndr) — racconta il padre — gli israeliani gli hanno imposto una scelta: diventare un atleta per loro o cercarsi un altro posto dove nuotare » .
In Medio Oriente lo sport si intreccia con la diffidenza e la diplomazia.
Domani ad Aqaba duecento sportivi da tutto il mondo — compresi palestinesi, libanesi, iraniani — si affrontano in un torneo internazionale. Ma la federazione scherma giordana non ha voluto invitare gli atleti israeliani.
« Temevamo che la loro presenza — ha detto il presidente Khalid Atti yat — spingesse altri Paesi a boicottare la nostra manifestazione » .
In questa ex stalla alla periferia di Gerusalemme — tetto in lamiera, nessuno strumento per controllare la temperatura, poca areazione - l’odore del cloro mozza il fiato. « In estate — spiega Ibrahim Tawil, presidente della federazione palestinese sport acquatici — diventa troppo caldo, durante l’inverno si gela » . Le spese sono in gran parte sostenute dagli Aweisat, pionieri del nuoto nel quartiere: è stata la loro famiglia che undici anni fa ha voluto costruire la piscina e aprirla a tutti. « Ma non posso permettermi di tenere l’ambiente riscaldato troppo tempo — dice Hussein, 39 anni, che lavora per mille dollari al mese come tecnico nel reparto cardiologia di un ospedale — Mi sono già indebitato abbastanza. Questo è al massimo che posso dare a mio figlio e al villaggio » .
Ora dei duecento nuotatori iscritti alla federazione palestinese, venticinque vengono ad allenarsi qui. In acqua non possono entrare in troppi: bastano quattro o cinque che faticano insieme perché tra il freddo e la condensa sulla piscina si alzi una nebbia fitta e vedere Atene diventi ancora più difficile.
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