Il numero di Gennaio della Rivista National Geographic si apre con una splendida copertina dedicata a Marte "C’è vita tra i ghiacci del pianeta rosso?"
Abituati al rigore scientifico degli articoli, all’accuratezza delle immagini, allo spessore dei contenuti, rimaniamo non poco stupiti nel leggere in questo numero del National Geographic un articolo, a firma Alain Mairson, intitolato "La strategia del muro".
Il giornalista senza evidenziare le motivazioni che hanno indotto il governo ad avviare la costruzione della barriera difensiva, si lancia in una accurata analisi dei disagi, delle sofferenze e degli "ostacoli" che la costruzione della barriera ha comportato per i palestinesi.
Molte cose però il giornalista non scrive. Per esempio che:
* Israele subisce da oltre tre anni una quotidiana aggressione terroristica.
* Il "muro" è tale solo per 9 chilometri su una totalità di 150 ed è una barriera di cemento che impedisce alle vetture israeliane che transitano sull’autostrada di essere un facile bersaglio per i cecchini palestinesi (molti bambini sono stati ammazzati a fucilate).
* Per il resto è un confine provvisorio costituito da un reticolato (che, come la fotografia a corredo dell’articolo dimostra, è valicabile persino da un bambino) e da checkpoint che impediscono l’ingresso di terroristi - con la conseguente infinita catena di stragi - ma anche il passaggio di armi fra la Giudea e la Samaria ed il territorio israeliano.
* Non è il "Muro di Berlino" : quello era una barriera eretta dal regime comunista per evitare la fuga verso la libertà e quindi un modo per difendersi "dalla democrazia". Israele invece è una democrazia – l’unica peraltro del Medioriente - che si vuole difendere da chi la vorrebbe distruggere.
Anche lo scrittore israeliano Yehoshua in un articolo apparso su La Stampa alcuni mesi fa puntualizza:I tedeschi occidentali non volevano compiere attentati terroristici nella Germania dell’est e il confine non intendeva quindi proteggere i cittadini dalla violenza ma evitare che gli uni si ricongiungessero agli altri sotto un regime democratico
La differenza salta all’occhio! persino al National Geographic edizione italiana, gruppo Repubblica, direttore Ezio Mauro !
Riportiamo integralmente l’articolo di Alan Mairson per i nostri lettori.
Sin dagli albori della civiltà l’uomo ha eretto barriere. Dall’antichissima Muraglia cinese fino al più recente Muro di Berlino, tribù, città, intere civiltà si sono rinchiuse all’interno di mura, stabilendo un confine fra "noi" all’interno e "loro" all’esterno.
In Terra Santa, l’antica Gerico era famosa per le sue mura, e la Città Vecchia di Gerusalemme è tuttora circondata da secolari bastioni in pietra. Le mura di Gerusalemme hanno contribuito a fermare, o per lo meno a rallentare, eserciti invasori di Selgiuchidi, Crociati e Mongoli. Ma il nuovo muro in costruzione in Cisgiordania ha una funzione un po’ diversa.
Il governo israeliano spera che, circondando città e insediamenti palestinesi, terrà "loro" (in questo caso i palestinesi e in particolare i potenziali terroristi) lontani da Israele. Larga fino a 90 metri, questa barriera comprende tratti con filo spinato, reti elettrificate, fossati per bloccare i veicoli, fasce di sabbia per rilevare le impronte degli intrusi, cancelli che possono essere aperti solo dai soldati israeliani e una rete di telecamere e rilevatori di movimento. Per ora sono stati eretti solo 140 chilometri di muro, ma molti contadini lamentano già di essere stati separati dai loro campi. Di recente a Zayta, alcuni palestinesi che tornavano a casa dai loro uliveti hanno dovuto attendere ore prima che un soldato israeliano aprisse loro il cancello. Esasperata dall’attesa una famiglia ha deciso di scavalcare la recinzione. A Turah al Gharbyah, il muro ha isolato la casa di Nael Salah Zeid dal suo villaggio, togliendogli i servizi di base come acqua ed elettricità. "E’ come vivere in prigione" dice, "solo che i carcerati hanno almeno acqua e luce". Ma circa l’80% degli ebrei israeliani, intimorito da attacchi e attentati, è favorevole al muro.
"Cinque anni fa non avevo paura", dice la trentenne Inbal Omer, che vive nell’insediamento di Shaqed. Poi sono ricominciati gli attentati suicidi, e i rapporti con i palestinesi del luogo, che erano piuttosto buoni, si sono compromessi.
"Deve esserci una separazione", dice Inbal, "il muro mi rende più sicura".
Ma secondo Anwar Al Darkazally, avvocato dell’Olp, il muro viene eretto non tanto per motivi di sicurezza, quanto per permettere l’espansione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania. Erigendo un muro attorno agli insediamenti, dice Darkazally, Israele conquista sempre più terra oltre la Linea Verde, il confine fra Israele e Cisgiordania basato sulla Linea di Armistizio tracciata nel 1949, quando quest’ultima era ancora territorio giordano. Il muro, aggiunge l’avvocato, isolerà i palestinesi, soffocherà ancora di più la loro economia con posti come quello di Barta e stravolgerà la continuità territoriale della Cisgiordania. Fra gli effetti del muro vi potrebbe essere una tale frammentazione del popolo palestinese da compromettere la loro aspirazione ad avere un proprio Stato. Già ora circa il 30% dei palestinesi dichiara che – nel caso non ottenesse l’indipendenza – vorrebbe diventare cittadino israeliano, con diritto di voto. E se è vero che, come previsto, entro vent’anni vi saranno più palestinesi che israeliani, è possibile che in futuro lo stato ebraico venga spazzato via non dalle bombe , ma dalle urne.
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