Il "muro": una lettera da Israele
per la rubrica di Paolo Mieli
Testata: Corriere della Sera
Data: 12/01/2004
Pagina: 39
Autore: Angelica Livnè Calò
Titolo: Muri di cemento e muri di odio
Il "muro", ovvero la barriera di difesa, visto da un'israeliana: ecco la lettera di Angelica Calò Livnè, indirizzata alla rubrica di Paolo Mieli, sul Corriere della Sera di ieri, domenica 11 gennaio '04.
Torniamo da una gita e l'autista imbocca l'autostrada n. 6, dopo aver chiesto il permesso ai passeggeri del pullman.
Dopo qualche km appaiono gruppi di case bianche e si intravedono moschee e minareti. A tratti si erge un muro di cemento di circa un metro. « E' 'il muro'» mi dice Olsen, un amico del villaggio circasso di Rehaniya. E' un muro normale come quelli che si costruiscono davanti alle autostrade o alle ferrovie per attutire i rumori, ma guardarlo mi rende inquieta… Se ne parla così tanto in tutto il mondo! Olsen che è un poliziotto dice: « Quella è Calkiylya, la cittadina palestinese da cui sparavano sulle automobili israeliane che percorrevano quest'autostrada. Qualche mese fa hanno ucciso una bambina di 4 anni e ferito la sorella di dodici mesi proprio qui davanti. Il 'muro' è di cemento solo a tratti, come qui, da dove di solito sparano. Il resto è una rete che se viene toccata dà segnali che permettono di localizzare il punto da cui qualcuno sta tentando di entrare. La 'barriera' è una rete di divisione per bloccare chi si infiltra per compiere atti terroristici e dove c'è pericolo di spari sui civili viene sostituita da questo muro. Sventiamo decine di attentati ogni settimana e su questa autostrada finalmente si è tornati alla normalità!» . «Che altro si può inventare per bloccare il terrore? Per cercare di proteggere la popolazione? Intorno ai villaggi palestinesi non ci sono muri! Non si tratta di un recinto per non far uscire la gente dai loro villaggi ma di un confine di protezione tra Israele e il futuro Stato palestinese! » conclude il poliziotto.
Questo « muro » cosi controverso sta sconvolgendo anche la serenità di molti israeliani, non solo del mondo… Come vorrei che non esistesse, che non ce ne fosse bisogno, che se ne potesse fare a meno! Un’amica palestinese dice che molte persone al di là della rete sono pronte ad aiutare i bambini dell'orfanotrofio di Betania: quando c'è un malato o qualcuno ha bisogno urgente di soccorso i soldatini israeliani di 20 anni che stanno di guardia nella torretta non esistano a farlo passare e persino a trasportarlo all'ospedale. Non mancano i gesti di solidarietà nei momenti di dolore… ma di queste cose non si sa nulla. E' un'altra la barriera che dovrebbe preoccupare i sogni del mondo. E' la barriera dell'odio. La barriera che innalzano capi di Stato che preferiscono sacrificare la propria gente, piuttosto che accettare l'aiuto di un Paese che vorrebbero vedere distrutto, come in Iran dove migliaia di persone muoiono sotto le macerie per un terribile cataclisma ma rifiutano di ricevere aiuto dai sionisti, che accorrono sempre in tutto il mondo con la propria esperienza in catastrofi. Capi di Stato che continuano spietatamente a sovvenzionare chi si suicida per uccidere altra gente.
Un muro di cemento si distrugge in un giorno... Ma un muro di odio? Quante generazioni ci vorranno per abbatterlo? Quanta sofferenza ancora?

Angelica Calò Livnè, Alta Galilea, Israele
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere al Corriere della Sera. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.



lettere@corriere.it