Sulla Stampa di oggi, giovedì 8 gennaio '04, Fiamma Nirenstein firma un editoriale in prima pagina, nel quale dà spazio a nuovi contatti diplomatici che preludono all'apertura di nuove trattative in Medio Oriente.
"I piccoli passi avanti della pace"
E’ arrivato davvero il messia»: è una frase che in Israele significa stupore totale e un filo di speranza. E di fatto, non mancano i motivi per sperare che il Nuovo Medio Oriente si sia avviato su per una lunga strada, ovvero che dopo la cattura di Saddam Hussein un atteggiamento più aperto e urbano, se non più democratico, potrebbe cambiare a fondo l’area e togliere aria al terrorismo, secondo l’ipotesi di George Bush. Tre sono i fronti aperti da poco: dopo che Gheddafi ha annunciato la sua rinuncia alle armi di distruzione di massa, ecco che si viene a sapere di una serie di incontri fra rappresentanti della Libia e di Israele, fra cui uno con il figlio di Gheddafi stesso Saif al Islam.
Ephraim Sneh, ex viceprimoministro israeliano, lo descrive come «moderno, intelligente, sicuro di sé, carino». Le intenzioni della Libia sembrano quelle di stabilire rapporti con Israele che facciano da ponte con l’Occidente e in particolare con gli Usa: il colonnello sa che per una mano tesa Israele, circondato dall’inimicizia araba, è pronto a interporre tutti i suoi buoni uffici con gli Usa.
Secondo fronte: dopo che la strada intitolata a Teheran all’assassino di Anwar Sadat, Khaled el Islambul, è stata chiamata «via dell’Intifada» e un’altra strada della capitale iraniana è stata denominata «via Sadat», padre della pace israelo-egiziana, il vicepresidente iraniano Muhammad Ali Abtani ha annunciato che i rapporti con l’Egitto, rottisi con la pace in Israele saranno ripresi. Anche questo è un modo di far sapere agli Usa che la strada della moderazione potrebbe diventare anche quella degli ayatollah: e per Israele, un canale aperto verso il Paese che oggi finanzia la maggior parte del terrorismo e che apertamente dedica i suoi nuovi missili Shihab 3 alla sua distruzione.
Infine: Bashar Assad è impegnato in una visita in Turchia in cui mostra la sua migliore faccia e stringe la mano a un Paese che ha profondi rapporti economici e militari con Israele e gli Usa. Fra tutte questa mossa è la più controversa, accompagnata com’è da notizie di intelligence secondo cui un parente di Assad avrebbe nascosto buona parte delle armi letali di Saddam in Siria. E poi, non cessa l’estremismo verbale del giovane Assad che, nell’intervista pubblicata su questo giornale, insisteva sul proprio diritto a accumulare armi chimiche e biologiche.
Ma mentre sul deserto sorge un pallido sole, dove sono i palestinesi? A volte sembra che il mondo dei rapporti fra Arafat e Israele taccia, schiacciato sotto una tragica campana di vetro in cui non entra la storia.
Il Foglio di oggi, a pagina 3, descrive i contatti tra esponenti israeliani e libici nell'ottica di una normalizzazione delle relazioni bilaterali.
"Gheddafi strizza l'occhio a Sharon, ma vuole farlo in segreto"
Bruxelles. E’ vero o no che Israele e la Libia, ufficialmente nemici giurati, tentano da qualche tempo la via del dialogo, autorizzando propri emissari a incontrarsi in segreto? Alle rivelazioni su questi incontri fatte negli ultimi giorni da giornali israeliani e arabi, il regime di Tripoli ha reagito ieri con una smentita, ma parziale. "Le autorità libiche" ha detto Hassuna Chauch, viceministro degli Esteri di Muammar Gheddafi, all’agenzia di stampa governativa, "hanno investigato su queste informazioni e non hanno trovato alcun riscontro. Le relazioni internazionali non si costruiscono sulle chiacchiere e gli intrighi ma sulla chiarezza e la fiducia reciproca. Coloro che hanno fatto circolare queste voci dovrebbero fornire date e luoghi di questi incontri nonché i nomi delle persone coinvolte". Ma le rivelazioni di cui si parla contengono date, luoghi e nomi. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz è stato Ron Prosor, consigliere del ministro degli Esteri Silvan Shalom, a incontrare a Parigi il 26 dicembre alti funzionari libici. Secondo il quotidiano del Kuwait, As-Siyasa, esponenti dei due paesi si sono incontrati il 2 gennaio a Vienna, alla presenza di diplomatici statunitensi. Lo stesso giornale afferma che nel corso del 2003 il figlio ed erede politico di Gheddafi,
Saif al Islam, ha incontrato rappresentanti di Israele a più riprese, a Londra e Ginevra, insieme al capo dei servizi segreti libici. Conferma Haaretz, rivelando che Gheddafi junior ha incontrato nello scorso agosto, alla presenza di rappresentanti palestinesi, due deputati israeliani: il laburista Ephraim Sneh e Ilan Shalgi, appartenente al partito governativo Shinui. Tutte le personalità israeliane citate hanno confermato gli incontri. Sensazionali se si pensa ai pessimi rapporti che Gheddafi ha intrattenuto con Israele durante i 34 anni del suo regno. Il colonnello non è stato secondo a nessun rais arabo nella sua ostilità verso lo Stato ebraico: ha ospitato, finanziato e armato gruppi terroristici palestinesi (incluso il famigerato Abu Nidal); è giunto a proporre (al vertice dei non-allineati di Belgrado nel 1989) il "trasferimento" degli ebrei d’Israele in Alsazia-Lorena o nei paesi Baltici o in Alaska. Ed è stato ripagato con altrettanta durezza: nel 1973 i caccia israeliani non esitarono ad abbattere un aereo libico entrato senza autorizzazione nello spazio aereo del Sinai. Si accorsero troppo tardi che era un jet civile con un centinaio di passeggeri a bordo. Le notizie sul nascente dialogo Libia-Israele, messe in circolazione all’indomani della clamorosa "conversione" in virtù della quale
Gheddafi si è impegnato a cancellare i suoi programmi di produzione di armi di distruzione di massa, hanno spinto i più ottimisti a preannunciare la possibile apertura di relazioni diplomatiche fra Tripoli e Gerusalemme. E’ proprio questa ipotesi che Tripoli tiene a smentire, più che il dialogo in sé. "Coloro che propagano queste voci", ha detto il viceministro Chauch, rivolgendosi verosimilmente agli israeliani, "credono di servire i propri interessi, ma producono un effetto contrario e nocivo". Una qualche normalizzazione dei rapporti libico-israeliani è una delle condizioni che Gheddafi deve accettare per essere riabilitato da Stati Uniti e Europa. Intrattengono rapporti con Israele i principali alleati di Washington in Nord Africa: Egitto, Marocco, Tunisia. E quanto ai partner arabi dell’Ue (Prodi ha invitato Gheddafi a Bruxelles il 30 dicembre scorso), il cosiddetto "processo di Barcellona" li obbliga già da qualche anno a sedere attorno allo stesso tavolo con Israele.
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