Via dalla Francia verso Israele
cosa ha spinto Arno Klarsfeld a indossare la divisa di Tzahal
Testata: Corriere della Sera
Data: 22/12/2003
Pagina: 12
Autore: Davide Frattini
Titolo: La scelta di Arno il dandy: «Combatterò per Israele»
Come già Informazione Corretta aveva riportato nell'edizione del 13 dicembre, Il Corriere della Sera pubblica un ampio articolo sulla scelta di Arno Klarsfeld di prestare servizio nell'esercito israeliano in qualità di volontario. Interessanti sono le motivazioni che Klarsfeld dà al giornalista: esse esprimono in maniera molto semplice il malessere attuale di molti ebrei francesi. Riportiamo il pezzo integralmente.
GERUSALEMME — Appena può esce a correre. Sul lungomare di Tel Aviv o attorno alle mura della città vecchia a Gerusalemme, venticinque minuti per il giro completo. Il trentasettenne Arno Klarsfeld vuole essere in forma: fra qualche settimana potrebbe trovarsi a competere con i giovani soldati israeliani ( più o meno la metà dei suoi anni) in un campo d’addestramento di Tsahal. Indossa la divisa verde oliva dell’esercito dello Stato ebraico da qualche mese, ma è stato assegnato ai servizi d’informazione, lavoro d’ufficio, niente armi. Adesso sta aspettando la decisione di un paio di generali che ha « molestato » — la definizione è sua — per poter essere inviato con le unità operative a Gaza o in Cisgiordania.
E’ per questo che ha lasciato la Francia. E’ per questo che il 22 agosto 2002 è voluto diventare cittadino israeliano, rinunciando alla vita mondana di Parigi e alla fama di dandy.
Giovane avvocato, è diventato celebre in tutta Europa per i suoi show al processo contro Maurice Papon ( nel 1998 era legale di parte civile assieme al padre Serge, instancabile cacciatore di nazisti). Ma anche perché a quel tribunale di Bordeaux arrivava in pattini. Fin da piccolo ha conosciuto il palcoscenico della lotta agli abusi: durante il congresso della Cdu nel 1968, sua madre Beate — con lui in braccio — rifilò un ceffone al cancelliere Kurt Georg Kiesinger, colpevole di essere stato segretario dell’ambasciata tedesca a Parigi sotto l’occupazione. I lunghi capelli scuri ora sono tagliati alla militare, in Francia avevano conquistato la modella Carla Bruni, l’attrice Béatrice Dalle, Dolores Chaplin, nipote di Charlot.
« Io non ho divorziato dal mio Paese — racconta — ho divorziato dalla sua politica estera. Dopo l’ 11 settembre 2001 ho sentito crescere un malessere psicologico e ideologico. Il governo ha una posizione che favorisce i regimi come quello di Yasser Arafat. Le critiche contro Israele in televisione e nei giornali diventano sempre più violente. E gli ebrei vedono la pressione crescere. Prima sono stati perseguitati per la loro religione, poi come razza, ora rischiano di essere aggrediti per il legame con lo Stato ebraico » .
Il distacco dal Paese dov’è nato comincia con uno scandalo. Arno viene invitato a un programma del canale
France 3 e decide di usare le parole come muscoli, l’ha sempre fatto. Come argomento sceglie il conflitto in Medio Oriente: sostiene che gli israeliani vogliono la pace, sono favorevoli alla nascita di uno Stato palestinese e che la responsabilità delle violenze ricade tutta su Arafat. La trasmissione finisce sotto accusa, lui non viene più chiamato. « Dopo quell’episodio mi sono convinto che non mi era permesso difendere Israele in pubblico. E quando nel febbraio del 2002 ho scritto un articolo per appoggiare l’intervento americano in Iraq sul quotidiano Le Monde, ho ricevuto altri attacchi. Era troppo. A quel punto mi sono deciso » .
Ottiene i documenti per la nazionalità in poche settimane, trova un piccolo appartamento a Tel Aviv e si iscrive a una delle scuole che insegnano l’ebraico agli immigranti. « Ai corsi ho incontrato persone da tutto il mondo. Francesi che come me non sopportavano più l’atmosfera del Paese, argentini, cechi, russi. La sera resto a casa a studiare, a leggere.
Non sono venuto qui per scoprire le discoteche della città » .
Sta molto da solo ( « la solitudine mi rinforza » ) ed è fiero di indossare la divisa dell’esercito israeliano. Dice di voler combattere i terroristi, difendere il diritto all’esistenza di Israele. « Sono pronto a fare il mio dovere ai check- point. Voglio vedere con i miei occhi quello che succede e raccontarlo quando torno a Parigi. I controlli non piacciono a nessuno, ma possono fermare le carneficine.
In maggio mentre passeggiavo per Tel Aviv c’è stato un attentato. Un kamikaze si è fatto saltare al Mike’s Place, l’esplosione mi ha buttato per terra. Poi ho visto i corpi e ho capito che volevo diventare soldato » .
In Francia non ha fatto il militare: riformato per un distaccamento della retina, dopo essere stato picchiato dal servizio d’ordine del Fronte Nazionale per il suo impegno antirazzista. « Non amo le uniformi per le uniformi. Non indosserei mai quella dell’esercito israeliano, se pensassi che si tratta di una forza d’occupazione o di aggressione. Io la considero difensiva. Israele lotta per la sua sopravvivenza dal 1948 » . Alle ultime elezioni ha potuto votare — non rivela per quale partito — e considera Sharon un politico duro ma pragmatico. « Però non sono d’accordo con la sua ipotesi di una separazione unilaterale. Bisogna sforzarsi perché la
road map possa procedere e si arrivi a una pace duratura dopo i negoziati » .
Quando è a Gerusalemme, ama passeggiare per i quartieri arabi anche se indossa la divisa. «La gente non mi guarda male, anche loro vogliono la tranquillità. Questo conflitto ha distrutto il turismo e li ha rovinati » . Se vuole pregare entra in una sinagoga, una moschea o una chiesa. « E’ indifferente. Sono religioso e mi sento comunque a mio agio perché rispetto tutt’e tre le grandi religioni monoteiste».
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