Cosa ha detto Avi Dichter
Repubblica e Europa scrivono l'uno l'opposto dell'altro
Testata:
Data: 18/12/2003
Pagina: 2
Autore: Dan Rabà - Daniele Mastrogiacomo
Titolo: Parla Avi Dicher
Ieri, alla conferenza di Herzlya sulla situazione di Israele, ha preso la parola Avi Dichter, capo dello Shin Beth, i servizi interni israeliani. Dichter ha fatto un resoconto del suo lavoro negli ultimi 3 anni e mezzo di attentati, non privo di autocritica. Inoltre ha più che mai sostenuto la necessità della costruzione della barriera difensiva, riportando che laddove esiste ha ridotto gli attentati del 70%. Con il suo titolo, Europa dà l'impressione che Dichter abbia sconfessato in toto la visione politica che sta alla base del suo lavoro di prevenzione del terrorismo, quando invece è chiaro a tutti che di fronte ad un'ondata di terrorismo come quella della seconda intifada, è impossibile ottenere il 100% di successi.
Chiaramente 901 vite spezzate e più di 6000 feriti di innocenti israeliani pesano sulla coscienza di tutti, ed è lecito domandarsi se non si possa fare di più. la ricetta per questo, secondo Dichter, sta nella costruzione della barriera difensiva, non nel contrario, come Europa vuole farci credere.
L'articolo di Europa è di Dan Rabà, pubblicato a pagina 2, ed è titolato: "Abbiamo fallito nella difesa dei nostri cittadini: confessa il capo dello Shin Bet. Sul Muro si può trattare"

La conferenza di Herzliya è un appuntamento annuale saggiamente organizzato da un gruppo di industriali e intellettuali, dove si fa il punto sulla situazione del paese. Col tempo è diventato il palcoscenico dove le più alte personalità dello stato intervengono e dicono la loro sui temi sul tappeto. Spesso si rivela il luogo adatto per importanti dichiarazioni e colpi di scena, dal momento che tutti i riflettori dei media sono accesi sull’evento. È ormai tradizione che v’intervenga anche il primo ministro. E siccome Sharon è da qualche tempo molto silenzioso, ci si attende che finalmente si esprima con chiarezza sui nodi del momento. L’aspettativa cresce e si è creata l’atmosfera giusta per un buon spettacolo.
Sharon parlerà oggi. Nel frattempo la scena è tutta per altri personaggi, come Bibi Binyamin Netanyanu, il quale si considera un esperto di lotta al terrorismo (ha scritto un libro sul tema dai toni molto tosti). Ma ieri ha soprattutto parlato, difendendola ovviamente, della sua politica di tagli drastici ai servizi, alle pensioni, allo stato sociale. Il ministro delle finanze si è detto per la privatizzazione di tutti gli enti statali, comprese le carceri. Bibi è un grande oratore e sa parlare ni modo accattivante per indorare la pillola, ma nessuno si fida dei suoi progetti. Sono tre mesi che si scontra col sindacato. Le categorie forti scioperano paralizzando ospedali, trasporti e tutti gli uffici governativi con grande disagio della popolazione. Adesso è in corso una trattativa non stop ma l’ex premier ha pensato bene di lasciare il tavolo delle trattative per partecipare al convegno. Provocando, peraltro, la furia dei presenti quando ha affermato che gli arabi israeliani fanno troppi figli e che bisogna prendere delle misure. Poi si è detto anche contrario ad ogni azione unilaterale (ritiro dai territori e smantellamento degli insediamenti come pare abbia in mente Sharon). Secondo il ministro delle finanze a ogni passo deve corrispondere un passo analogo dall’altra parte. Netanyahu ha annunciato di aver firmato un decreto con cui destina alla barriera oltre 130 milioni di euro, e ha garantito che ci penserà lui a trovare i soldi, purché i lavori si facciano il prima possibile (in Israele sul muro c’è ampio consenso, lo scontro sul tracciato è marginale).
Ma ieri invece la vera star è stata il capo dei servizi segreti Shin bet Avi Dichter, con la sua relazione dettagliata e senza reticenze sulla situazione, con tanto di dati precisi, fino a pochi anni fa top secret. Un’analisi dei dati, la sua, spietata, non priva di accenti autocritici. Negli ultimi tre anni e mezzo sono morti 901 israeliani a causa del terrorismo e 6000 sono rimasti feriti, il che indica –ha detto il capo dello Shin bet- che abbiamo fallito nel nostro incarico di difendere i cittadini. Il 20% erano militari mentre l’80% erano civili. Il mercato delle armi è così libero tra i palestinesi che il loro prezzo è del 50% più basso che sul mercato internazionale. Dichter ha poi affermato che il muro divisorio dimostra di essere efficace, infatti dove è stato costruito non ci sono attentati. Ma in caso di un trattato di pace potrebbe esserne modificato il tracciato. La relativa calma che viviamo in Israele dopo l’attentato al ristorante Maxime è dovuta all’intenso lavoro dei servizi di sicurezza e dell’esercito. Da allora sono stati sventati venti attentati, tre solo nell’ultima settimana. Nonostante non si vedano effetti esternamente, lo sforzo dei gruppi armati è massimo.
Un altro grave problema riguarda i gruppi fanatici di ebrei religiosi di destra, su cui si indaga da anni per una serie di omicidi e ferimenti nei dintorni di Gerusalemme e di Hebron. Si suppone vi sia una organizzazione armata clandestina di ebrei che vogliono vendicare i morti degli attacchi concentrati alle colonie. Esiste anche un gruppo di fedeli al Tempio decisi ad attaccare le moschee della spianata. Dichter considera questi nuclei armati un pericoloso elemento di provocazione nei confronti degli arabi. Inutile dire che l’intervento di Dichter ha suscitato sconcerto e preoccupazione.
Ieri è anche intervenuto il ministro degli esteri Silvan, un brillante politico di origini popolari e orientali, molto popolare nel Likud. Shalom è reduce da una lunga missione che l’ha portato in America, nelle capitali europee e al Cairo, un intenso lavoro per ritessere la rete delle relazioni diplomatiche logorate in questi anni di piombo, specie con europei e paesi arabi. Ma se il vicepremier Ehud Olmert, l’uomo del governo più vicino a Sharon, aveva apertamente proposto una ritirata unilaterale nel caso di mancato accordo coi palestinesi, Silvan Shalom, dopo lunghe frasi retoriche arriva a dichiararsi contrario a mosse unilaterali perché, dice, Israele è impegnato nel processo della road map americana. Evidente la polemica con Sharon e Olmert.
Lo stesso argomento viene trattato dall'inviato di Repubblica, Daniele Mastrogiacomo, che, con nostra grande sorpresa e soddisfazione, lo tratta in maniera equilibrata e seria. Un merito dunque al giornalista di Repubblica di cui riportiamo il pezzo.

"Israele, nuovi fondi per il Muro Sharon prepara il ritiro unilaterale"

GERUSALEMME - Oggi Ariel Sharon potrebbe annunciare ufficialmente il suo piano di «iniziative unilaterali»: innalzamento del Muro divisorio in tempi strettissimi e smantellamento di tutti gli insediamenti illegali in Cisgiordania e Gaza. Aggredita dal «silenzio assordante», come i servizi segreti israeliani definiscono l´attuale assenza di attentati, la "road map" rischia così di restare un progetto sulla carta. Ci crede poco il premier israeliano, ci crede meno il suo vice Ehud Olmert, la considerano superata le fazioni palestinesi che ancora ieri, per proclamare un cessate il fuoco, hanno chiesto ai mediatori egiziani un chiaro impegno Usa nei confronti di Israele. La Cia rende nota una sua analisi che prevede una pace possibile in Medio Oriente non prima del 2020 e della morte di Yasser Arafat e della serie di eventi che questa potrebbe determinare.
Tra i leader israeliani prevale dunque l´idea del Muro divisorio: meglio qualcosa di concreto subito, che metta al riparo dal rischio di nuovi attentati, piuttosto che logorarsi in estenuanti trattative preliminari che ancora devono decidere quando e come si devono incontrare i premier Abu Ala e Ariel Sharon. Per rafforzare il piano di «iniziative unilaterali», scende in campo persino il direttore dello Shin Bet: Avi Dichter ha difeso in pubblico a spada tratta il diritto-dovere di costruire la barriera ricordando il «tributo di sangue» pagato dagli israeliani. In tre anni di Intifada - ha detto il capo dei servizi segreti interni - «sono morte 901 persone, 80 per cento erano civili. Da quando abbiamo iniziato a realizzare il muro difensivo il numero delle infiltrazioni si è ridotto del 70 per cento». Nello stesso convegno di Herzliya sulla sicurezza in Israele, ha preso la parola il vicepremier Olmert, autore del piano alternativo annunciato in un´intervista due settimane fa. «Il tempo è scaduto e il paese deve prepararsi alla possibilità che il piano di pace non si concluda con un accordo. Le iniziative unilaterali restano così le uniche alternative». Ma ha aggiunto, gelando la platea: «Gli insediamenti illegali vanno smantellati. Per dare una speranza alla road map non bisogna girare attorno al problema. Il piano di pace è un´opzione e non sono sicuro nemmeno che sia la migliore. Non abbiamo alcun interesse ad attendere all´infinito. Abbiamo poco tempo e dobbiamo agire in fretta compiendo un solo grande passo, senza procedere per piccole tappe».
C´è molta attesa per il discorso di Sharon di oggi. Anche se negli ambienti governativi si frenano le aspettative di iniziative clamorose. Il tema e il momento sono delicati. La costruzione del muro implica lo smantellamento degli insediamenti illegali in Cisgiordania. A Gaza la colonia di Netzarim, con 600 famiglie, non è più in grado di essere tutelata. I coloni reagiscono con rabbia e si dicono pronti a tutto. L´Anp per il momento tace. Ma le parole di Abu Ala di qualche giorno fa riecheggiano ancora: «Vogliono chiuderci in tante gabbie e farci vivere come polli. Non lo accetteremo mai. Il mondo non lo accetterà mai». Israele sembra deciso. Il ministro delle Finanze Benyamin Netanyahu ha trovato anche i soldi per continuare a costruire la barriera: 130 milioni di euro. Sostituiranno i fondi decurtati dall´amministrazione Bush che si affanna per evitare l´irreparabile.
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