Sgomento e imbarazzo nel mondo arabo
tra presidenti impauriti per il proprio potere e popolazione delusa
Testata:
Data: 16/12/2003
Pagina: 11
Autore: la redazione-Imma Vitelli
Titolo: Sgomento e imbarazzo nel mondo arabo
In una notizia di agenzia sulla Stampa di oggi, appaiono commenti sulla cattura di Saddam di alcuni esponenti di potere del mondo arabo, che ora paiono muoversi come ballerine in punta di piedi. Hanno paura e fanno di tutto per allontanare ovvi parallelismi tra i loro regimi ed il deposto Saddam. La lezione americana sembra scaturire i primi effetti.
Ecco i commenti, riportati a pagina 10,con il titolo:
"Abu Ala: «Sono affari interni del popolo iracheno»"

RAMALLAH. «Sono affari interni del popolo iracheno». Lo ha dichiarato ieri il premier palestinese Abu Ala (Ahmed Qrea), rispondendo a Ramallah (Cisgiordania) alle domande dei giornalisti sulla cattura di Saddam Hussein. «Il popolo iracheno - ha proseguito Abu Ala - è padrone di se stesso, ha la sua autorità e la sua sovranità. Speriamo che il potere e l'autorità vengano presto trasferiti al popolo iracheno e che tale trasferimento sia internazionalmente riconosciuto». Abu Ala ha poi affermato che i palestinesi «accoglieranno con favore qualsiasi scelta del popolo iracheno». Più articolata, tra i Paesi arabi, la reazione del presidente siriano Bashar el Assad. La Siria «prossima sulla lista» degli Usa dopo l'arresto di Saddam Hussein? No, secondo Assad, che in visita ufficiale ad Atene ha spiegato e in qualche modo ammonito: «La Siria non è l'Iraq». Assad ha così risposto a un giornalista greco che gli chiedeva dei timori siriani, anche in seguito alle sanzioni firmate venerdì scorso da George W. Bush contro Damasco, accusata da Washington di sostenere il terrorismo. «La Siria non è l'Iraq», ha replicato il leader siriano, e «quel che è successo in Iraq riguarda l'Iraq e non la Siria». «Non ci sono punti in comune per cominciare in Siria ciò che è avvenuto in Iraq», ha proseguito Assad aggiungendo che il suo Paese «non è preoccupato» per le prossime eventuali mosse Usa, ma «dalla situazione mondiale che non ci rassicura affatto». Il ministro degli Esteri egiziano, Ahmed Maher, ha espresso l'auspicio che la cattura di Saddam Hussein acceleri il trasferimento dei poteri a un'amministrazione irachena e il ritiro delle forze statunitensi dal Paese.
Imma Vitelli, come sempre in modo accurato, su Europa di oggi racconta invece le reazioni della piazza araba a questo avvenimento che ha sconvolto il mondo arabo.
"Le immagini rivoluzionarie della caduta", pag. 4:

A caldo, Jade El Hage dice di aver provato rabbia. «E questo è il più grande dei nostri dittatori? Questo è l’unico leader arabo che abbia saputo dire no all’America? Avrebbe dovuto spararsi un colpo in testa per uscire di scena in modo dignitoso».
Il veterano di Al Hayat, il più importante giornale pan-arabo di proprietà saudita, non perdona a Saddam di essersi fatto prendere vivo, con una pistola carica, in un buco sottoterra. «E’ stato un insulto all’intera nazione araba», racconta a Europa il giornalista, esperto di vicende irachene. «Quanti ragazzini si sono fatti esplodere per lui e per il suo maledetto regime? Quante volte ha inneggiato al martirio e alla resistenza nelle cassette spedite a Al Arabeya e Al Jazira? Quanti soldi ha spedito ai parenti dei kamikaze palestinesi nei territori occupati? La verità amara è che neanche nella tragedia siamo capaci di essere grandi».
Jade El Hage non è il solo a pensarla così qui a Beirut e nel resto del mondo arabo alle prese con la straordinaria realtà di Saddam prigioniero. Per i più è difficile digerire quell’ultimo colpo rimasto inerme nella canna del suo fucile.
«La leggenda del cavaliere senza paura è ormai carta straccia», si leggeva ieri in un editoriale di Assafir, il secondo giornale libanese. «Saddam, il più forte degli uomini forti, si è dimostrato un vigliacco. Non si è suicidato come aveva più volte ripetuto. Non ha combattuto fino alla morte come i suoi figli Uday e Qusay e come persino il nipote Mustafa, di 14 anni, avevano saputo fare».
Non è il solo: il re è nudo e non è un bel vedere, versione Mesopotamia. Ci deve essere qualcosa di più, se gli stessi uomini che Saddam ha torturato, gli intellettuali che negli anni hanno ingrossato le file della diaspora irachena in varie capitali occidentali, oggi parlano di vergogna. «abbiamo scoperto di esserci fatti schiacciare da un vile codardo. È la peggiore delle umiliazioni», sussurra da Londra uno scrittore iracheno che per pudore chiede di non essere identificato.
Quando il "topo" di Tikrit regnava sovrano regalando Mercedes a giornalisti e artisti e sopprimendo oppositori e rivali, nessuno, nemmeno i suoi nemici, hanno mai messo in dubbio il suo ardore.
«Oggi ci troviamo a fare i conti con uno che non è nemmeno lontano parente di Hitler, che alla fine ebbe la decenza di suicidarsi», spiega Ghassan Tueni, direttore del quotidiano Annahar, il più importante quotidiano libanese. «Joseph Stalin, grande idolo di Saddam Hussein, seppe fare meglio, morendo di una morte misteriosa. Un Saddam prigioniero, oggi, non è altro che una statuina nelle mani dei vincitori, un mostro umano che non fa più paura a nessuno». Un mostro umano che tuttavia aveva molti amici, soprattutto tra i radicali islamici palestinesi, tra i pochi che ieri hanno difeso pubblicamente l’ex raìs. I leader di Hamas e della Jihad islamica hanno incitato il popolo iracheno «a continuare la resistenza contro la malvagia occupazione». Un esponente di Hamas è arrivato a definire Saddam un martire: «Gli americani pagheranno un prezzo molto alto per aver arrestato Saddam», ha detto Abdel Al Rantisi.
Ma sono solo voci isolate di un coro che esprime, invece, sgomento. Perché alla fine, di quelle immagini in cui Hussein è ritratto con la bocca spalancata, non è la bocca che colpisce, e nemmeno la barba lunga e lo sguardo concentrato; è il soldato americano di spalle che qui irrita, offende, tocca nervi scoperti.
Chi in Italia si chiede se sia stato insensibile pubblicare quelle immagini, quelle foto, si concentra sull’arma e perde di vista il delitto: «Il dramma è stato vedere il dittatore Saddam, l’uomo che ha detto molti no all’Occidente, fatto prigioniero e visitato da un medico yankee. È stato uno schiaffo, e non solo per i suoi tanti ammiratori», ci dice Farid Khazen, presidente della facoltà di Scienze politiche dell’American University a Beirut.
Chiediamo: avrebbero dovuto evitare di pubblicarle, quelle foto? «Niente affatto. Non gli hanno mica messo la divisa da carcerato come fecero con Noriega…qualsiasi foto di Saddam prigioniero avrebbe avuto lo stesso devastante effetto. La nostra è una cultura abituata a ben altro. Chi dice altrimenti, o mente, o trascorre troppo tempo in Occidente. E poi senza quelle foto, nessuno ci avrebbe creduto».
Le immagini di Saddam sono rivoluzionarie, in una regione del mondo dove chi è al potere ci resta fino al letto di morte. Che il più terribile dei satrapi mediorientali sia ora in una gabbia come l’ultimo dei Milosevic, è un avviso a tutti i Mubarak, gli Al Saud e gli Assad del mondo. «anche se dubito che ne trarranno le conseguenze», spiega ancora il professor Khazen. «Chi pensa che questi signori possano diventare democratici nel giro di una notte, si illude. La differenza rispetto al passato è che per la prima volta hanno visto in tv uno di loro pubblicamente umiliato. La novità è che i dittatori per la prima volta vengono catturati. E che la prossima volta potrebbe toccare a uno di loro».
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